Nomi italiani di scrittori nella letteratura argentina di oggi (dettagli)
Titolo: Nomi italiani di scrittori nella letteratura argentina di oggi
Autore: Sandro Volta
Data: 1935-04-24
Identificatore: 1935_192
Testo:
Nomi italiani di scrittori
nella letteratura argentina di oggi
Da pochi anni è morto a Buenos Aires José Ingenieros, medico, scrittore, filosofo di chiarissima fama, l'opera del quale ha avuto un'influenza decisiva sulla nuova generazione argentina. Io non saprei giudicare, così sommariamente, quali elementi originali contenesse la sua fatica di scienziato e quali, che nell'America del Sud apparivano come straordinarie novità, fossero invece ben noti agli studiosi europei; può darsi che il suo lavoro sia consistito più che altro in una rielaborazione del pensiero filosofico degli ultimi cinquant’anni in Europa, ma, in ogni caso, tale rielaborazione è così permeata di inconfondibile spirito sudamericano da non doversi considerare affatto esagerato il titolo attribuitogli generalmente laggiù di « Maestro della gioventù argentina ».
« Todos caballeros »
In realtà, però, il suo vero nome era quello di Giuseppe Ingegneri, ed egli era nato a Napoli da italianissimi genitori, essendo il padre un barbiere partenopeo emigrato al Plata insieme a tutta la famiglia. Ma questo, anche se il più clamoroso, non è certo un caso raro di scrittori argentini che, sotto un nome spagnolizzato, celino origini italiane. È anzi comunissimo, e non soltanto nella letteratura militante, che il figlio intellettuale rinneghi le proprie umili origini familiari e procuri di simulare, aggiungendo una s al proprio cognome, una vaga discendenza da conquistadores spagnuoli. Spesso si ottiene il risultato adottando il nome materno di seguito a quello del padre, come fa Raul Scalabrini Ortiz, autore di « El hombre que està solo y espera », giudicato da tutti uno dei migliori libri della letteratura argentina di oggi. Oppure la modificazione del nome non è altro che un innocente snobismo, come è il caso del dadaista Xul Solar, il più fumista dei giovani artisti di Buenos Aires, che, per avere il padre tedesco e la madre genovese, si chiama in realtà Schultz Solari. In ogni caso questa mania di cambiarsi il nome non è altro che una conseguenza della grandiosità spagnolesca che è nell'aria, un riconoscersi ancora volontariamente sudditi di Carlo V, e un valersi anche dei conseguenti privilegi: «Todos caballeros».
Ma nemmeno questi travisamenti riescono a bandire i nomi italiani dalla letteratura argentina, nè si deve credere che altri letterati non portino con orgoglio consapevole il proprio nome italiano, come fanno, per esempio, gli ottimi scrittori Roberto F. Giusti e Alfredo A. Bianchi, fondatori nel 1907 della rivista « Nosotros » che essi ancora dirigono, il primo dei quali si vanta di esser nato in una casa di via San Giorgio a Lucca.
Ma, in fondo, sono indagini inutili: quello che interessa, invece, è l'influenza che l’apporto italiano può avere avuto sulla formazione letteraria argentina. Dirò subito che, se le mode degli ultimi anni hanno favorito un orientamento generale di tipo francese, e se il legame della lingua ha aiutato molto la diffusione di caratteri nettamente iberici, s'ingannerebbe assai chi, giudicando le cose a prima vista e troppo in superbe e, non si accorgesse che il sangue italiano ha avuto la sua parte in questo processo di evoluzione d'uno spirito che va sempre più acquistando una fisionomia inconfondibilmente argentina.
Florida contro Boedo
Una diecina d’anni fa, nella polemica per un'arte moderna che si svolse intorno al periodico d'avanguardia Martin Fierro, i giovani letterati di Buenos Aires si trovarono divisi in due bandi denominati uno della calle Florida, dal nome della via più elegante della città, l’altro della calle Boedo, che è uno dei quartieri più popolari, abitato da calzolai e ciabattini, erbivendole, lavandaie e, in genere, gente della più umile condizione. Erano i primi i raffinati importatori di tutti i decadentismi e le pariginerie, i dilettanti à la page, gli eleganti fumisti dell’avanguardismo porteño, e venivano spregevolmente chiamati letterati alla gomina dai loro avversari che, per essere invece partigiani di una letteratura sociale, veristica e contenutista, e soprattutto per i loro nomi, nella maggior parte dei casi italiani, erano detti letterati colla pommarola in coppa, o col pesto alla genovese. I principali esponenti di quest’ultima tendenza popolaresca erano Nicolàs Olivari, Leonida Barletta e Roberto Mariani; vero è però che le loro opere erano imbevute più di romanticismo russo che di classicismo italiano e che la loro letteratura a tesi si proponeva finalità bolsceviche del tutto in contrasto con la loro origine. Comunque quelle opere si trovavano più a posto sul piano del romanzo d’appendice o della propaganda politica che su quello della vera e propria creazione artistica.
Più che in queste schermaglie, altrettanto sterili quanto clamorose, gioverà, dunque, cercare l’apporto dello spirito italiano in altri campi, ossia nella personalità degli scrittori autentici, e il contrasto fra due dei maggiori letterati argentini d'oggi mi pare che serva bene al nostro assunto. Sono essi Riccardo Güiraldes, morto assai giovane pochi anni or sono, e Raul Scalabrini Ortiz, pure molto giovane e in pieno fervore creativo.
Un poeta italiano
Güiraldes è il puro argentino, da generazioni e generazioni radicato alla sua terra, da lui ritratta in un’opera esemplare, il Don Segundo Sombra, epopea del «gaucho». Scalabrini, invece, è il « criollo » discendente d'immigrati europei e il suo libro El hombre que està solo y espera rappresenta per il popolo di Buenos Aires quello che il romanzo di Güiraldes è per il « gaucho » della campagna. Perchè Buenos Aires è appunto la creazione degli europei e dei loro discendenti italiani e spagnuoli in primissima linea.
Se Scalabrini può essere considerato come il più rappresentativo scrittore argentino che, sia pure inconsciamente, ha tratto profitto dalla propria origine italiana, non vanno dimenticati altri scrittori, l’italianità dei quali è più scoperta e si manifesta attraverso quelle stesse forme che sono proprie ai nostri scrittori italiani contemporanei.
Tra questi, vicino al pittore Pettoruti, il quale è pure un ottimo critico d’arte, divulgatore fra gli artisti sudamericani dei valori del nostro ’900, merita un posto di prima linea il giovane poeta Pedro Juan Vignale, eccellente traduttore di Giuseppe Ungaretti, di Enrico Pea, di Aldo Palazzeschi e degli altri poeti italiani d’oggi. Vignale è figlio d’un capitano di lungo corso genovese e, senza esser mai stato in Italia, parla un impeccabile genovese da sotto banchi; è egli il più appassionato, il più disinteressato, il più intelligente propagandista del nostro spirito e della nostra cultura in Argentina. La sua bella rivista Poesia ospita spesso scritti di autori nostri e saggi sulle nostre più significative correnti spirituali. Ma l’opera di Pedro Juan Vignale non si limita a diffondere la conoscenza dei nostri poeti, ma, poeta egli stesso e dei più originali ed apprezzati della letteratura argentina moderna, le sue poesie in lingua castigliana potrebbero degnamente figurare insieme a quelle dei migliori poeti italiani d’oggi. Egli è, difatti, almeno per noi che da molti anni seguiamo con simpatia la sua opera, un. poeta italiano che scrive in una lingua fraterna.
Sandro Volta.
Collezione: Diorama 24.04.35
Etichette: Sandro Volta
Citazione: Sandro Volta, “Nomi italiani di scrittori nella letteratura argentina di oggi,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2101.