Stabilimento Dod S.A. (dettagli)
Titolo: Stabilimento Dod S.A.
Autore: Cesare Zavattini
Data: 1935-09-10
Identificatore: 1935_287
Testo:
Stabilimento Dod S. A.
Quella notte Bat, uscito dal cinema, si è fermato in un caffè a guardare le donne. Alle due s'incammina verso casa, percorre brevi tratti con gli occhi chiusi; vorrebbe fare per gioco tutto il viale con gli occhi chiusi, ma non ne ha il coraggio. Guardando la fila delle lampade, i getti bianchi delle pompe sull'asfalto, senza accorgersene si trova davanti allo stabilimento Dod S. A.: illuminato dalla luna, gli si stringono intorno le strade nere. Bat si appoggia al muro e fissa le finestre chiuse, quella del suo ufficio è la quarta, uguale alle altre. A poco a poco uscirà il sole, ecco dalla strada di fronte spuntare Evans, Suc, Tom. Allora pensa al terremoto, un rumore sordo, lontano, i latrati dei cani, il signor Dod che balza dal letto con un pigiama di seta meraviglioso. Bat ha paura del terremoto, lo impensierisce anche il dover scendere in strada con la camicia da notte troppo corta.
Frattanto si è levato un gran vento, la polvere vela le luci: Bat vede uscire da una porta dello stabilimento alcuni operai, il turno alle macchine. S’incamminano, con le scarpe di tela, senza parlare. Bat li segue a lungo con lo sguardo sinché li vede alzarsi in volo sopra gli alberi e svanire.
Tre minuti dopo Bat giunge a casa. La lampada delle scale è spenta. Conta i gradini, d’improvviso ricorda suo padre. « Papà, ti amo, non farti vedere, ho il cuore debole... ». Apre l’uscio, ansima: una gamba di sua moglie esce dalle coltri e pende sul tappeto. Tutti al vederla farebbero certi pensieri. Suc, mettiamo, oppure Evans.
« Io sono un altro, non ho mai visto Maria, io sono Suc; no, sono quella canaglia di Evans. Evans tremante di gioia solleva adagio le coltri, accarezza le braccia, il fianco tenero, morde la bocca ».
Sua moglie apre gli occhi, e Bat continua a baciarla furiosamente: essa lo stringe al seno e in breve s’addormentano.
* * *
A cinquanta metri dallo stabilimento, Bat comincia a udire il fragore delle rotative. Dai finestroni aperti sui sotterranei si vedono le bobine di carta allineate e una ragazza con il camice blu. Bat sale i gradini di marmo e gli viene incontro riflessa nel vetro della porta la sua figura piccola e grassa. Via quésta fetta di carne, via quest’altra, in pasto ai cani. Quando sta con le donne Bat si stende al suolo sfinito: ieri era andato con Mad in un prato vicino, e dopo si era addormentato. Nel ritorno aveva una guancia rossa, gli occhi appiccicati e Mad gli pareva sua figlia.
Lungo le scale Matter gli passa davanti di corsa. Schiavo. Matter arriva sempre puntuale, col viso serio, forse sta nascosto dietro un palazzo li vicino, e se muove quando manca un minuto.
Evans, guarda le fotografie di una cantante. « Ha gli occhi che forano ». Le sue dita tozze scivolano sull'immagine; Bat si alza, anche Suc, e dice: « Pagherei un milione per vedere Evans a far l’amore con queste donne »».
« Con un milione - esclama Bat affacciato alla finestra — comprerei di nascosto lo stabilimento e i terreni intorno. Arrivo qui una mattina vestito come il solito e grido: « Matter, portami subito un bicchier d’acqua. Te lo figuri Matter? Vi darei un brillante per uno, e noi cinque entriamo nello studio del signor Dod cantando, in fila come le ballerine. Dod picchia i pugni sul tavolo: fuori, fuori. E noi: taratatà ».
Bat fa quattro piroette, uno lo accompagna battendo le nocche stilla campana della lampada, gli altri, prima con riluttanza, si sono presi per mano e fanno il girotondo.
Si annuncia una visita e ciascuno torna al suo posto. Bat osserva il volto duro di Suc, quello ipocrita di Evans. Un milione? Non un soldo, non un centesimo.
Si alza e porta in tipografia un pacco di bozze. Nel primo camerone tre cilindri di rame girano lentamente in una vasca colma di liquido verde. Il viso di Suc, è come l’acido nelle brocche di terracotta allineate sul pavimento. Alzata la spia, Bat vede la sala delle macchine illuminata da globi incandescenti: uomini neri si muovono tra i manubri di ottone e le ringhiere di ferro.
Lungo le scale Bat sorprende un operaio che bacia una donna: scappano via e dopo se li vede passare davanti sul montacarichi; sono fermi dietro la grata, con gli occhi spalancati, e salgono, salgono.
A mezzogiorno suona la sirena mentre Matter impagina le istantanee del rompighiaccio calato a fondo a... È un nome che comincia per V e lungo la strada Bat si sforza invano di ricordarlo.
* * *
Ha portato a casa i giornali usciti un’ora prima, le mani si sporcano d’inchiostro a sfogliarli. Rilegge una didascalia sotto l'immaginé di un attore. Una notte Suc gli ha confessato: « A mia moglie piace quest’uomo, io evito di mettere la sua fotografia nel giornale ». Suc di notte diventa buono e gli racconta, tante cose segrete. Una volta disse che aveva voglia di morire. Quante persone ai suoi funerali, impiegati, redattori, operai, il signor Dod in testa. Tom dice che il signor Dod ha un vestito apposta per i funerali. Tutti camminano in punta di piedi, ordinati, non vanno dietro al feretro, ma al signor Dod. Atraversano le vie della città; cammina, cammina, il signor Dod è stanco, si volta, fa un segno e tutti si spargono per i prati mentre il signor Dod sale sopra la sua automobile: un rombo, una gran polvere e parte salutato dagli evviva di Matter. Questo Matter è castigato dal Signore, ha le braccia come stecchi e non riesce a sollevare i propri figli.
Cesare Zavattini.
Collezione: Diorama 10.09.35
Etichette: Cesare Zavattini
Citazione: Cesare Zavattini, “Stabilimento Dod S.A.,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2196.