Beta!
Passa al contenuto principale

Titolo: Le "Laudi" vertice poetico

Autore: non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1939-03-01

Identificatore: 1939_101

Testo: LE "LAUDI"
vertice poetico
Il primo libro delle Laudi (Maia, Laus Vitae) usciva nel 1903, sulle soglie del secolo. La data è fondamentale nella biografia e nella storia dell’evoluzione spirituale ed artistica di Gabriele d’Annunzio. L’Ottocento si chiude sui grandi romanzi del ciclo doloroso della Rosa e del ciclo fastoso del Melograno. Ha termine col Fuoco un periodo ed un’esperienza; e il passaggio alle opere successive non avviene per gradi, ma con uno stacco netto, con determinata violenza, alla quale presiede una volontà di rinnovamento che mira a un ideale eroico di vita e a una piena autonomia artistica.
Maturano tempi nuovi e fortunosi; il genio del poeta li presentisce ed avverte e si prepara al canto con altra cetra da quella donde aveva tratto le musiche delle sue poesie giovanili, orti fioriti di sentimento e di carnalità, balconi aperti sui miracolosi spettacoli della natura e su orizzonti accesi di magici colori. L’alba del nuovo secolo saluta un nuovo aedo, inventore di miti degni della civiltà che si prepara. La Laus Vitae annuncia il Novecento; e lo annuncia aprendo nel mare dei sogni tutte le vele per tutti gli approdi: novità e arditezza di disegno si alleano alla spregiudicata libertà dello stile poetico, il verso libero appare trattato con mano certa e dominatrice, e veramente viene rinnovata l’aria nei chiusi castelli della poesia italiana. Anticipatore dei movimenti che tra pochi anni metteranno a rumore il campo letterario, Gabriele d’Annunzio giganteggia sulla soglia del secolo, nel cui grembo sono custoditi i germi di quella rinascita della gente italiana alla quale egli darà tanto lievito spirituale e tanto contributo d’azione diretta, si che bastano tre lustri perchè l’ideale eroico si traduca nella magnifica realtà dei fatti.
Italiani, vi esortiamo alle Laudi, cioè alla poesia del maggiore interprete del nostro destino imperiale. Questo giorno in cui si ricorda il primo anniversario del suo transito è propizio alla lettura e alla meditazione dei canti in cui egli s’incoronò « di stelle e di vento » come un vate antico scelto dagli dèi per una missione di vita. E proprio per questo giorno è stata preparata, sotto gli auspici della Fondazione del Vittoriale, un’edizione (Mondadori) che riunisce in un unico volume di 1200 pagine i quattro libri delle Laudi (Maia, Elettra, Alcyone, Merope), preceduti da un « avvertimento » di Ugo Ojetti, il quale, trattando della poesia dannunziana, vi riscontra due filoni principali, l’amore di Roma (Roma e la donna, secondo D’Annunzio, due eternità) e l’amore di Patria; e consiglia il lettore di rifarsi, prima d’affrontare il monte della Laus Vitae, dal libro d’Alcyone e, mettiamo, da uno dei componimenti più noti, per esempio da quell’oleandro dove è ricostruito il mito di Dafne, la ninfa inseguita da Apollo e tramutata in alloro. « Qui D’Annunzio — scrive l’Ojetti — si pone ostentatamente nella fila della tradizione latina e italiana, come sempre gli è piaciuto di fare, non temendo il confronto d’alcuno, fosse anche solo nei titoli, dalle Vergini delle Rocce e dalla Gioconda a Fedra e a Francesca: titoli perciò anche troppo fulgenti e sonanti, quasi a sfida». Ascoltate il cùpido iddio che si dispera:
— Ahi lassa, Dafne, ch'arbore sei tutta... Poi, sotto i profondi cieli un alto silenzio tiene i luoghi:
Il bellissimo lauro è senza pianto; il dolore del dio s'inalza in canto. Ha ragione il commentatore: « Una così calda commozione e una così cordiale adesione della parola e della musica s’era più veduta in un dialogo d’amore dal Tasso in qua? ».
Rivivere il mito: ma non freddamente, da erudito e da esteta, si col cuore che batte nel profondo del petto. E bisogna intendersi sulla parola mito, che viene solitamente distorta dal suo senso antico e divino equiparandola alla leggenda e quasi alla favola. Gabriele d’Annunzio, invece, ha creduto nei miti, « non solo perchè era abruzzese e superstizioso come tutti i suoi amici sapevano anche prima che fosse rappresentata la Figlia di Jorio, ma perchè era poeta », come si vede nella Dafne dell’Oleandro e in altri cento esempi. Ed era un vigoroso poeta: «per lui il mito, se scritto e descritto, doveva essere una lucida allegoria, un’ombra del vero fatta, per via dell’arte, concreta quanto il vero, ordinata meglio del vero, quasi un modello d’apparenza platonicamente divina ».
Dafne, intanto, è il mito della donna punita d’aver rifiutato l'amore d’un dio: punita, e troppo tardi pentita. Si risveglierà poi in Versilia, e tornerà giovane, bella, desiderosa e imperiosa: un mito anche questo, meno velato. Donna dell'alba del mondo, Dafne; e donna d’una misteriosa presenza Emione della Pioggia nel pineto. Che cosa sia stata la donna per Gabriele d’Annunzio oggi che egli è morto si può cercar di capire soltanto dalle sue opere.
Gabriele d’Annunzio ha creduto anche nel proprio mito, nel mito che volle e seppe creare di sè. Molti suoi atti, veduti al lume dell’esperienza di poi, risultano preparati e coordinati a una chiara finalità. Quand’egli declamava nei teatri d’Italia la sua Canzone di Garibaldi presentando l’immagine raggiante dell’Eroe a una gioventù svagata dai richiami internazionali, chi poteva pensare che dopo un decennio egli avrebbe scritto le Canzoni d’oltremare per cantar la gesta libica, e che poi si sarebbe fatto combattente nella grande guerra e infine avrebbe occupata per due anni Fiume anticipando con un atto di forza la revisione della pace ingiusta? Ma il mito d’un D’Annunzio eroico, d’un Ariel armato, preesisteva al discorso di Quarto, alla guerra, alla marcia di Ronchi, alla medaglia d’oro; e dalle Odi navali al Canto augurale per la Nazione eletta questo mito era ben delineato e dichiarato.
Nessuno aveva voluto credergli. Era sembrato un vezzo e un vanto di conquistatore di donne, non di conquistatore di città. Vani conati, dissero, d’inquadrarsi nella storia. Oggi sappiamo il posto di Gabriele d’Annunzio anche nella storia politica della Patria.
*
Prima cartella della tragedia Isabella Orsini che non fu mai scritta

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 01.03.39

Etichette:

Citazione: non firmato (Lorenzo Gigli), “Le "Laudi" vertice poetico,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 23 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2518.