Diorama Letterario

Titolo: Narratori dell’ Ottocento

Autore: non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1938-12-21

Identificatore: 1937-38_89

Testo: IL LIBRO DELLA SETTIMANA
Narratori dell'Ottocento
Il fare un’antologia è meno che niente, si potrebbe dire parafrasando un emistichio del Giusti; tutto dipende dall’intelligenza e dal gusto di chi la fa, dal piano ch’egli si è disegnato e dai fini che si propone: i quali possono essere storici, estetici e pratici, o tutti e tre in una volta; e ad ogni modo devono trovarsi alla base dell’impresa, debitamente dichiarati; in mancanza di che non si esce dai consueti schemi didattici e commerciali della comune letteratura antologica. Mettendo insieme un’antologia di mille pagine di Racconti » novelle dell'Ottocento (ed. Sansoni, L. 30) Pietro Pancrazi ha mirato a un intento pratico («attraente e varia lettura ») ma senza perdere di vista gli altri intenti, i quali d’altronde, non realizzandosi il primo, verrebbero a cadere, col risultato di sciupare l’occasione di mettere a profitto un campo così vasto dell’arte narrativa, abbracciante il mezzo secolo che va dal Manzoni al D’Annunzio, particolarmente fruttuoso in fatto di romanzi, racconti, novelle e bozzetti: vi fiorirono il romanzo storico, il romanzo sociale, il romanzo introspettivo, il romanzo borghese, il romanzo naturalistico, il romanzo e racconto di costumi e di caratteri, quello di idee, quello estetico, quello umoristico... Sono altrettante etichette sulle quali anche il lettore mediocremente colto è in grado di scrivere dei nomi: Guerrazzi, Nievo, Rovani, Fogazzaro, Rovetta, Verga, De Marchi, Oriani, D’Annunzio, Dossi, Cantoni... Ma dietro di questi si raccoglie una schiera assai fitta di scrittori ch’ebbero molta fama al tempo loro e che oggi sono del tutto o quasi dimenticati. Il Pancrazi è andato a tirarli fuori dagli scaffali delle biblioteche, li ha rispolverati, ne ha scelto i passi che meglio sono adatti a illustrarne gli ideali e lo stile e li ha messi in bell’ordine nella sua antologia, dove, accanto ai più noti, figurano una cinquantina di altri scrittori generalmente obliati. In tutto, fra maggiori e minori, sono sessantacinque: si comincia con un capitolo del manzoniano Tommaso Grossi e si chiude il libro sulle prime pagine del dannunziano Piacere. Da Lucia Mondala ad Elena Muti... Cinquant’anni di romanzo, durante i quali il terreno narrativo fu lavorato da noi con più disciplina e continuità e collegamento che non si creda. « E se è vero, dice il Pancrazi, che l’esperienza dell’arte straniera c’entrò per qualcosa; e che l’esempio inglese incoraggiò il romanzo storico e il racconto umoristico, e che l’esempio francese giovò più che un po’ ai romanzieri naturalistici e psicologici, e che sulla fine del secolo entrarono nel giuoco da noi, come da per tutto, i russi; è anche vero che quegli esempi furono accolti, elaborati e assimilati da noi secondo uno spirito nostro, con nostri caratteri e con un rispetto, consapevole o no, della nostra tradizione letteraria, molto più vigile e attivo che non paia... ».
Bel tema per un critico. E parecchi altri ne suggerisce l’antologia del Pancrazi, mentre offre al lettore un’occasione delle più felici di rifarsi il palato e di intrattenere discorsi con gente che non conosceva e che gli si rivela subito aperta e cordiale. Scoperte? Non adoperiamo parole grosse. Anche se soffocate dalla polvere, le opere d’un padre Bresciani, di un Bini, d’un Pratesi, d’un Tarchetti, d’un Bandi, d’un Signorini non son più da scoprire. Ma il Pancrazi ci aiuta a riaccostarli, a rivederne le rispettive posizioni, a riconoscerli sotto aspetti diversi da quelli soliti, a precisarne la funzione e rapporto nel quadro della storia letteraria dell’Ottocento; continuatori d’una tradizione e anticipatori, in più d’un caso, di esperienze future.
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Pietro Pancrazi
(dis. di Sacchetti)