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Titolo: Un'"ode" torinese che Carducci non scrisse

Autore: Giosué Carducci

Data: 1931-07-01

Identificatore: 31

Testo: Un’“ode" torinese che Carducci non scrisse

Nel fascicolo che esce di questi giorni, la Nuova Antologia pubblica nuove lettere di Giosuè Carducci. Di eccezionale interesse, le lettere sono indirizzate agli amici Pietro, Cesira e Vito Siciliani. Tra i tratti confidenziali e qualche volta fin burloni che allietano questo carteggio balena ogni tanto con indomabile efficacia il fiero carattere del maremmano , insofferente di ogni bassezza e volgarità, e sempre pronto a prendere fuoco per le cause più sante.

Tra le altre lettere ce n’è una in cui il dolore e lo sdegno del patriota esplodono con una magnanima violenza e che pur si sente piena di vere e cocentissime lagrime e certo può figurare tra le più belle di tutto L'epistolario carducciano per tanta parte ancora inesplorato.

Erano i tristissimi giorni del maggio ’98. La lettera è del giorno 10, datata da Torino. Il 9 si era chiuso a Milano il tragico bilancio delle tre giornate di sommossa: quasi cento morti e cinquanta feriti. L’animo del Poeta era conturbato dallo sciagurato spettacolo di delinquenza sediziosa e di viltà governativa e parlamentare che disonorava in quel momento l’Italia.

La signora Cesira Pozzolini Siciliani, fiorentina, appartenente ad una famiglia di nòbili patrioti, di colto e vivace ingegno, dotata di felici attitudini letterarie e che aveva col poeta una rispettosa confidenza, aveva scritto in quei giorni da Firenze al Carducci esortandolo a comporre una delle sue grandi odi civili per la ricorrenza cinquantenaria del Parlamento che Torino si apprestava a commemorare con solenni festeggiamenti. Il Poeta risponde con parole di rovente sdegno che forse valgono l’ode che egli non scrisse. Vi tuona la voce più pura della coscienza nazionale.

Ecco la lettera:

Alla Gentil Donna

Signora Cesira Siciliani Pozzolini

Firenze

Cara Signora,

ma che canti! che feste!

Quando il Re è costretto di commemorare il cinquantesimo anno dell'apertura del Parlamento italiano con lo stato d'assedio in mezza Italia e tra gli echi del cannone per le vie di Milano, non so qual più sia nel mio cuore se l'ira o il disprezzo o la rabbia contro quella codarda manata di gente che sorta dalla sedizione nell'ora della sciagura nazionale impose alla patria l'umiliazione, le chiese il sacrificio di ogni dignità promettendole la prosperità e la pace e l'ha condotta alla fame e all'anarchia del sangue e del saccheggio. E vogliono star ancora su e i buoni non trovano uno scatto di indignazione per impor loro. Finitela buffoni sanguinosi. Non potendo esser io fuoco per purificare e vendicare la patria, ed essendo solamente quel che sono, un pover'uomo, vorrei morire. Ecco. Mi lascino stare.

Giosuè Carducci.

Torino, 10 maggio 1898.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 01.07.31

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Citazione: Giosué Carducci, “Un'"ode" torinese che Carducci non scrisse,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/31.