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Titolo: Eurialo De Michelis

Data: 1931-12-30

Identificatore: 242

Testo: GALLERIA

Eurialo De Michelis

Anche dopo il successo di Adamo (1930), che gli ha dischiuso le porte delle riviste maggiori, Eurialo De Michelis rimane fedele al suo garbato e signorile editore di provincia, dove si ha ancora il culto del libro stampato e presentato bene: così anche il secondo volume narrativo del De Michelis, dieci novelle intitolate Bugie, esce all’insegna vicentina di Ermes Jacchia, che nella città del Palladio e del Fogazzaro tira su pietra per pietra un, monumentino editoriale ben avviato. La prima di codeste novelle (Sirio) è un’esperienza di vita concentrata nel giro d'una cinquantina di pagine, ma densa di materia narrativa e di sostanza morale per un romanzo. Alberto ritrova una sera, sotto un fanale, un lustrascarpe nel quale riconosce un amico più, vecchio di lui, che già aveva circondato di quell'ammirazione tenera ed entusiasta che s'accende nei giovinetti come una malattia di stagione verso chi sembri impersonare ciò che essi stessi sognano di voler essere un giorno, e non nella vita pratica, sì nella loro fisonomia spirituale: così si ritrovano, e il perduto non riconosce l’altro; gli pulisce le scarpe e ne accetta la mercede; poi si separano e se ne vanno ognuno per il proprio destino ma in Alberto l’incontro tristissimo ha messo « una impossibile nostalgia di quel se stesso perduto, giovinetto generoso e tenero, con l'anima traboccante di sentimenti indicibili » che lo porta ad una conclusione più tormentosa di tutto quel tormentarsi a pensare. Tra le dieci novelle del De Michelis è questa la più caratteristica, una sorta di chiave del suo mondo psicologico e critico, della sua virtù d’introspezione, esercitata su piani autobiografici e intimi. La novella ci riporta dritto ad Adamo, un « journal intime » direbbero i francesi, una specie di allegoria d'una generazione colta nei riflessi e nelle reazioni d'una personalità che, a vent'anni, la vita non ha risparmiato; un libro dunque doloroso e crudele, ma anche un libro commovente, e insomma uno dei più significativi di questo ultimo biennio. Il De Michelis risolve la propria crisi disperata in uno slancio di umana pietà, flore che nasce in una stanza di sanatorio nelle prime luci dell'alba: è l'ambiente di sofferenza e di meditazione che consente allo scrittore di ripercorrere le tappe della propria vita e di vagliarne le miserie, gli scoramenti; le sconfitte, gli aneliti. Aver vent’anni e distaccarsi dal mondo, ecco un sacrificio che non passa senza lasciar tracce. Così in Adamo, accanto alla solidità dello scrittore, alla sua maturità che in certi momenti sorprende per quei tanto di nuovo e di ardito che porta nel campo analitico già scavato in profondità da Proust, da Joyce e da Svevo, ammiriamo ed amiamo l’uomo che si confessa con siffatta nobiltà di sentimenti e d’accenti. Adamo, pur essendo un portato dei tempi, un segno dell'epoca, è un libro personalissimo e inconfondibile, dove, l’introspezione si solleva dai suoi stati di gelida sublimazione, di virtuosismo senza incrinature, per attingere tremori di poesia. Parte dell’esperienza umana e autobiografica del romanzo è passata nelle novelle, e si pongano a raffronto certe pagine veneziane di quello con lo stupendo scorcio di Michele in maschera, dove il finale, crudamente veristico suggella con tono di dramma una modesta e puerile finzione. Qualcuno, crediamo, ci sarà grato d’avergli indicato i libri di Eurialo De Michelis; la cui bibliografia si completa con la raccolta di liriche Aver vent’anni (« Aver vent'anni è come dire al mondo: — Sono venuto e questo è il mio giardino ») e con una versione poetica gentilmente umanistica delle Egloghe virgiliane.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 30.12.31

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Citazione: “Eurialo De Michelis,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/242.