Viaggiatori e scrittori nell’Africa orientale (dettagli)
Titolo: Viaggiatori e scrittori nell’Africa orientale
Autore: Lorenzo Gigli
Data: 1935-03-27
Identificatore: 1935_158
Testo:
LA LETTERATURA COLONIALE ITALIANA
Viaggiatori e scrittori nell'Africa orientale
Esploratori romantici - L’avventura africana di Giovanni Casati - Da Romolo Gessi al card. Massaia - Ferdinando Martini in Eritrea - Il romanzo di Menelik -Nostalgia delle carovaniere - Italiani nella Dancalia - L’Italia d’oltremare
L’Italia d’oggi può e deve rendere onore ai pionieri dell’espansione africana del nostro Paese, ultimo arrivato, anzi escluso dalla conquista bianca del mondo. Questi pionieri furono quasi tutti anche scrittori, e taluno, pur nelle nude relazioni delle sue imprese, si procurò nome di efficace rievocatore e di schietto stilista. Scrissero intanto, con le loro gesta mirabili, un’epopea che i contemporanei conobbero male o disconobbero, ma le cui fasi meritano (l’essere ricordate alle giovani generazioni alle quali i tempi nuovi dischiudono le vie dell’impero. Sulla fede degli scritti di questi pionieri ritroveremo, pur in epoche oscure, l’anticipazione della chiara Italia d’oggi, cioè d’una volontà decisa e operante, d’una sete d’avventura e d’audacia scontata a prezzo d’inenarrabili sofferenze. Prepararono, essi, l’italiano nuovo; e rivendicarono, mentre rovesci e rinunce rendevano impopolari in Italia l’Africa e gli africanisti, la coscienza coloniale della Nazione.
Le opere di questi pionieri della conquista africana costituiscono il nucleo della nostra letteratura coloniale. Della quale s’è negata per molto tempo l'esistenza, o almeno l’importanza, avvalorando il luogo comune dell’insufficente preparazione dello scarso interesse e della finale incapacità dello scrittore italiano a trattare temi coloniali. Bastava risalire alle fonti per trovare la più convincente delle smentite a questo vecchio cliché demagogico. Ma le fonti, cioè le opere dei pionieri, sono confinate negli scaffali delle biblioteche e pochi vanno a scuoterne la polvere. Recentemente Riccardo Bacchelli, nel romanzo Mal d'Africa, lavorando sui ricordi d’uno dei pionieri più gloriosi, richiamava in vita un tipico rappresentante dell’africanismo italiano uscito dalla società lombarda dell’ottocento: l’esploratore romantico Giovanni Casati. Era sui quarant’anni, desideroso, avanti il crepuscolo, di evadere dalla vita mediocre e di tentar l’avventura: e partì per l’Africa il giorno che Manfredi Camperio lo scelse dietro richiesta di Romolo Gessi. Del Casati resta un libro: Dieci anni in Equatoria e ritorno con Emin pascià, pubblicato nel 1891 e scritto col solo sussidio della memoria perchè gli appunti andarono dispersi. « Casati, moderno Ulisse — disse di lui il grande Stanley — ha mostrato durante una terribile decade di sofferenze di che cosa siano capaci gli italiani nelle più critiche circostanze ».
Sarà bene che il tempestivo successo del romanzo del Bacchelli invogli qualche editore a ristampare l’odissea casatiana.
Fu, dicevamo, Manfredi Camperio a spingere il Casati in Africa. Il Camperio (1826-1899) fu un tenace propagandista dell’idea coloniale in tempi nei quali nessuno voleva sentirne parlare. Fondò il periodico geografico L'Esploratore, che può considerarsi il primo giornale del genere, divenuto poi organo della Società per l'esplorazione commerciale dell’Africa. Il Camperio ha lasciato un'avventurosa Autobiografia pubblicata dalla figlia di lui, Sita Mejer, soltanto nel 1917.
Quanto a Romolo Gessi, esploratore del Lago Alberto e sterminatore degli schiavisti, che dorme il sonno estremo nella nativa Ravenna, il suo libro Sette anni nel Sudan egiziano è una delle miniere più pittoresche di notizie sull’Africa orientale nel secolo scorso. Ha scritto concettosamente di lui un suo biografo recentissimo. Arturo Avelardi, includendone la vita e le gesta nella collana « I grandi viaggi di esplorazione » dell’editore Paravia.
Ancora all’avventura del Casati resta legato il nome di Giovanni Miani (1810-1872), esploratore dell’alto Nilo, morto a Munza oltre lo spartiacque Nilo-Congo: fu appunto il Casati a ritrovarne nel 1881 la tomba, che venne poi definitivamente identificata da Lidio Cipriani nel 1929. Del Miani resta il libro Spedizione alle origini del Nilo pubblicato al Cairo nel 1860; e il Camperio ne riordinò nel 1875, per il « Bollettino della Società Geografica» gli appunti sull’ultimo viaggio.
Dell’esploratore Antonio Cecchi e della sua funzione nel quadro della politica coloniale italiana ha fornito un’esauriente messa a fuoco Cosiino Bertacchi nelle sue « Conversazioni geografiche ». Il Cecchi si unì alla spedizione ai laghi equatoriali comandata dall’Antinori, e poi prosegui con l’abruzzese Giovanni Chiarini, il quale morì lungo il viaggio. L’opera del Cecchi, in tre volumi, Da Zeila alle frontiere del Caffa, rappresenta ancor oggi uno dei contributi più cospicui alla conoscenza dell’Etiopia meridionale. In essa si trovano registrati anche i risultati delle esplorazioni e degli studi compiuti personalmente dal Chiarini, sul quale si può vedere la bella biografia di A. Franchini pubblicata nel 1923. In Africa, col Cecchi reduce dalla prigionia tra i Galla, s’incontrava l’esploratore ferrarese Gustavo Bianchi. Gli dobbiamo: Alla terra dei Galla, relazione della sua prima spedizione (1879-80); ed Esplorazioni in Africa, memorie ordinate e pubblicate da Dino Pesci.
La serie può ancora continuare con altri nomi gloriosi, primo Vittorio Bottego, esploratore del Giuba e dell’Omo. Ha lasciato: Il Giuba esplorato, in cui si rivela schietto ed efficace narratore; e quanto all’altra esplorazione essa è consacrata nell’ormai classica opera su L’Omo di Citerni e Vannutelli. Recenti volumi sul Bottego ha dato alle stampe Rinaldo De Benedetti (Paravia): e quello dedicato all’esplorazione dell’Omo gli ha valso nel 1933 il premio della fondazione Giuliana Civinini, destinato al miglior libro coloniale uscito nell’anno. Recente anche il libro di Mario Longhena sui viaggi africani del ravennate Pellegrino Matteucci, il quale compì una delle più memorabili traversate del continente di cui si hanno le relazioni nel « Bollettino della Società Geografica » del 1881. Inoltre il Matteucci ha scritto: Sudan e Gullas (1877) e In Abissinia (1880). Nè a chiudere quest’albo d’oro altri nomi potrebbero meglio essere richiamati di quelli del Robecchi Bricchetti (Somalia e Benadir); del cardinale Guglielmo Massaia (1809-1886) che fondò il Vicariato apostolico dei Galla e raccolse i suoi ricordi nell’opera, un tempo popolarissima, I miei 35 anni di missione nell'alta Etiopia, e del torinese Enrico Baudi di Vesme, che esplorò (1889) l’interno della penisola dei Somali e pubblicò una relazione del suo viaggio; ritornato in Somalia con Giuseppe Candeo, si spinse fino alla regione di Imi lungo l’Uebi Scebeli, e mentre tornava per la via dell’Harar, fu arrestato per ordine di ras Maconnen e ricondotto alla costa; egli stese, col Candeo, una relazione del viaggio (Un'escursione nel paradiso dei Somali) pur il « Bollettino della Società Geografica » (1893).
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Primo, se mai, a dar forma d'arte ai risultati della sua esperienza africana fu Ferdinando Martini, il quale, mandato nella Colonia Eritrea come componente della commissione d’inchiesta (1891), vi ritornò più tardi come governatore. Del Martini abbiamo due libri africani: Da Saati ad Abba Carima e Nell’Affrica italiana, del quale ultimo il Carducci affermava di « non aver letto da gran pezzo un libro italiano scritto così bene ». Naturalmente la guerra italo-abissina diede poi l’avvio a tutta una letteratura d’occasione della quale (a parte le opere di carattere storico-militare) ben poco sopravvive. Ma si possono salvar dall’oblio alcuni libri documentati di Vico Mantegazza (Da Massaua a Saati, L'assedio di Macallé, Menelik, Il Benadir) come quelli che contribuirono al tempo loro a dissipare pregiudizi e a mettere a fuoco, per il lettore comune, la questione africano-orientale.
Si ispirò in parte anche all’Africa uno scrittore popolare di romanzi di caserma, A. Olivieri Sangiacomo; e in questi ultimi anni Vittorio Tedesco Zammarano, autore d’un bel romanzo africano oltre che di movimentati e pittoreschi diari di viaggio, e la scrittrice novarese Pina Ballario. Ma, nel campo dell’arte narrativa, troviamo l’Etiopia di Mericlik, di Taitù e dei ras inquadrata in un vigoroso romanzo d’un giornalista italiano. Arnaldo Cipolla, che fu tra i primi a percorrere in carovana, trent’anni fa, l’altipiano. Il romanzo del Cipolla s’intitola La cometa sulla mummia e rievoca con efficacia di rappresentazione e con ricchezza di fantasia e di colore l’ambiente della Corte abissina fine di secolo. Le pagine artisticamente più suggestive sull’Africa orientale le ha forse scritte Guelfo Civinini, africanista di vecchia data, coloniale di sentimento e di tempra, poeta della profonda nostalgia con cui il Continente nero incatena il cuore e il desiderio degli uomini che ci sono stati. Ecco il poeta randagio con la sua tenda in Africa: ed ecco fiorire, nei Ricordi di carovana, una corona d’impressioni nelle quali l’uomo, di fronte agli sconfinali orizzonti e nel centro d’una solitudine senza limiti, cerca se stesso, confessa se stesso, trova le ragioni supreme dell'essere e la giustificazione del suo passaggio terreno. Altre belle sensazioni d’Africa sono un po’ in tutte le prose autobiografiche del Civinini; e ancora nel volume Sotto le pioggie equatoriali che dichiara fin dal titolo la sua nostalgia, ed è il diario della spedizione partita nei primi mesi del 1926 alla ricerca del mucchio di sassi sotto il quale fu sepolto Vittorio Bottego, e di un’altra tomba egualmente sacra alla sconosciuta gloria della nostra prim’alba coloniale, quella del principe romano Eugenio Ruspoli, audace esploratore del medio Uebi Scebeli.
In questi ultimi anni la nostra letteratura sull’Africa orientale s’è accresciuta di alcuni buoni volumi: ed ecco, al posto d’onore, L'esplorazione dell'Uabi - Uebi Scebeli di Luigi Amedeo di Savoia Duca degli Abruzzi, il principe pioniere che attende i di futuri nella tomba da lui stesso voluta là, nella sua concessione africana, dov’egli continuando le tradizioni della sua Casa, tornò ad essere, dopo la guerra, tenace colono di Roma e dove mori conchiudendo esemplarmente una vita tutta spesa nell’anticipare il clima eroico della nuova storia italiana. Dobbiamo a Lodovico M. Nesbitt (La Dancalia esplorata) la narrazione della prima spedizione che abbia finora percorso la Dancalia nella intera sua lunghezza; ed a Raimondo Franchetti un altro rapporto su una ricognizione italiana nella Dancalia etiopica (1928-29) che si propose di restituire alla patria i resti della spedizioni Giulietti—Biglieri, i cui capi e gregari vennero selvaggiamente trucidati nel 1881. Sono libri di viaggio, non fredde relazioni, che ci riportano a gruppi anteriori di opere nelle quali l’Africa è vista con occhi avidi di nuovo e con felice preparazione storica e spirituale, per esempio da Corrado Zoli, dal Pucci, dal Pigli, dal Giannini, e, per tornare anche più indietro, nell'opera In Abissinia di Carlo Annaratone pubblicata pochi mesi avanti il conflitto europeo e ancor oggi consultabilissima. Poi si vedano anche i capitoli sull’Eritrea e sulla Somalia nel volume Affrica italiana di V. Battistelli (storia, aspetti e tipi delle nostre colonie); e le monografie africane pubblicate a cura del Ministero delle Colonie, tra cui Ferro e fuoco in Somalia di F.S. Caroselli, ch’è la storia di venti anni di lotte contro Mullah e Dervisc; e Il Mullah del paese dei Somali di D. Jardine, che il capitano Mario Quercia ha opportunamente tradotto dall’inglese; e infine i chiari capitoli eritrei nel bel libro di Mirko Ardemagni Il Re in Africa che racconta la prima visita dei Reali d’Italia nelle nostre colonie africane; la cui messa in valore ad opera del Fascismo è ampiamente documentata nella Nuova Italia d’oltremare, notizie e dati raccolti a cura di S.E. Emilio De Bono e coordinati da Angelo Piccioli.
Il problema africano è un problema del giorno. E l'Abissinia torna alla ribalta letteraria con alcuni libri di viaggio che ne sfruttano più o meno abilmente l'attualità: recentissimi Abissinia d’oggi di P.G. Jansen e Abissinia ieri e oggi di Irma Arcuno: una « traccia storico-politica » della conquista dell'Eritrea a cura di Guido Cortese; e ancora: Africa, trentatrè mesi di grandi avventure di Nino del Grande, e Africa orientale di Franco Monile. Da segnalare a parte, per i suoi caratteri etnografici e per la sua serietà scientifica, l’opera In Africa dal Capo al Cairo di Lidio Cipriani, e per i suoi resultati giornalistici il recente periplo africano di Orio Vergani che diventerà presto libro. Ci saldiamo così a quella catena di geografi, esploratori e scrittori dalla quale siamo partiti e che è gloria nostra grandissima Giustamente Cesare Balbo notava che una storia intiera e magnifica e peculiare all’Italia sarebbe a fare degli italiani fuori d’Italia: schiera che ha radici lontane nel tempo e si può far cominciare da quei pellegrini che nei primi secoli accorrevano ad adorare il sepolcro di Cristo e divennero numerosissimi dopo le Crociate. La catena dei viaggiatori-scrittori continuò dopo, discese giù attraverso i secoli, ebbe nell’Ottocento, gloriosi anelli, i pionieri dell’Italia imperiale che batterono primi le piste del Continente nero e che, essendo l’Italia ufficiale assente, misero col loro sangue un pegno sul futuro. Oggi gl’italiani di Mussolini ne onorano la memoria e ne esaltano il fecondo esempio.
Lorenzo Gigli.
Iniziamo con questo articolo un « panorama » della nostra letteratura coloniale (narrazioni e relazioni di viaggio, inchieste giornalistiche, arte narrativa, ecc. ) col proposito di richiamare l'attenzione dei lettori sulla esistenza, appunto, anche in questo campo, d'una lunga e gloriosa tradizione a torto e troppo a lungo disconosciuta. Ci proponiamo anche di rievocare figure e fatti della nostra storia coloniale e delle esplorazioni italiane in Africa, sulla scorta possibilmente di materiale inedito: a questo scopo ci rivolgiamo a tutti coloro che si interessano dell'argomento, agli eredi dei nostri viaggiatori ed esploratori dell'Ottocento, ad enti, ecc. perchè vogliano mettere a nostra disposizione documenti, lettere, diari, fotografie che saranno diligentemente conservati e rigorosamente restituiti.
« In mezz'ora la vostra tenda è su. Se è bella come la mia... » (Guelfo Civinini: « Ricordi di carovana»).
Ferdinando Martini in Eritrea (1904)
Passaporto rilasciato da Ras Olié ad Arnaldo Cipolla durante un viaggio in Etiopia
Collezione: Diorama 27.03.35
Etichette: Fotografia, Lorenzo Gigli
Citazione: Lorenzo Gigli, “Viaggiatori e scrittori nell’Africa orientale,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2067.