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Titolo: Una parola al giorno: Vermouth

Autore: Paolo Monelli

Data: 1932-03-30

Identificatore: 1932_156

Testo: Una parola al giorno
Vermouth
Cambiare nome al dolce nettare torinese, gloria della città subalpina, cosicché attesterò basta ordinare un Torino per essere serviti? Non fia mai. Qui siamo anche noi contro i puristi; il vermut e il vermuttino restino vermut e vermuttino. L’unica cosa da fare è scriverne il nome così all'italiana, e non alla francese. Il vino drogato torinese infatti si chiama così dalla parola tedesca wermut (antica grafia tedesca wermuth) che significa in quella lingua assenzio; ed anche amarezza d’animo. (Ai tristi tempi dell' inflazione a Berlino ci fu un borgomastro che si chiamava proprio così: Herr Wermuth, signor Amarezza). I francesi, per potere pronunciare l'u tedesco, dovettero naturalmente, scrivere vermouth; e noialtri — al solito — abbiamo preso il nome tedesco di seconda mano, col bel risultato che alcuno oggi pronuncia vermout con tanto di dittongo.
Morale: o tornare alla grafia tedesca, col doppio v, e pare inutile; o scrivere il nome come lo si pronuncia, vermut e magariddio vermutte come i toscani. E non andiamo a strologare altre parole per troppo pedante ricerca di purezza.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 30.03.32

Etichette:

Citazione: Paolo Monelli, “Una parola al giorno: Vermouth,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/412.