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Titolo: Tre inediti di Alessandro Manzoni

Autore: Alessandro Manzoni

Data: 1935-06-05

Identificatore: 1935_228

Testo: Lettere del grande italiano a Domenico Berti - Uomini e cose della vecchia Italia - I ministri della "consorteria" - Pietro Thouar e Cesare Balbo - I fatti di Torino - La Convenzione con Napoleone III e le sue ripercussioni italiane
Tre inediti di Alessandro Manzoni
Se le missive non anco pubblicate del grande Lombardo sono oggi una vera rarità, non esitiamo a dire che lettere come le tre che oggi abbiamo la ventura di presentare, formano una rivelazione. Poiché ognuna di esse, per il suo valore politico e di pensiero, può dirsi veramente illuminatrice della mentalità manzoniana lungo linee ignorate o mal note; apporto della sua precisa opinione su eventi importanti della vita politica e parlamentare italiana nel Risorgimento. E così possono anche apparire, quali sono, notevole contributo alla sua biografia.
Queste missive (rispettivamente del 28 febbraio 1851, del 12 dicembre 1854 e dei 30 settembre 1864), sono tutte indirizzate ad un illustre piemontese, a Domenico Berti, che (nato a Cumiana nel 1820, morto a Roma nel 1897) fu — da cittadino, professore, giornalista, deputato e ministro — una delle più degne e fulgide — è noto — figure del nostro Risorgimento.
Lettere alquanto inconsuete allo stile del grande Lombardo, abbiamo detto. Di singolare interesse si presenta già la prima, in ordine di data, e tale da prender posto fra le più notevoli del suo Epistolario, per la vivacità giovanile, inconsueta, a cui vi dà sfogo il venerando autore: lettera d’importanza politica, nella quale il Manzoni si scaglia contro quei Ministri del Granduca di Toscana, che già il Guerrazzi aveva definiti i « consorti ».
Nella seconda lettera appaiono nomi noti: Pietro Thouar, il popolare narratore fiorentino — Cesare Balbo colle sue Meditazioni Storiche, uscite allora. E il marchese Matteo Ricci, erudito ellenista che aveva sposato la nipote del Manzoni, Alessandrina, figlia di Massimo d’Azeglio.
La terza missiva, del 30 settembre '64, contiene allusioni politiche a eventi che giova lumeggiare. Il 23 settembre era caduto il Ministero Minghetti, in seguito ad un cruento conflitto avvenuto due giorni prima, nelle vie di Torino, tra carabinieri e studenti, che aveva provocato un tumultuoso voto di sfiducia della Camera. Salirà, dopo trattative, un Ministero presieduto proprio dà Urbano Rattazzi, che il Manzoni sconsigliava vivamente dall’accettare il potere.
La « Convenzione », poi, a cui si allude, è quella che era stata firmata di quei giorni tra il Governo italiano e Napoleone III; convenzione con la quale il Governo francese si impegnava a ritirare i proprii soldati dallo Stato Pontificio, e quello italiano prendeva impegno, a sua volta, a non avanzare pretese su Roma e a trasportare la Capitale da Torino a Firenze. Trasporto che avvenne (è noto) nel novembre del medesimo anno.
Carissimo Berti, ho ricevuto per mano del sig. avv. Raposi la carissima vostra, e vi ringrazio d’avermi indirizzato una sì brava e degna persona. Sono tuttavia dolente di non aver potuto far nulla per lui: dappoiché egli poco si è trattenuto in Firenze, e solo l’ultimo giorno di sua dimora l'ho potuto vedere. Ad ogni modo spero in altra occasione di essere piùfortunato, e di potermi meglio adoperare in quel poco che valgo per i vostri raccomandati. Non ho mancato di far conoscere al sig. Raposi il nostro Salvagnoli, il quale vi ricambia i saluti più cordiali, e nel tempo istesso si lagna che non gli scriviate da gran tempo. Tutto ciò lo intenderete meglio dal signor Raposi.
Non mi dilungo perchè il tempo stringe, e rimetto il tutto a quando risponderò alla lettera, che mi promettete, e della quale sto in attenzione. Sapeva già che questo stupido ministero Toscano aveva proibita la Rivista, lo che vi provi, quanto era vero quello che io vi scrivevo nell'ultima mia. Codesti signori, se lo potessero, ci condurrebbero al l'Inquisizione e peggio; ma da’ mali maggiori ci salva in parte la loro viltà.
Avrei grandissimo desiderio di vedere gli ultimi fascicoli della Rivista, e se vi piacesse, approfittando di qualche favorevole incontro, mandarmeli a Genova al prof. Tardy, questi non lascerebbe di trovar modo come farmeli capitare con sicurezza Più di tutto mi premerebbe leggere gli articoli vostri e quelli del Balbo.
Nulla vi dirò dei miei studi; attenderò di parlarvene quando potrò (lo che sarà presto) mandarvi qualche cosa.
Frattanto valetevi liberamente di me in quello che posso, e credetemi sempre col più vivo affetto
vostro aff. mo A. Manzoni.
Firenze ai 28 di febbraio 1851.
Caro amico, Dò tardi riscontro alla carissima tua del 18 novembre, impedito dal farlo prima da noiose cure. Insieme alla presente riceverai un piego che ti manda Thouar, aspetto sempre di vedere il primo numero del tuo giornale, pel quale farò qualcosa, benché a ciò mi sia sinora mancato il tempo. Vedrò in ogni modo se meglio convenga fare un articolo sulle Meditazioni o sul volume, Precetti ed esempi, pure del Balbo, che escirà in breve. Per mostrarti che ho sincero desiderio di fare il piacer tuo, ti basti il sapere che mi sono fatte dare mano mano le stampe del nuovo volume per avere più tempo di riflettere e più comodità di fare. Forse parlerò prima di questo volume, richiedendosi gran tempo e fatica per favellare alla men peggio delle Meditazioni. Non dubito del buon esito della tua impresa; e ne godo per te.
Il marchese Ricci, che ben conosci, ti darà questa mia e forse in breve un suo importante articolo. Vedi che alcuno di costà parli nel tuo giornale del suo Aristotele e lo faccia in modo degno di quel lavoro serio.
Or mi conviene indirizzarti una caldissima preghiera, ed è di interessarti pel quel buono e bravo Roseri.
Vedi di trovare un posticino anche per lui, da poiché tanti se ne trovarono per altri che non lo sapevano al certo nè di bontà nè di capacità. Vi sono certi uomini sì modesti e riservati, che, dove alcuno non si interessi di loro, rimangono obliati e negletti, mentre l'opera loro potrebbe tornare utilissima a chi volesse e sapesse giovarsene. Il mio amico appartiene a questo novero. Ti sia adunque raccomandato dalla (sic) viscere dell’anima; spendi per lui una parola efficace, che te ne avrò infinita riconoscenza. Abbi presente le lettere del Botta, com'io penserò seriamente a fare qualche articolo per il tuo giornale tutte le volte che possa rubare qualche ora agli ordinarii miei studi.
V’è modo di avere uno dei tanti volumi appartenuti al Gioberti?
Attendo il primo numero del tuo giornale, dal quale io possa prendere norma. Fai i miei saluti al sig. prof. Sismonda; dammi presto le tue nuove, e credi all’affetto costante del tuo
A. Manzoni.
Firenze ai 12 di dicembre 1854.
Livorno ai 30 di settembre 1864 Carissimo, Ti scrivo di nuovo poche righe in fretta.
Un telegramma giunto qui stamane annunzia la partenza di Rattazzi da Parigi e il suo imminente arrivo costà. Mi viene il sospetto che possa trattarsi di un portafoglio. Non ostante che egli mi abbia scritto da Parigi il 26 una Lettera arrivatami stamane, e nella quale si dichiara alieno dall'entrare a far parte per ora di qualunque combinazione ministeriale, pur nondimo (sic) ti scrivo perchè tu faccia ogni possibile perchè egli stia saldo nel suo proponimento, e non si lasci svolgere da qualunque argomento. Egli ha tutto da guadagnare tenendosi in disparte per ora, e limitandosi a suggerimenti e consigli. Io gli ho scritto oggi stesso in questo senso, e vorrei che tu facessi altrettanto a voce. La matassa è troppo aruffata (sic) e bisogna lasciare che altri la disbrighi.
L'opinione generale non solo delle popolazioni di codeste provincie ma anche di quelle della rimanente Italia è decisamente favorevole alla Convenzione. Non discuto se abbiano ragione o torto, ma il fatto è questo, e non bisogna disconoscerlo o ignorarlo. Il solo sospetto che la Convenzione potesse essere mantenuta tale e quale basterebbe a far nascere agitazioni in tutte le città Italiane. Quelle birbe che lasciarono il potere sono riuscite a dare un carattere veramente odioso di municipalismo alle manifestazioni di Torino, ad eccitare l'Italia contro il Piemonte.
Di’ adunque a Rattazzi che si tenga a una rigorosa riserva e non si sbilànci prima della riunione del Parlamento. Usi astuzia e accorgimento, e si avvantaggi degli errori dei suoi avversari. Tanti saluti alla Maria. Addio di cuore e in fretta. Tuo aff.mo
A. Manzoni
Un ritratto poco noto di Alessandro Manzoni a quarantasei anni, opera del pittore Molteni.
Domenico Berti
La camera del Manzoni nella villa di Brusuglio.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 05.06.35

Citazione: Alessandro Manzoni, “Tre inediti di Alessandro Manzoni,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2137.