Diciotto novellieri parodiati da Folgore (dettagli)
Titolo: Diciotto novellieri parodiati da Folgore
Autore: Lorenzo Gigli
Data: 1935-06-05
Identificatore: 1935_230
Testo:
PROSATORI ALLO SPECCHIO
Diciotto novellieri parodiati da Folgore
Luciano Folgore, direbbe un classicheggiante, è per sua natura acconcio a parodiare e a far ridere. Sulla pelle degli altri. Vedetelo al paragone prima dei nostri poeti più in vista, con le due serie di « Poeti allo specchio » giustamente famose; e adesso con un gruppo di diciotto Novellieri allo specchio (ed. Ceschina, Milano. L. 8) che vanno da Gabriele d'Annunzio a Bontempelli e a Guido da Verona. Nel parodista, si sa. c'è sempre un critico in potenza; nel caso di Folgore il critico s'impegna sino a un certo punto, non pretende cioè di esaurire nel giro di poche pagine il profilo morale e stilistico dell’autore preso di mira, ma di accentuarne piuttosto quelle caratteristiche che più si prestano al gioco caricaturale e al rovesciamento. E la possibile accusa di mancanza di rispetto a qualche modello illustre è senz’altro parata solo che si ricordi il detto inglese: « Imitation is the best flattery », come riconoscere nell’atto stesso della parodia un intenzionale omaggio, un riconoscimento dell'importanza dello scrittore prescelto. Son tutti scrittori codesti parodiati dal Folgore che, per parodiare a nostra volta una notissima sentenza di Alfredo de Musset, bevono nel proprio bicchiere: hanno cioè una propria personalità ben definita. Folgore le gira un poco attorno, la vellica, la tenta con la punta della sua arguzia, ma non la deforma. Resta sempre al di qua della linea che divide la caricatura acre e spietata dal divertimento elegante e dal « pastiche » di buon gusto. Il suo riso è senza sottintesi e malizie; ma non per questo le sue radiografie letterarie riescono meno probanti: il cuore e il cervello dello scrittore radiografato vi si riconoscono subito ad occhio nudo.
San Pantaleone 1935
La prima parodia è dedicata al D’Annunzio delle novelle. Siamo nel clima acceso di « San Pantaleone » e dei racconti pescaresi. L’eroe è un Salvatico Zolfino che dorme tra i canneti e sogna sirene nude, dal ventre di berillo, dalle ascelle di smeraldo, dalle reni semilunari e dai baci che sanno d’aromi e di spezie. Una sirena l'ha stregato, e il povero Zolfino ora ha l’aria assente dell’ebete e non guarirà più. « Girava il contado con il suo corpo erculeo dondolante. Passava dalla gioia alla tristezza, dal riso alla zuppa di verdura, dalla frenesia all'abbattimento con estrema facilità. Ma i suoi occhi allucinati, noncuranti dei panorami femminei, guatavano in giro cercando sempre. Il disgraziato cercava quel venerdì che gli mancava nel novero dei suoi giorni e quando nel tramonto estuoso la sirena dell’opificio fischiava, Zolfino bocconi sulla sabbia del litorale si ubbriacava di acqua salmastra e stritolava fra i denti i gusci vuoti delle telline che pareva ridessero di lui, senza pietà ».
Anche Pirandello è un blocco sul quale la parodia incide abbastanza facilmente. Il substrato filosofico della sua narrazione e l’ansito della sua prosa offrono al parodista alcuni ottimi appigli. La parodia pirandelliana s’intitola « Fuori di me » e ripiega forse un po’ troppo scopertamente sul motivo del problema centrale: « Noi tutti abbiamo il seguente problema centrale da risolvere: Luigino ha due mele, ne mangia una, che cosa resta? Una mela?! Niente affatto. Due mele restano, perchè un frutto sta dentro e l’altro sta fuori. Ma non essendo uguali, sebbene equidistanti tra loro, codeste due mele non possono addizionarsi e dall'equivoco aritmetico, che è in fondo una verità, nasce l’idea fissa del mio teatro mobile che dovrebbe diventare stabile. Chiarissimo, non è vero, signori miei? ».
« Come la signora fu gentilmente servita » racconta Alfredo Panzini con stilizzata serietà professorale che ondeggia tra la bonomia e la leziosaggine e con intenzioni moralistiche dichiarate, si che qui la parodia combacia perfettamente, in più d’un momento, col modello vero. « Ai miei tempi si andava a piedi. Pedibus calcantibus. Non esisteva il gran carro che va su due rotaie spinto dalla forza invisibile e misteriosa che porta l'uomo verso l'infelicità. Oggi ci lasciamo trascinare alle nostre faccende, ai nostri negozi da quel congegno sferracchiante e scampanellante. Ma a prezzo di, che cosa? di mezza lira? Sarebbe il meno. A costo di mille proibizioni. È vietato sputare. Non parlate al conducente. Non gettate i biglietti nella vettura. È proibito scendere nell’interbinario. Dove se ne va il libero arbitrio che è facoltà di disporre ovunque e sempre del proprio tabacco, della propria saliva, dèlia propria lingua, ecc. ecc.? ».
Dichiarazione di Marinetti a una mulatta nella parodia La zuffa tropicale:
« Narunda, tu sei la noce di cocco in balia del Simun. Non senti il soffio della mia anima sabbiosa e ciclonica? Arrenditi. Alza lo zendado bianco e vieni con me nella città di tutte le soddisfazioni. La notte è spaventosamente calda. Le stelle friggono nel cielo e la luna di sapone trasparente sparisce a poco a poco nella gola, negra e vorace del buio ».
Donne da romanzo
Bontempelli parla d'una donna che non vidi mai, nata in una camera oscura ai margini d’un paesotto tedesco, in un tempo in cui, egli dice, « avevo lasciato il mio cervello in deposito al British Museum esigendo la contromarca che perdetti in seguito ad alcuni bizzarri incidenti che vi racconterei volentieri se non mi fossero realmente accaduti. Del resto, fu appunta la perdita di quell’unico documento del mio ingegno che mi decise a darmi tutto alla letteratura fantastica ». E Guido da Verona, nella Storia di colei che non fu mia, raggiunge la sua bella incognita ai limiti della pampa. « Le nostre automobili chi sa per quale destino rimasero in panna sotto la Via Lattea. Mi avvicinai presentandomi: — Guido da Verona. — Ella mi guardò fisso un istante con quei suoi occhi di tabacco fresco e rispose con un soffio: — Anch'io. — Madame, vous prenez un équinoxe —, osservai io con quell’impeccabile francese che nei momenti culminanti della mia vita romanzesca fiorisce spontaneo sulla mia anima di wagon-lit. — Vi prego di crederlo — gridò lei. — Sono partita da Verona e guido da quel paese da oltre quattro mesi! » (ma qui il divertimento di Folgore appoggia un po' troppo sul mero gioco di parole). Anche nella parodia di Salvator Gotta, Ritorno alla terra, c’è una donna misteriosa, che arriva da lontano in un onesto borgo provinciale. Il figlio del farmacista l’ama subito in segreto, « ma sulla fronte a baule gli si leggevano le oneste intenzioni di sposarla per renderla madre di numerosi bambini ». Invece la creatura nomade muore un giorno in mezzo ai campi. « È ritornata finalmente alla terra da cui venne. Lo desiderava tanto! Quest’aria, le nostre robuste abitudini, il mio amore compatto e il mio cervello morenico le hanno data una salute migliore della nostra e più duratura: la salute eterna ».
Le classi anziane
Le altre radiografie di Folgore mietono tra vivi e morti, e vi passano Luciano Zuccoli, Fausto Maria Martini e Antonio Beltramelli; Virgilio Brocchi e Marino Moretti, Rosso di San Secondo e Guido Milanesi; e poi un gruppetto di donne: Grazia Deledda, Ada Negri, Annie Vivanti, Margherita Sarfatti. Lo stato maggiore della nostra letteratura narrativa con particolare riguardo per le classi anziane (sia detto col maggior rispetto di tutti e... di tutte).
In quest'ultimo gruppo di « narratori » confluiscono chiari adepti della poesia come Ada Negri e romanzieri di professione come Brocchi e la Deledda. Naturalmente le caratteristiche precipue d'ognuno vi sono rispettate col marchio d’origine. Zuccoli, per esempio, ritorna vivo nella parodia come lo ricordiamo tutti, elegante, mondano, monocolo all'occhio, conversatore scelto e raccontatore di casi amorosi e di avventure principio di secolo con sottigliezze psicologiche spesso assai fini, e ad ogni modo una esemplare onestà letteraria volta alla conquista d'un proporzionato posto al sole. Poi si veda il crepuscolare Martini, con la sua sottile malinconia che diresti presaga e con quel suo tono aereo sotto il quale si nasconde tanta delicata simpatia umana. Ed ecco Beltramelli mitico, eroico, muscoli e cuore vigili, occhio aperto sulla vita e tradito così presto dal destino. Questi morti non si dimenticano; e qui, pure attraverso la radiografia di Folgore, essi ritornano col loro volto che abbiamo conosciuto ed amato. Si sarebbero ritrovati in queste pagine e ne avrebbero volentieri sorriso...
Lorenzo Gigli.
Panzini
(Disegni di Onorato)
Pirandello
Collezione: Diorama 05.06.35
Etichette: disegno, Lorenzo Gigli, Umberto Onorato
Citazione: Lorenzo Gigli, “Diciotto novellieri parodiati da Folgore,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2139.