Friedrich Bischoff (dettagli)
Titolo: Friedrich Bischoff
Autore: Bonaventura Tecchi
Data: 1939-02-22
Identificatore: 1939_89
Testo:
SCRITTORI TEDESCHI NUOVI
Friederich
Bischoff
Friedrich Bischoff è slesiano, nato sulle rive dell’Oder, nel cuore della Slesia. E questo è quasi dir tutto, o molto, per l’arte sua. Wo der Ostwind rauschend - Ueber die Wälder der Oder fährt, - Bin ich daheim; « Dove il vento dell’est rombando - passa sulle foreste dell’Oder - sono a casa mia ». Così incomincia il suo libro di versi: Schlesischer Psalter « Salterio slesiano », dove sono ricordati quasi tutti i grandi trapassati di quella regione: Martin Opitz, Andreas Gryphius, Angelo Silesius, Friedrich von Logau, J. Ch. Günther e anche il fratello di Gherardo Hauptmann, Carlo, morto qualche anno fa. Slesiani sono l’argomento, i luoghi, i personaggi, direi perfino la lingua (è fatto uso, qua e là, anche del dialetto) nei due ampi romanzi, che, più delle poesie, han dato fama in questi ultimi anni a Bischoff: Die goldenen Schlösser, « I castelli d’oro » e Das Wassermann « L’uomo d’acqua », editi tutti e due, come i versi, presso il Propyläen-Verlag di Berlino.
Certo sul regionalismo di Bischoff bisogna intendersi. Non è più il vecchio regionalismo e provincialismo di cinquanta, sessanta anni fa: che prendeva i suoi personaggi soprattutto dal ceto borghese, contemporaneo a quell’epoca, con quel di chiuso, di provinciale, e, si direbbe, di separatistico esso aveva in confronto alla spinta verso l’unità etnica e nazionale, cui segretamente, pure attraverso il processo della social-democrazia, la Germania tendeva. I personaggi di Bischoff sono quasi tutti gente del popolo, contadini operai mugnai, fabbri e, anche quando appartengono alle class! più umili della borghesia, essi son visti sempre come « popolo ». E se i fatti rappresentati sono avvenuti non molti decenni fa, tanto nel primo quanto nel secondo romanzo si vuole arrivare allo spirito originario della terra, della regione, non come spirito separatistico, ma come contributo alla configurazione del volto della patria comune: tanto è vero che in tutti e due i romanzi si ricorre, in maniera strana e sorprendente, pur ponendo l’azione quasi nel presente, a leggende antiche. Urdeutsch, cioè tedesco in senso originario, è stato detto uno di questi due romanzi, il primo; e in un certo senso è vero. Del resto non è da dimenticare la posizione speciale, geografica e storica, della Slesia in confronto al resto della Germania: terra di confine, verso l’est, popolata primieramente da Slavi, poi spesso contesa tra Tedeschi e Slavi, essa è pur la terra donde nel 1813, da Breslavia, suonò per primo l’appello alla riscossa contro Napoleone, che fu l’avvio verso l’unità nazionale.
Dicevamo che Bischoff introduce nei due romanzi un elemento non realistico: anzi francamente ultraumano, soprannaturale. E bisogna aggiungere che anche questa tendenza l’autore vorrebbe far credere dipenda dal carattere del suo popolo e della sua regione. « Di una terra dell’est sono io e ciò vuol dire: oscurato da fantasmi e solitario... », così canta di se stesso Bischoff in una delle poesie del Salterio. E nell'Uomo d’acqua: « Il paese è lontano dalle strade piene di rumore e dalle città, e i monti sopra di esso sono come oscurati dall’ira di Dio o d’un azzurro scintillante come l’eterna nostalgia di essere vicini a Lui... e la razza di uomini che vive qui si capisce come sia carica di un sangue preve e rivolta pensosamente verso l’interno, quasi fosse il midollo di quei secoli quando Tedeschi e poi Slavi e finalmente di nuovo i Tedeschi vi si insediarono». Senza dubbio nel forte sapore religioso e mistico che, nonostante certe grossolanità sensuali, pervade tutta l’opera di Bischoff, ci sarà qualche eco del grande secolo dello spiritualismo slesiano e specialmente di Angelo Silesius. E certo Friedrich Bischoff è, fra gli scrittori della nuova letteratura tedesca, quello che con più audacia, direi quasi con temerarietà, attinge dal mondo soprannaturale. Ma affermare che questa tendenza è tipicamente slesiana, in un paese come la Germania, dove l’elemento soprannaturale e leggendario ebbe sempre grande fioritura, sarebbe difficile. Caratteristico è poi che questo elemento nei libri di Bischoff sia quasi sempre rappresentato in figure di donna. Nei Castelli d’oro la protagonista è una bambina. Essa è trovata in una maniera misteriosa da alcuni uomini semplici, la sera dell’ultimo dell’anno, in mezzo ad una grande tempesta di neve, sull’orlo di un bosco. Non si sa di chi sia figlia, chi l'abbia portata fin lì: è quasi caduta dal cielo. La bambina cresce; da lei emana una forza misteriosa che incanta e insieme intriga quelli che le stanno vicino e fa soffrire lei stessa che, alla fine, incompresa, cacciata anche da colui che l’aveva adottata per figlia, sparisce di nuovo nel vento, nella tempesta, come era venuta. Nell’Uomo d’acqua c’è da principio una ragazza del mondo di tutti i giorni, sedotta da un giovane mugnaio. Essa perisce in uno straripamento di acque che aveva invaso una valle della Slesia, travolta nelle onde di un fiume, senza essere aiutata dal suo seduttore che forse avrebbe potuto salvarla, ma che forse anche voleva disfarsi di lei e del frutto dell’amore... Rimorso poi in luì e abbrutimento. Ma ecco che una bambina, che ha lo stesso nome, Anna, della sedotta e che nell’alluvione aveva perduto i suoi genitori, per uno strano fenomeno di reincarnazione e di sdoppiamento insieme, crede di essere l’Anna morta. Attraverso molte vicende, nelle quali entra anche un altro strano tipo di donna, la baronessa padrona del Castello, e un popolano, capo di una setta religiosa, il romanzo si avvia alla conclusione: secondo una leggenda slesiana « l’uomo d’acqua » sarà redento da una ragazza, « figlia di Dio». E il giovane mugnaio infatti, abbrutito e imbestialito dal rimorso, s’innamora della seconda Anna e lei di lui, e nel loro amore trovano la salvezza.
Come si vede, il punto forte è qui l’intreccio tra la realtà e il soprannaturale, la delicata sutura tra due mondi diversi; e qui anche dovrebbe cominciare il vero esame della critica. Questa sutura c’è? come è stata realizzata? o avviene uno strappo? Le ambizioni artistiche di Bischoff chiaramente sono espresse nei «motti», che egli fa precedere ai due romanzi: uno è di Novalis, l’altro di Jacob Böhme, e tutti e due dicono, infondo, la stessa cosa. Dice quello di Böhme: « Il mondo visibile con tutto il suo muoversi e il suo stare non è altro che un riflesso del mondo spirituale, nascosto nel primo: materiale ed elementare». E Novalis: « L’esterno è lo stato misterioso di un mondo interno superiore ». Ma Novalis e Böhme erano due mistici, filosofi e poeti che si esprimevano soprattutto in forma lirica, anche se il primo non sia stato alieno da narrazioni fantastiche. Per un romanziere invece come Bischoff, il quale, pur mettendo a base dei suoi romanzi un elemento irreale, non rinunzia alla descrizione di una realtà contingente, anzi di una terra e di una regione bene individuate, il compito è assai meno facile. Si ha spesso l’impressione, leggendo Bischoff, che l’autore giuochi su due piani diversi e che non sempre abbia trovato il punto di contatto. Forse i due piani sono troppo diversi, forse è mancata quella leggerezza e magari quella disinvoltura che in certi casi sono necessarie; e per palati italiani tutto ciò che dà troppo nel soprannaturale è spesso ostico... Vero è che nei Castelli d’oro, dopo avere introdotto l’arrivo misterioso della fanciulla, il racconto corre poi abbastanza liscio e, per tre quarti del romanzo, su binari quasi normali. Ma anche nell’Uomo d’acqua, che è libro più complicato e di maggiore ambizione, vi sono momenti nei quali si sente che la mano del romanziere e quella del poeta sono andate d’accordo. Specie quando l’elemento soprannaturale non entra direttamente ma è quasi un’eco che si ripercuote in un mondo ben disposto ad accoglierla; come per esempio avviene nelle pagine che descrivono la vecchia casa del giovane mugnaio: quella casa assediata, assordata dalle acque, dove i ricordi prendono facilmente l’aspetto di fantasmi e i colloqui tra il figlio, tormentato dal rimorso di non aver salvato dalle onde la giovane da lui sedotta, e il vecchio padre paralitico e sordo ma che pure indovina il dramma segreto del figliolo, hanno una risonanza profonda... Sono allora momenti di forte poesia, d’alta fantasia; in cui anche la lingua di Bischoff, che vuol essere popolaresca ed insieme pregnante, semplice eppur forte, raggiunge il suo scopo.
Bonaventura Tecchi
Collezione: Diorama 22.02.39
Etichette: Bonaventura Tecchi
Citazione: Bonaventura Tecchi, “Friedrich Bischoff,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2506.