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Titolo: Mi è concesso interloquire per fatto personale?

Autore: Achille Campanile, Onorato

Data: 1931-06-24

Identificatore: 65

Testo: Mi è concesso interloquire

per fatto personale?

In uno degli ultimi « Fuorisacco » della Gazzetta del Popolo (30 maggio 1931) c’era un graziosissimo raccontino di Pietro Solari, che terminava col descrivere un ragazzo che tiene in mano due serpenti e grida:

— Papà, mi scappa la biscia.

Potenza delle coincidenze! Il 3 agosto 1925 io avevo stampato nel « Tevere » di Roma questa tragedia in due battute:

L 'INCANTATORE DI SERPENTI (al pubblico) — Signori, sono costretto a sospendere la rappresentazione perchè mi scappa la biscia.

(Sipario)

Senza dubbio, il mio carissimo amico Solari non aveva letto questa tragedia e ciò spiega la coincidenza. Niente di strano se anche a lui è scappata la biscia. A tutti può scappare la biscia. Ma vorrei prendere lo spunto da questa involontaria coincidenza, per parlare di alcune coincidenze volontarie. Quasi non passa giorno senza che mi capiti di scoprirne qualcuna. E sì che le scoperte avvengono per caso.

* * *

Nel 1926, io, nella « Fiera Letteraria », nella « Tribuna » e altrove, pubblicavo:

Tragedia in due battute CHE FAI TU, LUNA?

Personaggi:

Il pastore errante nell’Asia.

La luna.

(Un luogo deserto in Asia. Notte. La luna brilla nel cielo. All’ alzarsi del telone, il pastore errante erra).

Il Pastore (guardando la luna) — Che fai tu, luna, in ciel, dimmi che fai, silenziosa luna?

La luna — Ma che è questo « tu »? Quando mai abbiamo mangiato alla stessa taverna?

(Sipario)

Il 22 ottobre 1927, nel giornale « Caratula» di Buenos Aires:

Tragedias en dos tiempos OH, TU, LUNA!...

Personaies

El Pastor errabundo y la Luna.

(Una localidad desierta del Asia. Noche. La luna coquetea desde el cielo. Al levantarse el telòn el pastor errabundo erra).

El pastor (mirando la luna) — Qué haces tu, luna, en el cielo, dime qué haces, silenciosa luna?

La luna — Pero qué es este « tu »? No recuerdo haber comido contigo en ninguna taberna...

Telon

Io non so lo spagnolo, ma mi par di capire, a occhio e croce, che c’è una certa somiglianza con la mia tragedia in due battute. L’unica differenza è che manca il mio nome.

E dire che mi sarei accontentato di un semplice Achillos Campanilos.

• • •

Il 17 agosto 1926, io, nella Tribuna: RIFLESSIONI

Il pallone di foot-ball (durante una partita di calcio) — Ma che modo è questo? Calci da una parte, calci dall’altra! Almeno mi riuscisse d’infilare la porta!

(Sipario)

Il 16 marzo 1928, nella « Domenica del Corriere »:

Riflessioni di un pallone durante una fase movimentata di una partita di foot-ball:

— Eh, ma che maniera è questa? Calci da una parte, calci dall’altra... almeno mi riuscisse d’infilare la porta!

(Qualcuno mi disse: «E’ tale e quale alla tua tragedia ». Non è vero, ci sono delle differenze: io dicevo: «che modo è questo? » e la Domenica del Corriere: «che maniera è questa? ». Inoltre, nella «Domenica del Corriere » era soppresso il mio nome).

* * *

Nella « Tribuna » dell’8 aprile 1926 pubblicavo, con la mia firma, un articolo in cui fra gli altri si leggevan questi episodi, naturalmente inventati da me:

C. A. ha la malignità sorniona e complimentosa. Voi fate un poema e lui:

— Bellissimo quel tuo poema comico.

— Veramente — osservate — è tragico.

— Ah, è tragico? Mi pareva comico. Ma è bello lo stesso. Ci farò su un articolo.

— Sei molto gentile.

— Figurati. Lo intitolerò: «La graduale scomparsa dell’ispirazione nella poesia moderna» oppure «La bancarotta del ritmo ».

* * *

O. raccontava a B. di aver comperato da un rigattiere tre quadri di D. C. a una lira l’uno. E concludeva dicendo:

— Un buon affare, no? Tu non l’avresti fatto?

— No, — disse B. — perchè ne avevo fatto uno migliore qualche ora prima con lo stesso rigattiere.

— Cioè?

— Gli avevo venduto quei tre quadri a mezza lira l’uno.

• * •

Mi trovavo in un salotto affollatissimo, dove non c’erano letterati. A un certo punto ho tirato fuori il portasigarette e ho domandato a una signora:

— Le dà fastidio il fumo?

— No.

— E a lei? — ho chiesto a un’altra.

— Nemmeno.

— A nessuno?

— A nessuno.

— Allora, — ho detto, rimettendo in tasca il portasigarette, — non fumo.

E notate che, per me, non fumare è una gran privazione.

* * *

Il 1° giugno 1926 questi miei aneddoti riapparirono in una rivista, « Le Grandi Firme », con la consueta differenza: la soppressione del nome dell’autore. Un giornale rilevò la cosa e il direttore della rivista rispose: « Non ho plagiato, ho rubato. E rubare a voi, che siete milionari dello spirito, non è un furto ».

Fortuna, che non siamo anche milionari della borsa, altrimenti, con questa teoria, ci vedremmo portar via il portafoglio.

Sempre in omaggio alla teoria che rubare ai milionari non è un furto, il terzo dei miei citati aneddoti riappariva sulla medesima rivista — e attribuito ancora ad altri — il 1° aprile 1928.

• • •

Il 5 dicembre 1925, pubblicavo sul « Popolo di Roma » la seguente storiella, naturalmente inventata di sana pianta da me e da me firmata insieme con altre storielle del genere:

F. M. parla con estrema familiarità dei personaggi illustri. Li nomina sempre col solo piccolo nome e spesso bisogna scervellarsi per capire di chi diavolo sta parlando. Lui, per esempio, non dice « D’Annunzio », ma semplicemente «Gabriele»; se parla di Bernstein, o di Molnar, o di Stravinski, o di Maeterlink, dice Enrico, Francesco, Igore o Maurizio.

Talvolta, poi, ricorre a diminutivi e vezzeggiativi estremamente confidenziali, come per Jean Jacques Bernard, che chiama Giannino, per Miguel de Unamuno, che chiama Michelino, o per l’ex-imperatore di Germania che chiama Memmo.

L’altro giorno l'ho incontrato e abbiamo parlato insieme.

— Sto leggendo — m'ha detto — le poesie di Ciccio. Ce ne sono di molto belle...

— Sì, ma..

— Come? Non ti piacciono le cose di Ciccio?

— Altro che! — mi sono affrettato a esclamare, cercando d’indovinare chi mai potesse essere Ciccio. — Altro che! Ma...

— Oh, non lo dire. Ciccio è tanto caro!

— Siamo d’accordo, ma...

— E’ tanto simpatico...

— Non dico di no, ma...

— Ma fai qualche riserva. Hai torto.

— Non faccio nessuna riserva. Solo vorrei sapere chi è Ciccio.

— Diamine! E’ Petrarca,

Dopo qualche settimana, la storiella apparve, senza nemmeno una virgola mutata, sulla « Fiera Letteraria », che però (ah, quel proto! ) ometteva la fonte e la firma. Passò un anno giusto, in capo al quale la storiella riapparve, come una cometa periodica, a pagina 278 dell’« Almanacco Letterario Mondadori 1927 ». Anche qui neppure una virgola mutata; e anche qui la firma ora misteriosamente scomparsa. Passarono alcuni mesi e la storiella riapparve sempre immutata e anonima, sulle « Grandi Firme ». Passarono altri mesi e la storiella riapparve in un’altra rivista, «Le Seduzioni». Ma questa volta c'erano delle novità: qualche aggettivo cambiato e, finalmente, una firma.

La mia?

Nemmeno per sogno. La storiella era firmata « io ».

Dichiaro subito che « io » non ero io. Chi era? Non so. Evidentemente, siamo in presenza d’uno di quelli che la teosofia chiama «i misteri dell’io».

* * *

Il 22 dicembre 1928 pubblicavo nella « Tribuna » — dopo averla precedentemente pubblicata nel « Travaso delle Idee » — una importante versione storica della battaglia di Salamina, secondo la quale, nella notte che precedé quello storico avvenimento, Temistocle avrebbe distribuito quattrini ai generali nemici a patto che fuggissero e lasciassero ai greci la vittoria.

Dopo la vittoria, il Re piglia Temistocle in disparte e gli chiede:

— In confidenza, Temistocle, come hai fatto a vincere?

— Ebbene, maestà, ve lo dirò. Sappiate dunque che ho comprato...

— Che cosa? — chiede il Re ansioso.

— Ho comprato i Salamini!

— E te ne vanti? — esclamò il Re.

— E me ne vanto! — rispose Temistocle, fra gli applausi generali.

Alcuni anni dopo, il 1° gennaio 1931, questa medesima importante versione dello storico avvenimento appare nella solita rivista «Le Grandi Firme », con firma V. Guerriero.

• • •

Io, in Ma che cosa è quest'amore? (1924).

« Presso il treno parallelo a quello di Napoli stavano un giovane e una signorina che s’erano abbracciati e baciati successivamente a causa d’una trombetta, d’un fischietto, d’un campanello, d’un sibilo di locomotiva e di due rintocchi metallici accordati con un salto di quarta.

« All’improvviso il treno partì e il giovane, rimasto a terra, venne con la signorina accanto al treno di Napoli, come se fosse per lui indifferente andare in un paese o in un altro. I due nuovamente s’abbracciarono, avendo un ferroviere gridato: « Signori, in carrozza ».

« — Salga, — disse Carl’Alberto al giovane. — Perderà anche questo treno.

« — Non parto, — rispose l’altro.

«— Parte la signorina?

« — No. Si tratta d’un amore contrastato. Non potendo vederci in casa, veniamo qui per esser più liberi. Fra poco parte il treno di Firenze e non vorremmo perderlo. Con permesso ».

• • •

Maurice Bedel (prix Goncourt), in « Philippine » (1930), page. 167, 168.

A cet instant, des employés prièrent les voyageurs de monter en voiture. De coup, chaque portière se garnit d’une couple échangeant un baiser qui paraissait sans fin.

Raffaello saisit Philippine par les poignets, l’attira vivement à lui.

— C’est le moment — dit-il.

— En voiture, en voiture! — criaient les employés.

— Le moment de quoi? — disait Philippine. le coeur battant.

— De nous dire adieu, Philipinetta.

— Mais vous ne partez pas, voyons!

Il lui expliqua en deux mots qu’il ne partait point en effet, mais qu’étant sur le quai d’une gare, devant un train qui s'allait mettre en marche, il tenait enfin l’occasion ardemment recherchée d’embrasser celle qu'il aimait, qa’il adorait, sans se voir trahi, admonesté, jeté en prison.

•* * *

Questo plagio da « Ma che cosa è quest’amore? » sarebbe l’unica cosa leggibile del brutto romanzo di M. Bedel, se questi, copiandola, non l’avesse rovinata.

E’ interessante raggiunta di quel « jeté en prison », che io non m’ero sognato.

Ma è noto che Bedel in quel romanzaccio non fa che diffamar l’Italia, senza un briciolo di spirito.

Pure, sballarle così grosse! Che in Italia una donna sia gettata in prigione se si fa baciare! Via, signor Bedel e C., potevate chiedere informazioni alle vostre mogli, che sono state in Italia. Esse sono molto più « documentate » di voi.

Achille Campanile.

Achille Campanile

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 24.06.31

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Citazione: Achille Campanile, Onorato, “Mi è concesso interloquire per fatto personale?,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/65.