Prima stesura di "Resurrezione" (dettagli)
Titolo: Prima stesura di "Resurrezione"
Autore: Lorenzo Gigli
Data: 1935-07-30
Identificatore: 1935_270
Testo:
Antecedenti d’un romanzo celebre
Prima stesura di "Resurrezione"
Origini autobiografiche del romanzo - "Un caso di coscienza" titolo del primitivo racconto - Nove successive elaborazioni
Nel diario di Tolstoi, alla data 15 dicembre 1889, si legge: « Ho cominciato ieri un lungo racconto. Lo scrivo con molta letizia... ». Poi abbandonò il lavoro al primo capitolo. Cinque anni dopo, lo scrittore trovò in un cassetto il manoscritto, lo rilesse e il suo interesse per il soggetto si rinnovò, divenne entusiasmo. Al primo capitolo se ne aggiunsero sei altri e nell’estate del 1895 il racconto era terminato. Ma, invece di consegnarlo all’editore, Tolstoi lo mise da parte. Così Un caso di coscienza (tale è il titolo del racconto) tornò a conoscere l’oscurità dei cassetti e ad attendere. Era il tempo in cui lo scrittore si orientava sempre maggiormente verso i problemi sociali e religiosi: anche il racconto inedito ne risentì gli effetti; Tolstoi lo trasse ancora parecchie volte alla luce, lo modificò, lo riscrisse sotto diverse forme, non cessando di sviluppare l’ideologia a spese dell’interesse romanzesco della primitiva stesura, piena di vita vissuta e di ricordi della giovinezza. Nove versioni egli fece successivamente del Caso di coscienza lavorandovi intorno nove anni; e il frutto di questo laborioso travaglio fu Resurrezione. Ma quando, nel 1900, il celebre romanzo apparve nella rivista Niva, dell’originario racconto non restava quasi più nulla: tutto v’era differente, l’inizio e la conclusione, il quadro generale, la psicologia dei personaggi, i nomi della maggior parte di essi.
Di Un caso di coscienza non si parlò più per molto tempo. Ma l’anno scorso il manoscritto fu dato alle stampe a cura del Museo Tolstoi in un volume di testi inediti pubblicati dalle edizioni letterarie di Stato « Akademia », con questa indicazione: « Prima stesura di Resurrezione». Il Museo lo ritrovò nei sotterranei di uno dei numerosi edifici di Iasnaia Poliana, la cui proprietà è passata appunto al Museo che provvede a ricerche regolari feconde di risultati in tutti i luoghi dove Tolstoi soggiornò. Così, tolto dalla polvere dell’oblio, il racconto originario ha potuto vedere la luce; e adesso, tradotto dal russo in francese da Z. Lvovsky, ne abbiamo la prima edizione occidentale per i tipi della Libreria Stock di Parigi.
Non si tratta d’una semplice curiosità letteraria. Il racconto è un’opera spontanea, fresca, commovente, dove il grande artista si riconosce dall’ampiezza del disegno, dalla precisione dei particolari, dal dono della vita. La lettura rinnova le nostre migliori impressioni tolstoiane liberate dal peso delle sovrastrutture ideologiche. Qui siamo in clima di giovinezza, in momenti felici. L’autobiografia non è schiava del problema, ma si espande in semplici e leggiadri schemi narrativi percorsi da una emozione autentica. Più che di una prima stesura, nel senso letterario della parola, disponiamo d’un racconto organico e completo nato in diverse condizioni e con diversi propositi da quelli che, attraverso le nove successive elaborazioni, presiedettero poi alla nascita del romanzo Resurrezione.
Lo spunto, naturalmente, è il medesimo. E deriva da un episodio della giovinezza di Tolstoi, da un’avventura simile in più d’un punto a quella di Nekludoff. Anche Tolstoi, giovane, aveva sedotto una umile fanciulla che morì poco tempo dopo, abbandonata da lui e dai propri parenti. Il ricordo doloroso della colpa lo accompagnò poi sino agli ultimi anni, tant’è vero che poco avanti la morte Tolstoi se ne confidò
con Birukoff, amico intimo ed editore delle sue opere. E fu appunto codesto ricordo — del quale soltanto Sofia Andreevna, la moglie dello scrittore, conosceva il segreto — che lo spinse a scrivere Un caso di coscienza, ad abbandonarlo, a riprenderlo, a trasformarlo, a farne infine uno dei romanzi più caratteristici della sua maniera e della sua filosofia politica e sociale.
Ma, dicevamo, Un caso di coscienza resta un pezzo autentico d’autobiografia tolstoiana da non accettare soltanto a titolo di curiosità. È un racconto a sè, autonomo per concezione e per stile, appartenente a un momento felice e disinteressato dell’attività del grande scrittore. Egli si confessa nei panni di Nekludoff con la maggiore semplicità, riaffondando, a ritroso del tempo, il vomere della memoria nei segreti della sua giovinezza, la cui morgana ancora l'affascinava. La lettura del racconto può essere fine a se stessa. Poi chi voglia cedere alla tentazione letteraria e, avvicinando il testo del primitivo racconto a quello del romanzo, percorrere le tappe delle successive versioni, vi troverà i segni evidenti dell’evoluzione dello spirito di Tolstoi verso gl’ideali e le teorie della sua maturità e della sua vecchiaia, che l'accompagnarono sino alle soglie dell’ultima drammatica avventura terrena chiusa dalla morte nella stazioncina di Astapovo. E anche questo è un esercizio che non manca di suggestione, chè, secondo la sentenza di Puskin, seguire il pensiero di un grand’uomo è pur sempre una scienza piena d’attrattive.
Lorenzo Gigli.
Leone Tolstoi in un ritratto del 1887.
In cammino verso l’infinito (dal celebre quadro di Jan Styka).
Collezione: Diorama 30.07.35
Etichette: Fotografia, Lorenzo Gigli
Citazione: Lorenzo Gigli, “Prima stesura di "Resurrezione",” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2179.