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Titolo: Renzo Pezzani

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1932-11-23

Identificatore: 1932_510

Testo: GALLERIA
Renzo Pezzani
Andò alla guerra a diciott'anni, fu fante e ardito. Ritornò dall’esperienza bellica con anima nuova e cattolica. E l’ardito si mise a inseguire sotto gli archi italici i fantasmi più gentili e leggiadri:
La rondine sotto l’arco leggero inaugura la sua letizia sospesa come una primizia tenera al ferro nero...
Fu un ingresso non privo d'emozioni. La quartina citata apre il canzoniere intitolato La rondine sotto l’arco (1926), ma prima di Pezzani aveva dato alle stampe qualche altro volumetto di liriche, uno di canti di guerra e alcuni libri per le scuole, proponendosi di recare, nel suo zaino d'insegnante, le « cose della vita » e di portarle a contatto delle chiuse anime giovanili. L' ingresso ufficiale del Pezzani nel mondo della lirica potè a taluno sembrare quello d'un pascoliano e d’un crepuscolare in ritardo. Ma la musa del Pezzani si apriva il passo con un volto suo, estatico e semplice, con accenti suoi, con una malinconia sottile i cui toni sono innegabilmente in funzione d'una reazione spirituale e lirica atte inquietudini, atte incertezze e alle paradossali soluzioni del nostro tempo. Alle origini detta malinconia del Pezzani sta dunque tutta una premessa di esperienze, ripensamenti, crisi e conclusioni di carattere morale in cui un temperamento nativamente schietto e prepotente si obbliga in volontarie costrizioni, in rinunce e in contemplazioni accorate d’un. mondo in dissoluzione che nega il regno dello spirito e la religiosità illudendosi di. sostituirvi le fallaci conquiste d'un materialismo esasperato. Nel centro di codesto mondo d'oggi, l’Italia, riportando sugli altari il culto delle tradizioni vitali e rimettendo in onore i valori spirituali, rivendica l'eredità della missione civilizzatrice che le viene da Roma imperiale e cattolica.
Nulla di maledetto è qui intorno, anche la fatica è santa...
Divisa di tutto un popolo, oggi, conscio del suo destino e dei doveri che gli competono. Nella presente crisi del mondo, il senso della solidarietà umana non ha altro terreno su cui. attecchire che il nostro. Quale desolazione, intorno; dovunque le schiere dei vinti marciano disperate a capo chino verso sbocchi di tragedia. Da noi la fratellanza in atto, affrancata dagli schemi rettorici della democrazia ottocentesca, si traduce ogni giorno in paragrafi sempre più densi di significato del processo d’unificazione spirituale e storica detta nazione. Il monito ha ogni giorno maggiore portata, è inteso in profondità:
Non chiudete la porta; che il lume della nostra umile cena conduca chi cerca con pena un guado nel nero fiume.
Il Pezzani, figlio del secolo, interprete della realtà., sdegnoso di soluzioni provvisorie e sensibile all’universale, è una voce del tempo: si vedano, netta Rondine, le quattro liriche dei cicli Canti del reduce e Canti del ritorno. Dove questa nota originale si perde, il gioco letterario si fa scoperto, e atta autenticità della poesia si sostituiscono schemi e modi di seconda mano, un simbolismo forzato, persino talrotta l’eco di qualche sonorità immaginifica. Ma la riscossa della sincerità non si fa attendere; antiverboso e anticomplicato per istinto, il Pezzani non si smarrisce. Quasi tutte le Uriche dell’Usignolo nel claustro (1930) sono buone, e la raccolta ha un « aperto respiro di poemetto », un’intima unità d’ispirazione e di slite poetico. A due anni di distanza, gli tien dietro un « canzoniere degli alberi italiani », Angeli verdi (Società Editrice Internazionale, Torino, 1932) libro di poesia, umile e agreste, che canta l'amore dell'albero e vede l’Italia di domani splendente di tutte le sue foreste. Il mito naturalistico si fa sostanza di vita, ideale, insegnamento morale e pratico.
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File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 23.11.32

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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Renzo Pezzani,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/766.