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Titolo: Visita al grande scrittore

Autore: Ercole Patti

Data: 1932-01-06

Identificatore: 1932_68

Testo: Visita
al grande scrittore
Una bella mattina di primavera Peppino, accompagnato dal barone Liniti-Patrizi, si presentò al portiere dello stabile in cui abitava lo scrittore De Flavis.
Il famoso psicologo occupava un appartamento del sesto piano. Il Liniti-Patrizi chiese al portiere il permesso di servirsi dell’ascensore.
— L’ascensore — rispose con tono ammonitore il portiere, un bell’uomo sulla quarantina, accuratamente sbarbato — è riservato ai soli inquilini. Lei deve andare su a piedi. Intanto che sale mi faccia la cortesia di consegnare questi giornali e queste cartoline all’inquilino del secondo piano, prima porta a destra, e queste lettere al terzo piano, seconda porta a sinistra. Tanto a lei viene di passaggio. Mi raccomando, non faccia confusioni e non scambi la corrispondenza. Dato che ci si trova, bussi pure all’interno nove, terzo piano, e chieda della cameriera, alla quale mi farà il piacene di dire che il ragazzo non è ancora venuto e che per quella cosa che sa lei restiamo intesi. Ha capito?
Soggiogato dall’aria autorevole del portiere, il vecchio gentiluomo prese senza fiatare la corrispondenza e, aiutato da Peppino, esegui a puntino le istruzioni ricevute.
Lo scrittore De Flavis se ne stava sprofondato in un’ampia poltrona di cuoio situata accanto alla finestra. All’entrare dei due visitatori alzò il capo e, fatto un cenno di saluto, disse: — Salve.
Poi tacque lungamente.
— Disturbiamo? — chiese il barone prendendo posto sulla sedia che il celebre psicologo gli indicava.
Il grande scandagliatore di anime fece cenno di no. Ci fu un altro silenzio lungo e penoso.
— Che cosa faceva di bello? — chiese infine il Liniti-Patrizi.
— Inseguivo fantasmi d’arte, al solito — rispose con un mesto sorriso De Flavis.
— E quanti ne ha afferrati? — scappò detto a Peppino.
Il barone, trovando la domanda indiscreta, rivolse un’occhiataccia al giovane. Ma il grande psicologo non mostrò di offendersi.
— Pochi, caro il mio giovane — rispose. — La stagione è brutta. Stamani ne avevo avvistati un paio. Li ho inseguiti lungamente, ma alla fine mi sono sfuggiti. Per tutta la giornata non ne ho più visti.
— Se ne vedono molti da queste parti? — azzardò ancora Peppino.
Il barone lo fulminò con un’occhiata.
— La mia vita — cominciò a dire De Flavis con voce lenta e armoniosa senza raccogliere la domanda di Peppino — trascorre così, protesa in un perenne anelito di elevazione. Adesso sto lavorando attorno ad un romanzo in cui è mia intenzione mettere a nudo, fino a farmi male, spietatamente, senza falsi pudori o tentennamenti, l’anima di una donna. E’ un processo, dirò così, di escavazione nel mio passato e in quello delle donne che amai e non conobbi, che conobbi e non amai, che non conobbi e non amai. Perché, a loro posso dirlo, il mio dramma sta tutto qui: nel non poter amare le donne che mai conobbi e nel desiderare di amare le donne che non ebbi. La nostra vita si consuma in questo spasimo continuo, in questa ricerca vana. Tirate le somme, io non amai nessuno e non ebbi nessuno. Ma le donne del mio sogno io le amai tutte pur non avendole. E perché non le ebbi? Perché non le avrei potute amare. E’dunque?
Dando di gomito a Peppino, il barone gli sussurrò:
— Apprendi, apprendi, o giovine inesperto.
— Mai! — ruggì il grande scrittore.
— Neanche la notte?
— Neanche la notte!
— Neanche all’ora di pranzo?
— Neanche!
— Cosicché — interloquì il barone — per occultare il groppo ella sarà — La donna — continuò il celebre scrittore — ha una psicologia assai complessa e, mi si passi la parola, poliedrica. Chi riuscirà mai a decifrare la psiche femminile? Chi sarà buono a veder chiaro in quel pozzo senza fondo che è l’animo muliebre?
— Lei, lei! — gridarono il barone e Peppino.
— Troppo gentili, grazie — si schermi lo scrittore.
— Cosicché — disse il barone — lei ha sempre il suo dramma intimo.
— Non solo il dramma intimo — replicò vivacemente il grande scandàgliatore di anime —, ma ho altresì il pathos. Inoltre ho la maschera. Una maschera sotto la quale nascondo il mio vero volto. Vogliono vederla? — il grande scrittore si guardò intorno. — Non so dove s’è andata a cacciare. I figli della portinaia mi mettono la casa sottosopra. Io rido, si, io rido, ah! ah! ah! — ghignò orribilmente il De Flavis —, ma sotto questo riso la mia vera anima piange. Sotto questo riso io nascondo un groppo di pianto. Per questo motivo mi trovo obbligato, mio malgrado, a ghignare dalla mattina alla sera.
— E’ spaventoso! — mormorò Peppino rabbrividendo. — E questo groppo di pianto non la abbandona mai?
costretta a ghignare molto spesso.
— E' ovvio.
— Dev’essere una fatica massacrante!
— Quale situazione incresciosa! — Commentò Peppino. — Però com’è interessante la vita dei grandi creatori! E, ci dica, che cosa stava facendo quando siamo entrati noi?
— Che domande! — si spazienti De Flavis. — Mi pare di averlo già detto. Ghignavo.
— Siamo dolenti di averla disturbata — si scusò il barone.
— Oh, non fa nulla! — rispose il celebre psicologo. — Di tanto in tanto un po’ di riposo mi è necessario. Se dovessi ghignare ininterrottamente starei fresco.
— Non vorremmo rubarle oltre del tempo prezioso — disse il barone alzandosi. — Questo giovanòtto, che muove adesso i primi passi nell’aspro cammino dell’arte, ha bisogno dei suoi consigli, che gli saranno preziosi. Se lei permette egli verrà, di tanto in tanto, a trovarla.
— Benissimo — rispose De Flavis. — Venga tutti i giorni, dalle otto alle nove del mattino.
Con queste parole il colloquio col grande scrittore ebbe termine. Il barone e Peppino si congedarono. Giunti sul pianerottolo li raggiunse l’eco di una lugubre sghignazzata. Era il famoso psicologo che aveva ripreso a ghignare irridendo alla vita.
*
Alle otto del mattino seguente Peppino bussò alla porta dello scrittore
De Flavis. Gli venne ad aprire il grande scandagliatore di anime in persona.
— Mi faccia il piacere — disse il celebrato psicologo non appena Peppino ebbe varcato la soglia — di andarmi a comprare una boccetta d’inchiostro verde. La mia sensibilità squisita e malata e il mio raffinato senso estetico mi impediscono di scrivere con dell’inchiostro che non sia verde. Intanto che ci si trova mi compri pure mezzo chilo di rigatoni, un etto di burro, un etto di filetto di vitello, oppure un poco di pesce, purché sia fresco. Veda pure di comprare un po’ di frutta (pere, mele o anche fichi, si regoli lei). Un chilo di pane, duecento grammi di groviera. Se ci sono dei peperoni ne prenda un paio. Compri pure un fiasco di Frascati sulla vena. Ma è meglio che prenda qualche appunto, altrimenti non potrà tenere in mente tutto. Vada intanto in cucina a prendersi la sporta della spesa. Su, svelto. Eccole cinquanta lire. Mi porti il conto e attento ai soldi falsi.
Sebbene leggermente sorpreso, Peppino eseguì diligentemente gli ordini e mezz’ora dopo si presentò al celebre scrittore con la spesa.
— Benissimo — disse il grande scandagliatore di anime dopo di aver controllato accuratamente ogni cosa. — Adesso può andare. Vada in giro. Osservi la vita, che è la migliore maestra per uno scrittore. Osservi e non si lasci sfuggire nulla. Ci vedremo domani alle otto.
Ercole Patti.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 06.01.32

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Citazione: Ercole Patti, “Visita al grande scrittore,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/324.