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Titolo: I giuochi dei poveri

Autore: Cesare Zavattini

Data: 1931-12-23

Identificatore: 248

Testo: I giuochi dei poveri

Se io fossi ricco giocherei tanto volentieri al bridge, e alzandomi di mattina tardi vorrei che il grammofono suonasse nella mia camera: «Honolulu, Honolulu». Poi, alla sera, passerei molte ore in un dancing a guardare tra il fumo delle Muratti's le belle donne.

* * *

Un giorno passeggiavo con il mio bambino per le strade della periferia. Era un giorno sereno, i rumori si assopivano dolcemente nell’aria. Vidi un campo di tennis: sul terreno liscio gli uomini vestiti di bianco e le fanciulle correvano senza eco. Mi fermai a guardare. Pensavo: che morbidezza, che taglio perfetto. Potrei comperarne un paio, lo stipendio me lo consente. Ma proprio così io sentivo che non li avrei mai posseduti. Di quale strana stoffa erano i candidi pantaloni dei giocatori?

Mio figlio si era stancato, disse: « Papà, andiamo? ». Arrossii un poco e riprendemmo la nostra passeggiata.

***

Ho inventato alcuni giuochi, giuochi senza spese, da poveri (mio zio metteva di nascosto, tutti i giorni, sulle scale un cartoccino di sabbia. « Chi sarà, chi sarà? », domandavano gli inquilini. Quando mori, le ultime sue parole furono accompagnate da un sorriso: « Ero io... ).

Il primo di questi giuochi è molto facile, va fatto in casa nelle sere d'inverno.

Ecco: fingete di leggere il giornale mentre con la coda dell’occhio osservate vostra moglie. Appena vi sembri distratta, chiedetele a bruciapelo: « Che cosa pensi in questo momento? ». Vi guarderà sorpresa: « Ma... ». Allora gridate con voce severa: « Un’altra volta risponderai subito, lo esigo», (infatti è necessario che tra la domanda e la risposta non passi più di un secondo). Dopo un quarto d’ora — nel frattempo ella potrà aver dimenticato l’episodio — rivolgetele fulmineamente la stessa domanda. Vi appassionerete al gioco tanto che vi capiterà di mormorare tra voi: — Darei la vita per sapere che cosa pensa mia moglie in questo momento.

Ripeterete, dunque, la domanda a intervalli tempestivi tre quattro volte, forse invano, ma la mezzanotte giungerà in un baleno. Andrete a letto, ella si rannicchierà vicino a voi. Se è una sera di vento e di pioggia, meglio. Sottovoce, per non svegliare i bambini, ancora una volta le rivolgerete d'un tratto la domanda: « Che cosa pensi in questo momento? ».

***

Il secondo sarebbe il « giuoco della cerimonia ».

Quando vi capiti di essere a una cerimonia, approfittate del momento in cui il silenzio è profondo per dire forte una brutta parola (le vere brutte parole sono cinque o sei, perciò vi sarà facile la scelta). Subito dopo riprendete il vostro atteggiamento normale e osservate le persone.

* * *

Quest’altro è molto bello, secondo me. Salite le scale con il passo del forestiero (quella volta rincaserete più tardi del solito). Giunto davanti al vostro uscio, suonate il campanello. Vostra moglie correrà ad aprirvi, seguita dai figli. E’ un po’ seria per il ritardo, tutti hanno fame.

— Come mai? — vi domanda

— Buona sera, signora — levatevi il cappello e assumete un’aria rispettosa. — C’è il signor Zavattini? (o il signor ics, il signor ipsilon, s’intende).

— Su, su, il lesso è già freddo....

— Scusi, avrei bisogno di parlare don il signor Zavattini.

— Cesare, andiamo, vuoi sempre giocare...

Non muovetevi di un passo e dite:

— Evidentemente si tratta di un equivoco. Scusi, signora...

Vostra moglie si volterà di scatto, vi guarderà con gli occhi spalancati:

— Perché fai cosi?

Serio, state serio, e ripetete avviandovi giù per le scale: — Io cercavo il signor Zavattini.

Si farà un gran silenzio, udrete solo il rumore dei vostri passi. Anche i bambini sono restati fermi fermi. Vostra moglie vi raggiunge, vi abbraccia: « Cesare, Cesare... ». Ha le lacrime agli occhi, i bambini forse cominceranno a piangere. Scioglietevi con delicatezza dall’abbraccio, allontanatevi mormorando: « E' un equivoco, io cercavo il signor Zavattini ».

Rientrate in casa dopo una ventina di minuti fischiettando.

« Ho tardato tanto perché il capo ufficio... ». E raccontate una bugia, come nulla fosse avvenuto.

Vi piace? Un mio amico, cui l’avevo insegnato, a metà giuoco si mise a piangere dirottamente.

***

Non vi dà tristezza pensare: sono certo che morirò senza essere mai stato alle dodici e quarantacinque davanti a un negozio di mobili con un giornale sotto il braccio?

Oppure:... senza essere mai stato alle nove e dodici... eccetera?

(Le variazioni sono infinite, purtroppo).

Il signor Pears condivideva questi miei sconforti, anzi mi insegnò un giuoco che dà tanto sollievo. Anche stanotte alle tre e diciassette mi sono alzato, ho fatto tre giri intorno al tavolo, poi sono tornato a letto. * * *

Questo stesso signor Pears mi confidò che si divertiva molto a fingersi di quando in quando malato. Diceva: « In casa tutti camminano in punta di piedi, ogni tanto viene la moglie a guardare se dormi. Mangi un’ala di pollo, bevi il marsala, al mattino dopo vai in ufficio contento come un convalescente. Anche il direttore ti domanda battendoti una mano sulla spalla: — Come va, come va? ».

Cesare Zavattini.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 23.12.31

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Citazione: Cesare Zavattini, “I giuochi dei poveri,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 15 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/248.