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Titolo: Vetrina delle novità

Autore: non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1936-06-26

Identificatore: 1936_67

Testo: Vetrina delle novità
UN SANTO ORATORE IN PIAZZA
Tra i pochi oratori italiani dell’Umanesimo che rimangono immuni dalla moda letteraria del tempo e non piegano la parola evangelica alle eleganze del periodo classico, sono San Bernardino da Siena e il Savonarola. Il Santo senese parla come vede e sente, mantiene costantemente i contatti con la vita e col popolo, e la sua innegabile cultura umanistica non lo fa’ mai deviare dal retto sentiero della eloquenza illuminata e schietta e del pensiero tradizionale. Se possiamo leggerlo, lo dobbiamo al fatto che durante la predicazione senese dell’agosto 1427 un cimatore di panni, Benedetto Bartolomei, trascrisse dalla viva voce del Santo le prediche mentre le pronunciava davanti al popolo nella piazza del Campo: egli le trascriveva su tavolette cerate con un sistema di brachigrafìa, o scrittura abbreviata, inventato da lui, e poi, tornato a casa, le ricopiava su cartapecora per disteso, interpretando e verificando tra l'altro le numerosissime citazioni latine. Le prediche a Siena durarono un mese e mezzo: si capisce dunque come dai contemporanei il lavoro di questo stenografo avanti lettera fosse creduto « ispirato da esso magno e grande Iddio ».
Quale sia il valore spirituale e politico dei testi bernardiniani è superfluo ripetere. Ma l’invito alla lettura delle Prediche volgari di San Bernardino da Siena, delle quali Piero Bargellini ha curato l’edizione per la collana classica Rizzoli (la prima completa dopo quella ormai introvabile del Banchi uscita tra il 1880 e il 1888), è per i buongustai della lingua un invito da raccogliere. Non puro divertimento filologico ed erudito codesta lettura. La lingua di Bernardino non è curiosità archeologica; è lingua in gran parte viva, e molte delle sue locuzioni pittoresche ed espressive e delle sue saporose parole possono ancora dare vivacità e scioltezza al nostro discorso, costituire una riserva aurea da rimettere gradualmente in valore col sigillo della giovinezza.
Qualche esempio di locuzioni e parole bernardiniane che potrebbero tornare senz’altro in fiore. Ad una donna che curi troppo l’acconciatura ancor oggi si addirebbero gli appellativi di civettata e lillata; e se perde il tempo all’uscio o alla finestra è veramente una portaiola o finestraiola; d’un uomo vano egli dice che è tutto pieno di chicchirichì; uno sguardo fugace è una miratura, e zambraca la donna disordinata e trascurata. Dice: a casa, per dire torniamo all’argomento; parlare alla pura per parlare con sincerità; paciozza per pace alla buona; dare l'anchetta per dare un colpo alla bilancia e farla andar giù; chiama belloccie le castagne cotte; citolino il bambino piccolo; falcola la favilla; pazzicone l’individuo pazzarellone; piccata il colpo di picca; busso il rumore del colpo; begole le chiacchiere e sciocchezze; botto la caduta con rumore; gargalone il gorgozzule. E ancora, usa zucheare per tentennare la testa, sgrifolare per sghignazzare, rimediare per mettere insieme, dibrucare per consumare e dilapidare, ingabbettare per far cadere uno con un colpo di piede; ed esclama eccetera ecceterone quando ha da sostenere una reticenza piena di significato.
Questi i primi esempi di locuzioni vive che ci son venuti sott’occhio ad apertura di pagina; e si potrebbero moltiplicare. Diceva Federico Tozzi, senese come lui, che la prosa di Bernardino « dovrebbe essere studiata proprio da noi moderni che cerchiamo nell’espressione e nello stile la liberazione dalle nostre sensazioni e dai nostri stati d’animo. Egli è in grado d’insegnarci come si possa scrivere senza velature e aggiunte di falsificazioni letterarie ».

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 26.06.36

Citazione: non firmato (Lorenzo Gigli), “Vetrina delle novità,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2283.