Giuseppe Ungaretti (dettagli)
Titolo: Giuseppe Ungaretti
Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)
Data: 1931-06-17
Identificatore: 66
Testo:
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Giuseppe Ungaretti
Onorare l'opera dei poeti contemporanei ponendo a sussidio della nobile poesia le finezze e il decoro dell'arte della stampa è il programma annuncialo or è un anno dall'editore milanese Giulio Preda e svolto sinora con quattro volumi (carta speciale, 999 esemplari numerati), che rappresentano quattro individualità liriche formale e riconoscibili: Bacchelli, Palazzeschi, Balsamo-Crivelli e Ungaretti. Ungaretti ha scelto per titolo del suo diario lirico L'Allegria, rammentante, articolo in più e determinazione in meno, L’Allegria di naufragi, che uscì nel 1919 presso Vallecchi e assicurò al poeta una fama un poco più vasta di quella che gli avevan potuto dare gli ottanta esemplari del Porto sepolto, stampati tre anni prima e finiti tra le mani di pochi, eletti. Il Porto sepolto ebbe poi una nuova ristampa, con altre poesie, nel 1923, in un'edizione di lusso, presentata da Benito Mussolini. L’edizione definitiva 1931 raccoglie tutta la produzione poetica ungarettiana tra il '14 e il ’19, tra Lacerba e Versaglia, divisa in cinque gruppi: in tutto 160 pagine, un buon quarto delle quali, tra titoli e risguardi, bianche. « Lontano lontano — come un cieco — m'hanno portato per mano ». « Il cielo pone in capo — ai minareti — ghirlandette di lumini », « Balaustrata di brezza — per appoggiare la malinconia — stasera ». « Si sta — come d’autunno — sugli alberi — le foglie »: tre, quattro versetti, poche parole, spesso una sola nel centro dell'immagine, e il momento poetico è fissato. In un'epigrafe di tre versi, sostantivo, indicativo, gerundio, Ungaretti, incide la morale del suo tardo romanticismo rassegnato: « La morte — si sconta — vivendo ». Quel che forma la suggestione del mondo lirico ungarettiano è lo stato di grazia dal quale nasce: stato di grazia che è, direbbe Bontempelli, la condizione necessaria per, tentare le interpretazioni accorate e semplicemente umane degli aspetti della vita. Autentica poesia, incanto ed evasione su ponti di nostalgia e di fantasia, verso i paesi azzurri dove i veri poeti hanno il loro regno dall'alba del mondo. I dati biografici d'Ungaretti (nato nel 1888 in Egitto da genitori toscani, nomade e inquieto, cresciuto sui testi poetici francesi, ritornato in Italia per la guerra), sommariamente sfruttati, e il frammentismo formale del suo schema strofico veduto dall’esterno hanno impedito a più d'un lettore di accorgersi della reale autonomia morale e stilistica e della originale atmosfera lirica del mondo ungarettiano. Taluno ha scambiato per freddezza e artificio, preziosismo e immobilità, quello ch’è invece il carattere della lirica d'Ungaretti, privilegio di pochi: la possibilità di rendere il senso di stupore del poeta di fronte agli aspetti universali della natura e della storia, e di condensare stati d'animo essenziali in notazioni liriche che diventano talvolta pura musica interiore. A pagina 73 del volumetto prediano si legge un canto di poche strofe, I fiumi, che conta già nelle avventure della poesia europea di questo primo quarto di secolo. « Egli si è maturato uomo in mezzo ad avvenimenti straordinari ai quali non è mai stato estraneo » confessa Ungaretti di sè; e non so quanti altri abbiano come lui saputo accordare la universalità della guerra con la loro voce personale: « nelle proporzioni dei propri tempi », avverte ancora il poeta. E allora leggiamo l’una dopo l’altra la lirica Popolo, dedicata fin dal 1919 al Duce, e quella che apre il Porto sepolto e canta d'uno che non avendo più patria s’uccise « e non sapeva — sciogliere — il canto — del suo abbandono ».
(Disegno di Bartoli).
Collezione: Diorama 17.06.31
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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Giuseppe Ungaretti,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/66.