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Titolo: Due ragazze

Autore: Adriano Grego

Data: 1932-10-05

Identificatore: 1932_435

Testo: Due ragazze
La compagnia di quell’uomo che mi si era affiancato quasi di forza, presso il portone, mi era cosi ingrata che io stentavo a celare con lui il mio crescente malumore. Era un uomo di media età, piccolo, tarchiato. Aveva i passi pesanti e si fermava a tratti sui due piedi, ora per accendere il sigaro, ora per cercare nelle tasche dei calzoni il fazzoletto. L’avevo conosciuto poc’anzi nella casa dei miei ospiti e l’avevo visto un po’ inquieto, silenzioso, quasi torvo, fra quella lieta brigata di giovani; che uggia, il trovarmelo ancora vicino mentre speravo di godermi finalmente qualche minuto di solitudine! Ora — pensai — dovrò ricominciare a parlare.
— Sono già le due — disse l’uomo.
— Già.
La via era quasi deserta. A un crocicchio lontano si vedevano alcuni uomini curvi presso un carretto a due ruote, carico, probabilmente, degli ultimi ortaggi invenduti. Mi pesava la giacca sulle spalle e avrei voluto strascicare i piedi sul terreno come un mendicante, tanto l’aria notturna era satura di calore. Un po’ di pioggia mi sarebbe servita almeno a movimentare la conversazione.
— E’ molto che conosce i nostri ospiti? — gli domandai alla fine.
— Molto. Avevo quindici anni quando ho visto nascere la prima figliola. E lei?
— E’ la prima volta che vado in quella casa.
Vi fu una pausa, lunga. Poi, dissi ancora:
— E’ molto simpatica la signora. Parla con tanta grazia! E poi, deve essere buona.
— Si vede che lei capisce le persone.
Al momento rimasi un poco stupito, perché mi era sembrato di sentire nella frase dell’uomo un’intonazione ironica. Mi parve strano. Rivedevo la signora in mezzo ai suoi ospiti, con il fare della donna che già ha rinunciato a figurare in primo piano, con un tono di indulgenza, una vivacità disinteressata, un calore tutto nativo senza residui di civetteria. Proprio una donna di classe. E allora? Era mai possibile che quel signore avesse l’uzzolo di denigrare i suoi ospiti proprio con me, ultimo venuto, e giovane per giunta?
Un’altra pausa, più lunga. Poi l’uomo si fermò, mi guardò in viso di sotto in su, alla maniera sbarazzina dei ragazzi di strada e mi disse:
— Scommetto che lei è rimasto colpito anche dal tono amorevole che usa colle figlie? Una dolcezza straordinaria — lo dicono tutti — una tenerezza quasi virile. Non è così?
— Sì, anche questo.
— Già.
Si fermò. Riprese a camminare. Poi si fermò ancora e proruppe:
— Ma lo sa lei? Lo sa lei?...
Non disse altro. Ma aveva parlato con un tono di voce cosi alto, cosi assurdo, in quella strada silenziosa, cosi assurdo parlando con me che quasi non conosceva, che io rimasi stupefatto, dinanzi a quell’assalto di ira smozzata.
— Che c’è? — mormorai sottovoce.
— C’è che non è giusto. Non è giusto, ecco! A tutti fa la stessa impressione, quella strega. Ma io sono quindici anni che li conosco. E’ una strega!
Rimasi silenzioso. Compresi che l’uomo avrebbe voluto essere incoraggiato su quella strada, che il parlare gli sarebbe stato di sollievo, ma preferii tenermi alla prudenza. E poi a me non piacciono questi accostamenti improvvisi e tanto meno mi piaceva essere abbordato in quel modo da quell’essere maldicente e privo di equilibrio.
Ma fu lui ancora, a rincorrermi:
— A lei pare strano, eh? Già. Perché lei è nuovo della città, probabilmente. Arriva, trova lieta accoglienza, le spalancano le braccia, e trova tutto bello e tutto liscio.
— E lei, perché li frequenta se non le piacciono?
Questa volta mi rispose sottovoce: con un tono dimesso, più umile, un tono quasi di scusa:
— Sono un vecchio amico e alle ragazze voglio bene.
Ma sembrò si pentisse di quella concessione e ritornò aggressivo:
— Ma è lei, la strega, quella che le ha rovinate, le ragazze. Se lei sapesse... le ragazze, tutte e due, valgono tanto oro, capisce... tanto oro... E invece sono giù: non le vogliono da nessuna parte. E hanno ragione. Il peggio è questo: che hanno ragione. Se lei sapesse che cosa vuol dire veder due ragazze che vanno giù, a rotoli, e assistere a questo spettacolo, a poco a poco, tutti i giorni, e non poter far nulla! I capelli, il viso, le mani, il modo di camminare, il modo di ridere, sembrano sempre uguali... Invece no, si guastano, anche loro. Questo gesto, ecco, questo gesto l’anno scorso non lo faceva. Chi glie l’ha insegnato? Lei mi dirà: è un gesto innocente, un gesto qualunque. Ma io che la guardo bene, capisco che non è così. Questa sera prima che venisse lei, a cena, la minore s’è alzata di tavola, è andata di là, è ritornata e non ha detto più una parola in tutto il tempo. Poi l’ho vista che piangeva, adagio, senza rumore. Che pena, ragazzo mio! Una ragazza che piange non è niente: lo sfogo dell’età, si dice, un amoretto che non va per il suo verso... Ma per lei, per sua sorella, è un’altra cosa, Due ragazze che vanno a rotoli, le dico. Giù, giù, giù... e in questa città non hanno più speranza. Quando vengono a casa mia, a volte, cerco di convincerle, ma ho paura a parlar troppo chiaro. Dico: non dovete far questo. E sono delle futilità, dei particolari: troppo rossetto, per esempio. E invece vorrei dire qualche cosa molto più grave. Ma capisce, com’è? Le ho viste crescere da bambine, e allora non si può più dire certe cose con loro. Veramente nemmeno con lei dovrei parlare in questo modo, lo so. Ma se sapesse, che pena!
— E il padre? — gli chiesi.
— Il padre è un povero sciocco. Anche questa sera mi diceva che lui, di figlie, vorrebbe averne quattro, cinque, invece di due. Dice che gli riempiono la casa, che quando una è assente gli pare che gli manchi l’aria. Una vittima, guardi. Non capisce niente, non sa niente. Si occupa di assicurazioni, e basta. E’ la strega che conduce la casa. A quella, vede, bisognerebbe pestare la testa coi piedi. Perché è lei la colpa di tutto. La maggiore aveva tredici anni e se la trascinava dietro come un canestro di mercanzia. Quando s’imbatteva in qualcuno che solleticava la sua vanità, — un grande nome, un grande patrimonio, qualche cosa di grande, come che fosse — allora la offriva. Tutto nella legge, badi... Tutto secondo l’etichetta, secondo le norme del buon vivere... Ma non importa: pareva che gettasse la sua mercanzia. A destra, a sinistra, senza sentire fatica, in movimento fino alla notte: e sempre cosi: come l’ha vista lei, affabile, aggraziata, tenera... la più buona madre di questo mondo. E colle figlie, anche quando non c’è gente, sempre cosi: « bimba mia, amore mio, gioietta mia, e attenta che prendi freddo e bisogna che tu mangi di più, un pochino solo per far piacere a mamma... ». Parole dolci, fin che si vuole. Ma se lei vedesse la gioia di questa strega, l’inquietudine che la prende, quando arriva qualcuno che le sta a cuore, uno di quegli uomini che le vanno a genio. « L’hai visto oggi? — chiede alla figlia. — Non è ancora venuto a prenderti? Non aveva detto che ti conduceva alla pesca di beneficenza? ». E combina lei i tavoli da bridge, li mette vicini, li accompagna collo sguardo, li lascia soli... Una cosa che mette disgusto. Disgusto, le dico. E ora che le ragazze sono allo scarto, se la vedesse, la strega! Di giorno, di sera, lavora, per cacciarle a forza dove non le vogliono. Traffica. Arriva a casa con un invito come se portasse il biglietto della fortuna. Una volta l’ho vista io sventolare fin dalla strada un biglietto d’invito per una festa in Comune. Fin dalla strada: perché la figliola era in casa, alla finestra. E la gioia della strega era tanta che non aveva tempo d’aspettare.
Una pena, se sapesse! Una pena da morire.
— E le ragazze?
— Le ragazze, che vuole? le ragazze sono entrate nel gioco e non capiscono più. Sono deboli, senza aiuto. Hanno una specie di fierezza nel loro isolamento — e anche questa fierezza fa male. Io, quando le vedo piangere...
Non so se fosse tutto altruismo, tutta pietà umana, quella che commuoveva il mio compagno di strada. Ma certo soffriva.
Mi ricordo di questa scena, lucidamente, ancora a distanza di qualche anno, anche perché non è facile vedere un uomo che piange, così, per due ragazze che piangono.
Adriano Grego.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 05.10.32

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Citazione: Adriano Grego, “Due ragazze,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 23 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/691.