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Titolo: Persino i francesi fanno i "gentlemen"

Autore: Sandro Volta

Data: 1939-03-08

Identificatore: 1939_109

Testo: INCHIESTA SUL CANALE DI SUEZ
Persino i francesi fanno i "gentlemen"
disse il vecchio Residente britannico a proposito degli impiegati che giuocano a golf e vanno a cavallo pei viali del parco di Ismailia
(Dal nostro inviato speciale)
Ismailia, marzo
Il vecchio colonnello inglese appassionato d’archeologia era ritornato in Egitto, dove era già stato durante la grande guerra ai comando di un reparto di indiani, subito dopo essere collocato a riposo. Da principio aveva intenzione di fare un rapido viaggio lungo la valle del Nilo per visitare i principali scavi e spingersi fino a Luxor o, al massimo, fino alla frontiera sudanese, ma poi, sempre rimandando di settimana in settimana il ritorno in patria, aveva finito per appassionarsi al paese e ormai viveva da diciott’anni in una villetta nei dintorni del Cairo.
Una curiosa colonia
Viveva in una villetta che si era fatto costruire in quella zona tutta verde che il fiume periodicamente allaga, proprio alle porte della città, sulla strada che porta alle piramidi, e vi raccoglieva preziose statuette di bronzo venute fuori dalle tombe delle antiche dinastie. Coltivava anche, nel giardino, rarissime varietà di ortensie, e, secondo una voce assai diffusa negli ambienti del Corpo Diplomatico, coltivava pure l’amicizia con certi misteriosi arabi e raccoglieva qualche informazione che poteva riuscire abbastanza utile all'Intelligence Service, ma questa voce era probabilmente soltanto una maldicenza, in ogni caso ufficialmente si parlava di lui come di « un vecchio signore molto rispettabile che ha la mania della floricoltura e dell’arte antica ».
È in questa qualità che noi facemmo la sua conoscenza e che, durante il nostro soggiorno al Cairo, fummo invitati qualche volta a prendere il tè nella villetta all’ombra delle piramidi dove si parlava di Seti di Ramsete e di Tutankhamon. Ogni riferimento politico d’attualità era escluso dalle conversazioni col vecchio colonnello il quale sembrava non avere ormai altro interesse che per le sue antiche mummie, e fu soltanto durante la nostra ultima visita, quando ci congedammo da lui prima di partire per la zona del Canale, che il vecchio colonnello ci disse con un tono ironico che ci lasciò non poco stupefatti:
— A Ismailia vedrete una cosa molto curiosa. A Ismailia vedrete dei francesi che vivono in colonia senza la sporcizia, senza il disordine, senza la cialtroneria di tutte le colonie francesi. Voi potrete girare mezzo mondo, dall'Algeria alla Costa dei Somali, dal Sahara alla Cocincina, potrete visitare i presidi francesi del deserto o le popolose concessioni asiatiche, ma una sola città coloniale francese troverete dove si possa vivere decentemente: Ismailia.
Era chiaro che il vecchio colonnello in ritiro aveva poca simpatia per la Francia alleata e volle che ne fossimo sempre più convinti poiché aggiunse:
— Il Canale di Suez! Giudicherete voi stesso sul posto quanto sia francese quest’opera, costruita dall’ingegno e dal lavoro italiano e difesa dalle baionette britanniche. Ma una cosa è certa: i francesi hanno saputo molto bene organizzare la propria vita a Ismailia godendosi gli stipendi favolosi della Compagnie Universelle, i francesi, che in tutti i paesi del mondo e sotto tutti climi, vivono sordidamente schiavi delle più grette avarizie, a Ismailia se la passano invece da gran signori.
No, il vecchio colonnello non aveva proprio simpatia alcuna per la Francia alleata e lo sottolineò ancora nella battuta finale:
— A Ismailia voi potrete assistere a un miracolo: quello di scambiare dei francesi per degli autentici gentlemen!
La solidarietà degli stipendi
Queste parole ci ritornavano alla mente stamani quando, lasciata la strada che fiancheggia il Canale, la nostra automobile ha imboccato i viali che attraversano i parchi fioriti e perfettamente curati della città di Ismailia. Un ordine, un’aria di conforto e di benessere si respira in questa città venuta su in pochi anni in mezzo al deserto, meravigliosa apparizione per chi vi arriva dalle strade desolate del deserto dopo avere lasciato il mondo levantino di Porto Said.
Costruita alle spalle di quei traffici transatlantici nei quali la Francia porta un contributo minimo, Ismailia è una città francese pur essendo in territorio egiziano: ad eccezione del Commissario di Polizia, il quale d’altronde non muove foglia senza che la Compagnie non voglia, tutti i servizi pubblici sono difatti gestiti dai francesi i quali bisogna dire che ne hanno fatto un’organizzazione perfetta e senza badare a spese.
Eden dei funzionari, paradiso terrestre degli arraffatori di impiego, una solidarietà rarissima lega tutti i francesi di Ismailia, per cui certi tipacci di agitatori sovversivi che hanno ottenuto il posto per essersi prodigati quali galoppini elettorali di qualche deputato del Front Populaire mantengono le più cordiali relazioni con duchi e visconti abbonati all’Action Française una rarissima solidarietà che ha per base la difesa degli alti stipendi e il modo migliore per goderseli.
Un povero diavolo nato per fare tutta la vita il maestro elementare in qualche sperduta provincia francese, se fa tanto di arrivare qui, valendosi magari della raccomandazione di un cognato cronista al Popu, compra subito la Ford 8 cilindri, poi manda le figlie a giuocare a tennis con gli ufficiali inglesi del prossimo campo di aviazione, e finalmente sente il bisogno di vestirsi a scacchi per andare tutte le mattine sul campo di golf. E tuttoció è assolutamente naturale perchè, anche senza parlare degli stipendi di centinaia di migliaia di franchi che si beccano i dirigenti, qualunque impiegatuccio, qualunque insignificante passacarte che guadagnerebbe a Parigi appena un migliaio di franchi, ha a Ismailia uno stipendio minimo di quarantacinque sterline al mese, senza contare i diritti alla pensione, la partecipazione agli utili e gli altri privilegi pei quali vi sono dei semplici fattorini che lasciano la Compagnie con più di mezzo milione di risparmi.
Chi lavora per tutti
— A Ismalia perfino i francesi possono sembrare dei gentlemen, — aveva detto il vecchio colonnello inglese con un sorriso ddi scherno che gli aveva segnato infinite piccole rughe sulla faccia incartapecorita. Ora noi li abbiamo visti questi gentlemen di Ismailia: li abbiamo visti a cavallo dei cavallini arabi trotterellare nei parchi silenziosi irrigati artificialmente, li abbiamo visti giuocare a bridge nel loro club dove tutti parlano a bassa voce ostentando una flemma anglosassone, li abbiamo visti passare seguili dal boy indigeno che portava le mazze del golf, li abbiamo visti mentre si facevano servire il cocktail sulle verande delle loro ville lussuose, li abbiamo visti a tutte le ore di una giornata presa da infinite occupazioni snobistiche, e non siamo riusciti a capire quando rimanesse loro un po’ di tempo per andare all’ufficio a compiere le proprie funzioni di impiegati.
Ma all’ufficio, a quéi bassi uffici di legno della Compagnie che sono rimasti l’unica casa modesta della favolosa Ismailia, gli impiegati francesi si vedono di rado: si e no se fanno atto di presenza verso mezzogiorno, costretti a dover scappare subito via per i troppi obblighi mondani. All’ufficio quel tanto di lavoro necessario lo fanno impiegati di altre nazionalità, e specialmente gli italiani e i greci, impiegati che non hanno ancora imparato a giuocare a golf perchè se ne stanno a riempire pagine di registro dalla mattina alla sera. Sono gli impiegati migliori, greci e italiani, pochi in proporzione agli organici della Compagnie, ma sufficienti per mandare avanti il lavoro da soli.
I francesi, sì, a Ismailia hanno imparato a farsi scambiare per gentlemen, ma non hanno imparato a lavorare per guadagnarsi lo stipendio e preferiscono vivere alle spalle del lavoro altrui.
Sandro Volta
Gli uffici della Compagnia del Canale a Porto Said.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 08.03.39

Citazione: Sandro Volta, “Persino i francesi fanno i "gentlemen",” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2526.