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Titolo: Voli all’alba

Autore: Pier Luigi Bucciantini

Data: 1935-08-13

Identificatore: 1935_271

Testo: Voli all’alba
Tutta la notte era piovuto con brontolii lunghi di tuoni e guizzi di saette che laceravano il cielo cupo come per saggiarlo qua e là, onde romperlo infine laggiù verso ponente, sul mare, dove apparve un chiarore e un grappolo di stelle.
Che pace, ora, che quiete!
Era ancor buio, ma non più notte fonda. C’era una piccola luce nel cielo che vinceva l’immenso notturno.
Lassù guardava il navigante; lassù guardava il pastore. Quel piccolo lembo di luce portava a giorno il sereno.
Nella macchia spessa di sughere é di querce colavano tutte le piante sulle foglie morte.
Udivi il cader delle grosse goccie ritmico e pesante.
I pini, alti, dalle grandi ombrella, ebbero un fremito improvviso, come un brivido di freddo: lasciaron cadere di colpo sulle mortelle e sui lentischi tutta l’acqua che tenevano su, quindi si abbandonarono a un sussurro e a un fugace mormorio che fu come un richiamo nel bosco. Il vento. La pungente brezza svegliava la macchia e l’assonnata pineta.
Aspettavo l’alba; e con essa la bella regina del bosco: la beccaccia.
Faceva un freddo da lupi. L’umidità della notte me la sentivo penetrar dappertutto e mi sembrava che volesse prendermi anche le mani che tenevo rimpiattate nelle tasche dei pantaloni.
Da un olmastrello secco troncai qualche ramo e accesi il fuoco. È tanto di compagnia la fiamma!
Nel silenzio alto, ogni rumore mi faceva tender l’orecchio.
Così il mugolio lungo del mare di là dalla macchia, così uno squittire di gufo, un abbaio lontano del cane di qualche pastore, così il rotolìo del treno su i ponti di ferro della ferrovia, col suo fischiare acuto e improvviso.
Poi di nuovo più nulla... Aleggiava la quiete solenne del bosco.
Il cielo tutto rasserenato rideva con un brillantìo fitto di stelle.
Sentii cadere una ghianda, poi un’altra: tonfi piccoli con un lieve fruscio, che ascoltavo sospeso.
Un cavallo brado si alzò di dentro la macchia, scrollò le spalle, fece vibrare le froge con rumore sordo, si grattò la schiena a un albero.
Frullarono due beccaccini. Mi passarono sulla testa biascicando più volte per l’aria il loro canto che è come lo schiocco di un bacio.
Cominciava la prima alba con un baluginare tenue di luce verso levante. Una strisciolina chiara che disegnava nel cielo il crinale nero dei poggi lontani.
Ai capanni gli stampaioli buttarono l’anatre. Ne anatrò prima una sola con una gargana chiara di richiamo, ed altre ad altre le risposero di capanno In capanno. Poi ci fu la scarica di una doppia coppiola.
Gli uccelli di becco schiacciato, alla prima luce, lasciavano il padule. Li sentii passare sopra di me come un soffio: germani e alzavoline che appena intravidi balenare fra due lecci.
Si scolori il cielo lasciando sparsa qua e là qualche stella che ancora resisteva al chiarore dell’alba.
Il bosco stormi tutto piegandosi leggermente al vento più freddo del mattino. Presero forma nel cielo gli alberi alti: i pini, i lecci folti, e cupi; poi gli olmastrelli più bassi, gli ontani, il macchione del rovo, il ginepraio...
Lo specchio d’acqua stagnante nell’ontanaia ebbe un bagliore direi quasi plumbeo e, dove penetrò la luce dell’alba, splendè come una lama di rasoio.
E fu allora che sentii « l’annunziatore » tinnire piano come il suono d’un campanellino di bronzo appena mosso: il pettirosso. L’uccellino più mattiniero della macchia che saluta per primo, volgendosi alla luce, il giorno che sorge.
Cantò vicinissimo tanto che lo vidi saltellare fra ramo e ramo, dentro il rovaio. E m’annunciò col suo destarsi che stessi bene attento; che la beccaccia, ora, sarebbe passata. E venne improvvisa col suo volo silenzioso. Venne dal buio...
Apparve alta e velocissima, quasi ad ale chiuse per buttarsi nella lama. Forse laggiù sotto il leccio che più spessa faceva l’ombra dell’ontanaia, e dove il terreno, umido e nero, sapeva di borraccina e di funghi.
M’imbracciai; l’uccisi...
La velocità del volo la portò a cadere a pochi metri da me. Andai a raccoglierla. Era tiepida e morente.
Soltanto, le zampette erano fredde e bagnate dall’acquitrino del padule dove era stata a sbeciare la notte.
Quei suoi grandi occhi neri e vellutati davano l’ultimo addio... Si chiusero adagio fino a metà delle pupille quasi per conservare la luce... poi lasciò cader giù il collo fiaccato e dondolante che mi lasciò sulla mano una macchia di sangue.
P. L. Bucciantini.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 13.08.35

Citazione: Pier Luigi Bucciantini, “Voli all’alba,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2180.