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Titolo: VIAGGI OBBLIGATI

Autore: S.

Data: 1935-03-20

Identificatore: 1935_155

Testo: ONDE CORTE
VIAGGI OBBLIGATI
Di tutte le professioni lo scrivere è, socialmente, una delle più singolari, massime lo scrivere e il viaggiare per i giornali.
— Vada in Turchia — dice il Direttore — e racconti quello che vede.
Per i profani questo, più che un sibaritismo, è un'irrisione al lavoro di chi lavora. Gente che sgobba otto ore il giorno in ufficio, o si sgola in tribunale, o si scioglie in sudore in un'officina, medici, industriali, agricoltori, marinai, commercianti, ingegneri non arrivano a capacitarsi che esista davvero un mestiere compagno: una buona diaria, buoni alberghi, prime classi, avventure di viaggio, genti strane, usi nuovi, conoscenze, esperienze, bisbocce, tulle le soddisfazioni che per levarsele chi può paga e spende fior di quattrini, offerte, anzi imposte come un lavoro, a un giornalista coll'obbligo di fare in fine ciò che ogni viaggiatore fa già per conio proprio al ritorno dal viaggio, raccontare quel che ha veduto: con un policromo assegno della Banca d'Italia per giunta!
Paolo Monelli ha raccontato una volta su questo giornale l'incredulità e l'indignazione di certi amici milanesi che trovò a Roma durante il suo viaggio gastronomico in Italia. Gli avevano perdonato che per viaggiare lo pagassero; ma che lo pagassero addirittura per mangiare passava ogni misura. Fu molto che non gli togliessero il salato.
Non sa, la gente, che viaggiare per obbligo di mestiere non è più un gusto, come tutte le cose fatte per costrizione; e che molti di noi, quando possono, si concedono il lusso di fare un viaggio a spese proprie, meno per vedere un paese nuovo che per assaporare il gusto, al ritorno, di non dover raccontare niente a nessuno;
come usa in quel circolo olandese di fumatori, dove si dà un premio a chi impiega più tempo a fumare un'oncia di tabacco, è quasi tutti, finita la gara, accendono la pipa per farsi una fumata a modo loro, senza cronometro e giuria.
Del resto, il viaggiare per professione finisce presto o tardi per diventare un abito e un vizio. Per poco mestiere che abbia, partendo per conto proprio, senza dover rendere conto a direttori e lettori di giornali di quello che avrà visto, l'« inviato » sa già che non si sentirà bene finché non avrà messo in carta la nuova esperienza; un po' come quei vecchi pensionati che vagano intorno all'ufficio dove hanno passato tre quarti dell’esistenza, con un rodio e una smania che assomigliano assai davvicino all’infelicità: perchè cosiffatto, — concludeva don Lisander — è questo guazzabuglio del cuore umano.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 20.03.35

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Citazione: S., “VIAGGI OBBLIGATI,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 14 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2064.