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Titolo: Vetrina delle novità

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1935-12-24

Identificatore: 1935_307

Testo: Vetrina delle novità
Il ritorno di Angiolo Silvio Novaro alla poesia chiude una parentesi di qualche anno. Abbiamo lasciato il poeta sul limitare del « Piccolo Orfeo » mentre si congedava con un « arrivederci, se ci rivedremo », ma avevamo gli occhi fissi a quella « brace di speranza » che « accesa nel crepuscolo perdura ». Essa ha dato la fiamma d’oggi, ed è il poema La Madre di Gesù che in coincidenza con la ricorrenza natalizia l’editore Mondadori pubblica in un bel volume (L. 12). L’appuntamento della poesia novariana con la festa universale della Natività non è un pretesto pubblicitario; è una dichiarazione di intenzioni e di spirito, una presa di posizione deliberatamente austera. Il poema si mette sotto le ali di Colei, che riassumendo ai piedi della Croce il destino umano di tutte le madri, ne accettò i sacrifici e i patimenti sin dal giorno che il messo celeste la scelse all'altissinio ufficio. Il poeta la vede « umile come l’erba » e « dolce come l’uva » tra le case e gli orti di Nazaret, bambina predestinata. Il dì che nella sua stanza verginale l’angelo discende a salutarla eletta, la fanciulla chiede « perchè questo saluto a me? », ma accetta la designazione in umiltà di cuore, pur se trema come l’agnella « che tramontana - le arraffa la lana ».
Il poeta segue il racconto dei Vangeli, senza amplificarlo: deriva dal racconto stesso spunti gentili e profumati, riveste la semplicità del dato tradizionale coi monili dell’arte e lo incastona in leggiadre immagini mantenendosi sempre in una linea superiore, diremmo di adorante umiltà, voluta dal tema. Non era facile ottenere questo risultato neppure per un artista coscienzioso ed esperto; e dietro il tessuto apparentemente semplice del poema si cela un duro lavoro di preparazione, di selezione e di revisione, una disciplina morale ed artistica assoluta. In alcuni momenti il poeta si ricollega per sentimento e per tono alla nostra tradizione mistica dei primi secoli, la poesia si fa canto popolare e corale per le anime pure. La scena della Natività è evocata coi mezzi più dimessi ma col calore dell’emozione autentica. È un seguito di lasse che sembrano già rivestite di musiche angeliche;
Come uccelletto in nido la sua boccuccia apriva piccoletta quasi uliva: punto freddo non sentiva: i piedini e le manine sue li scaldava l’asinelio e il bue. Giuseppe in rapimento muto, le braccia in croce, chino sul petto il mento, adorava. Ma tu che voce che grido o Maria mettesti quando aprì gli occhi celesti!
Su queste cadenze, i pastori dei presepi potrebbero agevolmente cantare. Ma il significato della « Madre di Gesù » supera i limiti dei suoi schemi, si proietta idealmente nel tempo, ricongiunge il sacrificio del Golgota a quello della madre d’ogni tempo e paese che è venuta al mondo con una missione e la serve come Maria servì la sua sfacendosi in fuoco di amore. Destino di dolore e di pianto, di dedizione e di rinuncie senza sorrisi, fino alla consolata sera in cui la madre, sciolta dagli estremi veli, entrerà « nel giardino dei cieli ».

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 24.12.35

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Vetrina delle novità,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 15 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2214.