Il Premio Bagutta a Carlo Emilio Gadda per "Il castello di Udine" (dettagli)
Titolo: Il Premio Bagutta a Carlo Emilio Gadda per "Il castello di Udine"
Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli), Vellani Marchi
Data: 1935-04-17
Identificatore: 1935_184
Testo:
Il Premio Bagutta a Carlo Emilio Gadda
per "Il castello di Udine"
Milano, 16 aprile, notte
Ottavo Premio Bagutta. Da otto anni si assegna questo Premio, in una cerimonia scapigliata, allegra, tumultuosa, che non ha nulla delle compassate radunate di altri Premi letterari, ed è ogni volta una spettacolosa scena, una commedia, un dramma a lieto epilogo, sotto la regìa di Orio Vergani e il volonteroso concorso degli altri giudici, della stampa, dei critici, di uomini di banca, di scienza, di lettere, di teatro, artisti e signore.
Ogni anno gli elementi della serata sono i medesimi, e i lettori di buona memoria potranno dolersi di leggere sempre le stesse cose. Una cena offerta dal trattore signor Pepori ai giudici, alla stampa e ad un centinaio d’invitati del mondo artistico e letterario suddetto; i giudici e la stampa nella saletta di Bagutta propriamente detta, il pubblico nella saletta vicina; pubblico tumultuoso, acceso, parteggiante, per oscure intuizioni, per questo o per quel candidato, gonfio di pronostici e di sdegni prima del tempo. Decorazione effimera delle pareti; quest’anno un’enorme chioccia, fatica del pittore Vellani-Marchi, ha il viso e il virginia di Bacchelli, ed è rappresentata intenta a covare le ova da cui potrà uscire il premiato con su scritti i nomi: Puccini, Roghi, Frateili, C.E. Gadda, Valeri, Palazzeschi, Baldini, Radius, Pancrazi, Prestinenza. Di contro un altro disegno, fantasia particolare di Novello, rappresenta due galli guerrieri in atteggiamento di zuffa l’un contro l’altro, e uno rassomiglia, chissà perchè, a Vergani, l’altro a Monelli; è vero che spesso i due giudici sono di parere contrario, ma questa loro aggressività è tutta fantasia gratuita del disegnatore che sotto gli artigli dei due galli ha collocato un pacifico uovo pasquale.
Il Premio Cavara rinviato
La seduta si inizia allo 8 precise; nove degli undici giudici sono presenti: Orio Vergani nervoso, Bacchelli abbottonatissimo, Franci enigmatico, Steffenini diplomatico, Scarpa pacifico, Bonelli chiassone, Vellani-Marchi oscuro, Bucci zingaresco, Monelli Bastian contrario. Scoppiano le prime freddure, « argomento di chi non ne ha di più seri » tuona Vellani-Marchi che non ama gli umoristi.
— Il tale? — grida Orio Vergani; — ma il tale è un dilettante.
— Giusto — replica il giudice freddurista: dilettante significa che diletta, e noi vogliamo appunto dare al pubblico un libro che lo diletti.
Corre ogni anno la voce che i giudici si mettano d’accordo prima sulla persona da premiare, e che tutta questa discussione a tavola, fra i tortellini e l’arrosto, è una elegante accademia per divertire il pubblico che fa siepe sulla porta della stanzetta, sempre ricacciato e sempre ritornante. Non è così. Un anno, infatti, proprio dall’incertezza dei giudici nacque la improvvisa decisione di dare il Premio a Titta Rosa che stava lì, ignaro e diligente, al suo banco di giornalista a raccogliere freddure e battute per il suo giornale. Anche quest’anno le discussioni preliminari pare che abbiano ottenuto soltanto lo scopo di esacerbare i giudici. Si viene a sapere che ben quattro o cinque sono state queste sedute preliminari; tutte tempestosissime, finite a manate sulla tavola e con l’ugola secca. I giudici si fanno ogni anno più raffinati; e la serata inizia questa sera con alcune discussioni procedurali sottilissime. Vergani annuncia che il Premio Otello Cavara, fondato l’anno scorso le sera del Premio Bagutta per premiare un'opera di giornalista comparsa nell’anno precedente, quest’anno sarà rinviato di qualche giorno e precisamente ad una data anniversaria di una delle più belle imprese aviatorie di guerra del compianto collega, di cui la memoria è sempre viva nel cuore dei giornalisti. Quest’altro anno, però, il Premio tornerà ad essere assegnato la sera stessa del Premio Bagutta, come si era precedentemente stabilito.
Infine Orio Vergani legge i nomi degli artisti che hanno offerto quadri, disegni, litografìe destinati ad essere messi all’asta tra il folto pubblico presente per rinnovare le casse del Premio Bagutta: De Pisis, Pucci, Palazzi, Monti, Novello, Vellani-Marchi, Manette Lydis, Steffenini, Savinio, Morelli, Mazzolani, Marini, Carrà, Biazzi, Tallone, Semeghini, Carpi.
Ridda di nomi
Sgombrato il terreno di questi preliminari, la discussione e la cena cominciano contemporaneamente. I giudici parlottano a bassa voce, e si riesce a coglierne soltanto qualche scatto, qualche esclamazione un po’ drastica, qualche gesto di impazienza. Un giudice grida ad un certo punto di voler dimettersi. Niente paura. Tutti gli anni i giudici si dimettono cinque o sei volte nel corso della serata. Ricomincia la ridda dei nomi e dei libri. Palazzeschi, Baldini, Valeri sono fra i più nominati.
Qualche giudice fa una dichiarazione di ammirazione per Baldini e per Palazzeschi, ma afferma di voler cercare un’altra designazione che consacri piuttosto scrittori meno noti, o soltanto all’inizio della dura carriera letteraria. Tuttavia Palazzeschi continua ad interessare alcuni giudici per il suo romanzo Le sorelle Materassi, mentre Bacchelli, con voce pacata, fa l’elogio del libro di Carlo Emilio Gadda Il castello di Udine per il suo « furore della parola, per la passione e l’ardimento con cui tratta la sua materia ».
Alla tavola degli editori si segue con attenzione la discussione; ad un certo punto Mondadori, Ceschina, Bompiani, in gara di generosità, invitano tutti i giovani scrittori presenti fra il, pubblico a portargli i loro manoscritti (quanto a stamparli sarà un altro paio di maniche). Si sentono citare altri libri mai venuti in ballo finora: la Divina Commedia, il Corano, la Vita di Cellini. Gli autori sono citati, i giudici eccitati. I pittori fanno dello spirito e sono più accesi degli altri; ora con falsa modestia si dichiarano incompetenti, ora strillano per soverchiare con la loro voce i giudici giornalisti e letterati.
Una, prima votazione vede i nomi di Palazzeschi e di Gadda in prevalenza, accanto a Baldini, a Bonardi, a Valeri. Una seconda votazione poco dopo, dopo una chiacchierata fitta fitta fra i giudici, porta ad una chiarificazione: i voti a Gadda, 4 a Palazzeschi, 1 a Valeri. Un nuovo parlottare, poi finalmente Orio Vergani si alza proclamando vincitore dell’ ottavo Premio Bagutta Carlo Emilio Gadda per il suo libro Il castello di Udine. Scoppiano gli applausi e le urla; tutta la saletta degli ospiti si riversa nella saletta dei giudici. E’ impossibile muoversi. Cominciano le lepide cerimonie dell’assegnazione del Premio. Bacchelli si cinge della sciarpa e si incappella della feluca. Avvertito per telefono, giunge poco dopo, massiccio, grosso, commosso, il vincitore, ingegnere, alpino in guerra, emigrante, vero tipo dell'italiano nuovo, avventuroso, indagatore di cento problemi, curioso di cento esperienze. All’arrivo del vincitore la festa diventa tumultuosa: abbracci, corone sulla testa, grida, brindisi con la grappa e col Chianti. Le 5000 lire del Premio vengono assegnate al vincitore dentro un uovo pasquale.
Carlo Emilio Gadda, milanese, è nato nel 1893. Ha fatto la guerra come ufficiale degli alpini, ed è decorato al valore. Laureatosi in ingegneria elettrotecnica, ha svolto la sua attività pratica in Italia e all'estero, continuando intanto gli studi di filosofia verso i quali è molto portato. Ha pubblicato articoli di critica, di scienza e di viaggio nelle principali riviste ed è collaboratore della Gazzetta del Popolo, la quale, lieta della designazione del cenacolo di Bagutta, manda a Carlo Emilio Gadda le sue cordiali felicitazioni.
Il Gadda ha dato finora alle stampe due volumi, entrambi nelle edizioni di Salaria: La Madonna dei Filosofi e Il castello di Udine, distinto appunto col premio Bagutta. Si tratta d’un volume di racconti e capitoli in cinque dei quali (i più belli) domina il motivo della guerra. Il ricordo autobiografico e l’impressione diretta vi sono assiduamente controllati e ispirati dalla ricchissima sensibilità umana dello scrittore, sostenuti da un tono lirico che toglie alle pagine il carattere diaristico e le solleva nel clima dell’arte. L’atmosfera bellica vi è evocata con aderenza spirituale e fisica insieme, dell'uomo che v'é maturato e che ne porterà in sè il ricordo per tutta la vita. All'attivo del Gadda bisogna anche segnare la sua serena e franca felicità d'esprimersi, una evidente disposizione alla notazione ironica non priva di bonomia, un senso d’equilibrio e d'armonia, schiettamente lombardo. Ciò che si può vedere nei successivi capitoli del volume premiato, sul. quale l’odierna designazione richiama l'attenzione dei lettori di gusto che, per fortuna, in Italia sono assai più di quanto comunemente si crede.
Carlo Emilio Gadda
Via Bagutta com'era quando fu fondato il Premio.
(Dis. di Vellani-Marchi).
Collezione: Diorama 17.04.35
Etichette: disegno, Fotografia, Vellani Marchi
Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli) e Vellani Marchi, “Il Premio Bagutta a Carlo Emilio Gadda per "Il castello di Udine",” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2093.