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Titolo: La moglie inferma

Autore: Gian Pietro Giordana

Data: 1935-06-05

Identificatore: 1935_224

Testo: La moglie inferma
Fui sorpreso di trovare la moglie del mio amico Carlo già seduta a tavola. Ella mi porse a baciare una mano piccola piccola, dalle dita che si snellivano verso le unghie a punta, bianchissima.
— Mi scusi se non le sono venuta incontro. Ho un fastidio ad una gamba.
— Niente di grave? — chiesi per convenienza.
— Oh, nulla!
Siccome stavo per sedermi in faccia al mio amico, vidi che egli sorrideva curiosamente. Era da un pezzo che avevo perduto di vista quel compagno di studi entrato in una banca prima di laurearsi, e venuto finalmente di nuovo a Roma dopo aver fatto conoscenza con tutte le filiali.
Sapevo di lui appena quel poco che aveva avuto tempo di dirmi dietro ad uno sportello, dove me l’ero trovato di fronte all’improvviso mentre esigevo un assegno. A Roma da cinque mesi, ammogliato. Figli, no. No, purtroppo...
— Dove vi siete sposati, Carlo?
— A Bari. Mia moglie è barese. Quattro anni fa.
Era una bella ragazza, con una carnagione troppo chiara per il solo contrasto che faceva la pelle con i capelli neri a luce rossastra, come certi velluti di Genova. Aveva il pallore d’una monaca; latte nelle vene, invece di sangue. Anche le labbra, dopo la prima portata, s’erano tanto schiarite verso l’interno della bocca che lo scarlatto del rossetto le assottigliava stranamente. Teneva sempre la testa un po’ bassa, e, quando guardava, le pupille sembravano enormi e si vedeva il bianco degli occhi.
La colazione era eccellente; ogni piatto aveva caratteristiche proprie che lo toglievano dal comune. Si vedeva che la padrona di casa s’interessava della cucina, come fanno le mogli giovani per piacere ai mariti vecchi.
Carlo, Carlo, Carlo...
La piccola donna sbiancata non parlava che di lui. Il nome del mio amico ricorreva in ogni suo discorso come un intercalare insistente; non pareva più un nome, ma una preposizione necessaria per tenere insieme le frasi, per concatenarle.
— Tua moglie — dissi al mio compagno di scuola uscendo con lui che poteva darmi il suo sabato inglese — tua moglie ti deve adorare.
— Sì, m’adora — rispose l’altro, e cambiò discorso.
Ve lo ricondussi più di una volta, col facile pretesto di sapere qualche cosa della sua vita, dall’università al giorno del nostro ritrovamento. Tanto tempo era passato che eravamo diventati estranei, ma quello che ci riavvicinava era la sensazione che dovevamo avere sentimenti e aspirazioni comuni, o gusti o modo d’intendere; altrimenti non saremmo stati tanto amici nella prima giovinezza, quando gli amici si scelgono.
Scendevamo il Corso. A Piazza Colonna, Carlo guardò con insistenza una bella coppia che passava a braccio, lei obliqua verso di lui come se avesse bisogno di parlargli sempre all’orecchio.
— Li conosci?
— No, li invidio.
Lo guardai. Si morse le labbra come se fosse pentito d’essersi lasciato scappare una dichiarazione simile, e poi mi disse:
— Sai come mi sono sposato? Ecco qui. Un giorno a Bari, vicino a San Nicola giallo di sole, vidi una giovinetta che si trascinava a fatica, con una gamba sformata dalle fasciature, pareva, e il piede piegato verso l’interno. Faceva un gran caldo. Si sarebbe detto che la ragazza dovesse cadere da un momento all’altro. Le andai vicino e le offersi il braccio.
— Grazie — mi disse — ma sto a due passi...
— Li faccia con me. Si vede che soffre. Che cosa è stato?
— Una caduta; m’hanno tenuto a letto tanto tempo, e appena cammino...
La casa era vicina; ma la ragazza faceva tanta fatica a mettere la sua gamba storpia davanti a quella sana, che impiegammo quasi un’ora. Ad ogni passo lo sforzo mi gettava contro il suo fianco ed io non potevo a meno di volgere il capo. Ella se ne accorse e lasciò il mio braccio. Ma io lo ripresi...
— E poi?
— Poi, la rividi. Il male era ostinato; la poveretta camminava sempre a stento. Un giorno l’accompagnai su per le scale, conobbi la sua mamma, fu invitato a tornare. Tornai. Tu devi capire queste cose, tu che sei professore di psicologia. Ero solo in una città di provincia — Bari era allora molto provincia —, giovane, col cuore vuoto.
— Il cuore ha importanza per voi banchieri?
— Non so se fosse il cuore; quello che si chiama cuore per nobilitarlo. M’innamorai. Lei mi aveva amato sin dal primo giorno. Chiesi di sposarla e lei mi disse: « Quando sarò guarita »... Ma non guariva mai; io ero stanco d’aspettare e dicevo che avrei voluto curarla io, che l’amore avrebbe affrettato la guarigione. E lei piangeva, e la mamma piangeva.
— Era inguaribile?
— Già, era inguaribile. Sarebbe rimasta deformata per tutta la vita. Non me l’aveva detto subito, prima perché credeva che non mi avrebbe rivisto più, e poi perché s’era attaccata a me. Quando lo seppi, ti confesso che fui per tirarmi indietro, ma subito non osai e, dopo, non seppi più. Bisognava rompere subito; avere atteso per trovare un pretesto decente, mi rese impossibile trovarlo più. La povera figliuola non mi amava di un amore normale; da quando gli avevo lasciato sperare che non l’avrei abbandonata nonostante la sua infermità, ero diventato per lei qualche cosa di sovrumano, una specie di Dio. Va a litigare con una donna che ti venera a questo punto!
« Ecco la mia storia. Quando sono in casa e lei è seduta e lavora o legge o mi parla, i suoi occhi si fanno umidi di tenerezza, le voglio molto bene. Ma ci manca qualche cosa... ».
— O c’è qualche cosa.
— No, non è esatto. Non c’è un’altra donna. Al suo piede deforme sono abituato, e non ci penso. Ma il suo piede deforme ci impedisce di fare molte cose che i giovani fanno. Ci impedisce soprattutto di uscire insieme, d’andare insieme in campagna, di godere il sole, il verde e le acque; di passare la sera in un teatro od in un cinema... Di sciare. Non puoi immaginare come desidero di sciare!
La coppia di prima ripassava. Carlo le attaccò addosso uno sguardo triste, la segui per un pezzo in silenzio, e poi concluse:
— Adesso hai capito perché li invidio..
Gian Pietro Giordana.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 05.06.35

Citazione: Gian Pietro Giordana, “La moglie inferma,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 13 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2133.