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Titolo: Leonardo poeta

Autore: Massimo Bontempelli

Data: 1939-01-18

Identificatore: 1939_48

Testo: Leonardo
poeta
Dobbiamo accogliere con molta gioia la scelta leonardiana che col titolo Leonardo omo sanza lettere Giuseppina Fumagalli pubblica a Firenze presso Sansoni, raccolta che va ad accostarsi alle precedenti (per non risalire al Du Fresne che dagli appunti di Leonardo ricavò il cosiddetto Trattato della pittura) del Richter, di Edmondo Solmi, di Luca Beltrami. E già un’altra scelta ci aveva data la Fumagalli, di carattere scolastico; e una nuova ne promette, che aspettiamo a gloria e si intitolerà I canti di Leonardo.
Intanto la raccolta d’oggi, molto ampia e bene ordinata di materia, e scelta con gusto e munita di note esplicative e di commenti estetici, è una fascinantissima lettura. Autobiografia ideale, La vera scienza (la scienza sperimentale, come naturalismo metafisico), Le maraviglie dell'universo, Visioni (naturalistiche, terrifiche, fiabesche, simboliche), La deità dell’arte, Il mondo quotidiano, Il mistero della vita umana, sono le tappe di questa esplorazione della Fumagalli nella immensa selva di figurazioni, interpretazioni, meditazioni, che Leonardo aveva accumulato per un suo « De rerum natura » che avrebbe dovuto riuscire il più vasto poema naturale cui poeta abbia mai sognato di mettere mano.
Perché mi è sempre piaciuto immaginare che da quel portentoso zibaldone (è opportunissimo richiamare per questo l’epiteto scelto da Leopardi) Leonardo vagheggiasse ricavare un’opera organica, un trattato poetico del genere dei poemi presocratici intorno alla natura: poema universale diretto a organare tutte le conoscenze e tutte le ipotesi intorno alla natura e all’uomo. Un dramma cosmico di cui gli oceani, le montagne, le costellazioni, gli elementi, fossero i primi personaggi; e il diluvio e le remote formazioni telluriche l’antefatto; e l’umanità con le sue leggi, le sue passioni e i suoi destini, il centro principale; e azione il volgere delle stagioni celesti e il perpetuarsi della vita; ed episodi ultimi tutti i più minuti congegni e le funzioni più riposte del corpo e dello spirito. Tirato dalla mia bramosa voglia, vago di vedere la gran commistione delle varie e strane forme fatte dalla artifiziosa natura, raggiratomi alquanto in fra gli ombrosi scogli, pervenni all’entrata di una gran caverna... L’anima di tutto il poema sarà l’acqua: l’acqua, che è una immagine del tempo: L’acqua che tocchi dei fiumi è l’ultima di quella che andò, e la prima di quella che viene: così il tempo (pare echeggiare Eraclito). Già Walter Pater ha fatto osservare come in tutti i quadri più celebri di Leonardo gli effetti più solenni dell’acqua in movimento dànno sempre il motivo di sfondo. E anche qui le masse dell’acqua e i corsi dei fiumi percorrono di una perenne inquietudine tutta la materia: corsi palesi che tengono in continua comunicazione il mare e la terra e ne modificano senza posa le sembianze, corsi sotterranei che rodono nel profondo e preparano cataclismi. Essa è che dà al cosmo la vita e lo fa simile all’uomo animato. Simiglianza che Leonardo persegue curiosamente in tutti i particolari. La terra ha un solido scheletro di pietre, un oceano che è come il lago del sangue intorno al cuore e con suoi flussi e riflussi rende immagine del pulsare d’un organo vitale; i fiumi si ramificano e scorrono come il sangue nelle vene.
Poi, l’uomo. Leonardo lo esamina in tutte le sue parti, scruta la vita d’ogni organo: la lingua, il cuore; l’occhio, specchio della bellezza dell’universo, strumento della rappresentazione di tutte le opere della natura, per la veduta delle quali l’anima sta contenta alle umane carceri. Segue così il congegno di tutti i sensi; poi l’anima con le sue passioni, il pensiero con le sue illusioni, la società con le sue vicende e le sue leggi. Alle contingenze, a ciò che non ha una impronta di eternità e di maraviglia, egli si mostra stranamente indifferente, le sorti pratiche dell’uomo non lo commuovono; nulla lo commuove, che non abbia dell’universale e del maraviglioso. Nel travaglio del suo tempo egli passa come una creatura fatta d’altra sostanza, gli uomini d’ogni giorno e i loro fatti scorrono tra le sue mani come strumenti d’una esperienza, come elementi d’un assaggio chimico o magico.
C’è realmente, nel poema quale intravediamo, un senso perenne di magia. Magia è il tentativo umano di collegamento tra il fisico e il metafisico. In Leonardo l’approfondimento del reale è in rapporto diretto con l’aspirazione all’ideale cioè alla conoscenza. Lui con una frase arriva alla soglia dell’idealismo puro, quando scrive: Il corpo nostro è sottoposto al cielo, e il cielo è sottoposto allo spirito. L’idealismo non ha fatto che sottrarre a questa catena l’anello di mezzo, il cielo. Questa è la magia di Leonardo, il senso del cielo. (La magia attuata l’aveva in orrore, e così gli astrologi; parlando del gallo, che chiama astrologo come annunziatore del giorno, dice con ostile intenzione: Tutti gli strolagi saran castrati, cioè i galletti).
Anche quando, addentrandosi nell’esame delle attività umane, Leonardo si trova a parlare dell’arte che più lo appassiona, la pittura, e a darne le norme precise, sembra sentire persino nella sua disquisizione tecnica, sia pure così piena di pregiudizi, intonazioni e sfumature di carattere religioso. Il poema anche è diffuso di aneddoti e favole, perché si rallegri; e di profezie, spesso sibilline, perché d’un tratto riacquisti colore di mistero. Qualche volta i più impensati e impensabili accostamenti ci daranno un brivido: Vedrannosi l’ossa de’ morti, con veloce moto, trattare la fortuna del suo motore: i dadi.
Alla soglia del poema naturale e sacro il poeta avrebbe raffigurato se stesso: piegato le mie reni in arco, e ferma la stanca mano sopra il ginocchio, e colla destra mi feci tenebre alle abbassate e chiuse ciglia. (Credo che invece di stanca intendesse scrivere manca).
Forse, s’egli lo avesse compiuto, il poema sarebbe riuscito una congerie grave, in cui la scienza ancora rudimentale, le vedute oltrepassate, certe imprecisioni, certi pregiudizi, talvolta anche il ricercato atteggiamento ermetico e magico, ci avrebbe fatto difficile scavare il buono e l’eterno delle divagazioni e delle illuminazioni poetiche. Cosi quale è giunta a noi, frammentaria e slegata, sentiamo l’opera più vicina e più nostra. Leonardo è un albero secolare, il cui tronco traversa il Rinascimento, ma le radici si perdono in terreni remotissimi e irritrovabili, e i rami ultimi forse portano gemme a tempi molto lontani nel futuro.
Massimo Bontempelli

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 18.01.39

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Citazione: Massimo Bontempelli, “Leonardo poeta,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2465.