Lettere in cucina (dettagli)
Titolo: Lettere in cucina
Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)
Data: 1939-01-18
Identificatore: 1939_53
Testo:
LETTERE IN CUCINA
Si deve dire culinario o cucinario? Abbiamo letto uno scritto di Ettore Allodoli in cui si sostiene la legittimità della seconda parola la quale deriva dalla latina coquina (pronunziata anche cocina in qualche momento della sua evoluzione fonetica) preesistente a culina che trovasi adoperata dai classici. La priorità di coquina (cocina) su culina è confermata da moltissimi grammatici edotti; e Nonnio (in Varrone) avverte: « culinam veteres coquinam dixerunt », cioè: gli antichi dissero coquina invece di culina. Donde la legittimità del derivato aggettivale coquinarias o cucinarius: e del resto si ricordi che il famoso testo di gastronomia di Apicio ha per titolo Ars coquinaria, arte cucinaria. Come molte altre parole (per esempio caballus e focus invece di equus e ignis, e oggi diciamo cavalcare e focoso e se adoperassimo equitare e igneo, più classiche, non tutti ci intenderebbero) anche coquina e coquinarius, nate col genio linguistico latino e anteriori alle equivalenti letterarie, riapparvero poi nei secoli in cui cadendo l’impero romano, la lingua si avviava a prendere le sue vive caratteristiche nazionali, nuove, italiane. Vada dunque per cucinario, vocabolo strettamente legato a cucina: e se qualcuno vi osserva che Cicerone diceva culinario, tanto peggio per Cicerone e per lui.
Le dotte e convincenti ragioni portate avanti dall'Allodoli (autore, col Trabalza, d’una diffusissima Grammatica italiana) le troverete a pag. 31 dell'Almanacco cucinario per l’anno XVII edito dalla « Scena Illustrata » di Firenze: utile e divertente antologia di scritti a carattere letterario-gastronomico firmati da molti insigni autori. A sostegno dell’Allodoli si affianca Massimo Bontempelli il quale già da tempo aveva adottato per conto suo l’aggettivo cucinario; mentre Alfredo Panzini, pur riconoscendo il cattivo suono di culinario e persuasiva la tesi allodoliana, si afferma attaccato all’uso « che è difficile estirpare con parole nuove » (scusate, Eccellenza, ma il Vangelo dice che, riconosciuto l'errore, il persistervi è diabolico... ).
Ma l'Almanacco non si esaurisce in schermaglie grammaticali e fonetiche. Esso è nato con uno scopo ben preciso, propone le linee d’un fondamentale rinnovamento, adeguato alle mutate condizioni e ai tempi, della cucina italiana in clima imperiale e in regime autarchico: la quale cucina d’ora innanzi dovrà dosarsi plasmarsi limitarsi a ciò che da noi si produce e nelle quantità da noi prodotte, e fornire al paese cibi poco costosi, appetitosi, rallegranti che permettano alle nuove generazioni di crescere sane liete e robuste senza preoccuparsi dell’adipe e degli acidi urici (il Manifesto cucinario di Marinetti pubblicato nella Gazzetta del Popolo era già arrivato a questa conclusione, proclamando appunto la necessità d’un’arte cucinaria nuova, cioè, italiana e imperiale).
Informato a questo programma, l’Almanacco della « Scena » alterna scritti vari e curiosi con ricette, consigli e via dicendo, e vi si incontrano ottime conoscenze in ogni ramo dell’attività nazionale.
Collezione: Diorama 18.01.39
Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Lettere in cucina,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2470.