La debolezza morale (dettagli)
Titolo: La debolezza morale
Autore: Francesco Orestano
Data: 1936-02-04
Identificatore: 1936_34
Testo:
La debolezza morale
La debolezza morale è uno stato morboso, studiato da patologi e clinici in una abbondantissima e interessante letteratura, alla quale si è recentemente aggiunto un dotto « saggio » sintetico e sistematico del dottor Giuseppe Montesano. L’argomento è delicatissimo, perché è assai arduo distinguere il momento del passaggio dalla naturale trepidazione o ansietà o riservatezza o prudenza all’alterazione patologica della propria vita di relazione, quando in difetto, quando in eccesso di reazione agli stimoli comuni e normali.
Per lo più i soggetti tarati da debolezza morale, più spesso ipobulici che eccitati, si confondono nella società fra i soggetti normali o approssimativamente tali; sia perché reputati innocui e se mai nocivi in primo luogo a se stessi; sia perché manca un criterio esatto per discernere, salvo i casi di più pronunciata malattia, i malati dai sani. Per questa stessa ragione è difficile convincere un malato di debolezza morale, che lo è in realtà. Egli trova sempre argomenti di quella che i latini chiamavano pigra ratio (e i greci lògos argós), per convincersi ch’è nel giusto; per adattarsi e, se vogliamo, accasciarsi in una certa consuetudine del vivere; e per resistere energicamente (qui lo spiegamento di energia diventa anzi massimo) a ogni tentativo di spostamelo e di rieducarlo altrimenti alla vita.
D’altronde il debole morale raramente è attinto nei poteri intellettivi, critici. Egli è in grado di ravvisare in molti casi il partito migliore e dove stia il suo vero interesse, consente nei ragionamenti altrui, ma non ha la forza affettiva e volitiva per agire in conseguenza, per compiere determinati sforzi, vincere certe resistenze interiori, correggere i propri impulsi eccessivi o integrare quelli difettivi. A lui si adatta a pennello l’ovidiano: Video meliora proboque, deteriora sequor...
La varietà dei soggetti moralmente deboli è grandissima. Taluni lo sono divenuti, altri lo sono per costituzione. I primi debbono l’indebolimento della volontà e la depressione affettiva per lo più a insuccessi gravi o ripetuti, a delusioni giudicate immeritate, a sfiducia, a stanchezza, a usura delle proprie energie, a un’accentuata tendenza, per qualsiasi ragione sopravvenuta, al risparmio della propria sensibilità e volontà. I secondi sono già per natura, per temperamento o, come si dice anche, per carattere, dei timidi, riservati, alieni dai contrasti, quietisti, aborrenti dal dolore e dallo sforzo.
D’altronde negli uni e negli altri accade di frequente che la depressione in un senso si accompagni a una sovreccitabilità in un altro. I soggetti moralmente deboli non sono affatto degl’insensibili, ma anzi spesso degl’ipersensibili, attraversati e dominati da turbe sentimentali incontrollate (collere, paure, angosce, ecc. ) o da stimoli esagerati e irresistibili. È questo anzi un carattere frequente della debolezza morale, in cui il giudizio critico intatto si accompagna con l’abbassamento dell’energia volitiva e inibitoria, il quale si rivela nell’incapacità tanto di autodeterminarsi, quanto di autoinibirsi. In ogni caso ne risulta una condotta sbagliata e dannosa a sé e agli altri, e che il soggettò stesso riconosce per tale.
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Sarebbe interessante esaminare come la letteratura abbia rappresentato dei soggetti malati di debolezza morale, senza dichiararli per tali, ma prelevandoli dall’esperienza comune, e descrivendoli quasi come sottovarietà del tipo medio normale. Amleto, Don Abbondio, il giovane Werther sono in fondo dei prototipi di malati di debolezza morale. Ché se nel primo prepondera l’angoscia del dubbio e nel secondo l’angoscia della paura e nel terzo l’angoscia della sfiducia e della disperazione, tutti e tre hanno in comune l’orrore della sofferenza e la tendenza a disertare la lotta.
Il trattamento pedagogico e psicoterapico dei singoli soggetti più o meno malati, è estremamente difficile. Non c’è, in fondo, soggetto meno « trattabile » del moralmente debole, il quale crede di difendere un suo particolare equilibrio.
Del resto la situazione del malato, se ha delle radici organiche profonde, rarissimamente può subire modificazioni di qualche rilievo.
C’è tuttavia una grande « media umana » che tende alla debolezza morale, senza giungere all’alterazione morbosa. Si tratta allora di una tendenza che può essere corretta principalmente mediante un trattamento collettivo.
Per cominciare è la concezione della vita che può influire grandemente sulla generale disposizione degli animi. Quando predomina un concetto edonistico della vita, a questo si associa immancabilmente anche la paura o la fobia del dolore. Una concezione stoica, impiantata sul dovere, è invece la più adatta a disporre gli animi alla lotta, alla sopportazione dei contrasti e delle privazioni, alla vittoria su se stessi e sul mondo. La disciplina morale dello stoicismo, compendiata nel precetto sustine et abstine, è certo la migliore scuola contro la debolezza morale.
Ma più ancora della concezione della vita, è la pratica collettiva che conta. La cultura positiva e associata d’ideali di forza, di robustezza morale, di sfida alla sofferenza, di attivismo contro il destino, di rinuncia volontaria e di sacrificio eroico, è la cura più radicale di tutte le disposizioni depressive e isolanti, di tutte le diserzioni e fughe.
Oggi l’educazione fascista è la più consentanea a creare universalmente le condizioni migliori della lotta collettiva e individuale per la vita, nella quale non c’è posto pei deboli. Essa riproduce lo stile romano per il quale era degno e bello: fortia agere et pati.
Questo senso diffuso di volontà e di comando su se stessi e sul destino è la migliore propedeutica alle grandi imprese storiche. Perciò il conflitto italo-abissino con tutte le sue conseguenze trova il popolo italiano moralmente e romanamente preparato.
Francesco Orestano.
Collezione: Diorama 04.02.36
Etichette: Francesco Orestano, Fuori Diorama
Citazione: Francesco Orestano, “La debolezza morale,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2250.