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Titolo: Le nostre inchieste

Autore: Adriano Grande, Corrado Govoni

Data: 1932-11-30

Identificatore: 1932_519

Testo: Le nostre inchieste
Abbiamo rivolto agli scrittori italiani la seguente domanda: Qual è il momento più importante, o quello che più volentieri ricordate, della vostra vita letteraria? Ecco altre risposte:
Il momento più importante della mia vita letteraria risaie a qualcosa come un ventidue anni fa; quando io, di anni, ne avevo appena tredici. Importante, per l'emozione che ne ebbi; la quale rimane nei miei ricordi più forti come in quelli di una donna rimane certo l'emozione avuta dalle prime parole d'amore udite e comprese. Già allora scrivevo dei versi (il deplorevole vizio ha dunque in me radici abbastanza antiche... ) ma non avevo nessuno con cui spartire il gusto di quel giuoco, poichè i miei compagni di quel tempo erano tutti garzonetti di bottega, « battusi » esperti solo e soprattutto nel fare a cazzotti e nei giuochi della trottola, della scaricabarile, dello « scrollino ». Un giorno, davanti a un'edicola, mi caddero non so come gli occhi su un giornaletto letterario che non ricordo nemmen più come si chiamasse: uno di quei giornaletti di prima della guerra che prosperavano attraverso la « Piccola Posta » e la « Collaborazione aperta a tutti ». Lo comprai e vi trovai dei versi: e mi nacque l'idea di mandargli due delle mie, poesie, delle quali rammento solo che erano in endecasillabi rimati e somigliavano, vagamente, a dei sonetti. Poco sicuro della loro efficacia, e vergognoso. non osai tuttavia firmarle: vi misi sotto un nome combinato lì per lì qualcosa come Leonello Piccoli. Per una o due settimane comprai il giornale; poi. non trovandovi nulla che mi riguardasse in nessuna delle rubriche, smisi la spesa e ripresi quella, più fruttuosa, delle dispense di Nat Pinkerton. Ora avvenne che di lì a poco io facessi conoscenza con un vicino di casa della mia età, ricco, fornito di una piccola biblioteca nella quale egli mi concedeva di frugare e che un giorno, su di un tavolo in casa sua, io trovassi per caso una copia di quel giornaletto; e che sfogliandolo io vi vedessi, stampate in bella vista e con solo la correzione di un verso sbagliato, le mie due poesie. Fu tanta l’emozione che pallido e con un violento batticuore fuggii dalla casa dell'amico portandomi via il giornaletto e mi rinchiusi in camera mia ad aspettare che l'agitazione passasse, leggendomi e rileggendomi i miei versi. Così stampati, inquadrati come un « menu », mi parevano bellissimi, i più straordinari che mai fossero stati scritti: neanche più i miei mi parevano, ma scritti da un min io assai più importante, migliore di me.
Il giorno dopo, dovetti giustificarmi con l'amico della fuga e del furto dei giornale: ed ebbi l'ingenua vanità di dirgli il vero. Ma si, quelle poesie eran. firmate Leonello Piccoli: e Leonello Piccoli non ero io. Non fui creduto: insistetti, proposi la produzione di altre « pezze d'appoggio » tutto ciò non servì che a farmi disistimare profondamente come millantatore e bugiardo: e a farmi perdere l’amico e l’usufrutto della sua biblioteca.
Fu quello, con le sue palesi e misteriose conseguenze, che chissà non durino ancora oggi, il momento più importante della mia vita letteraria. A forza di scrìvere versi ho poi acquistato, cresciuti gli anni, molti amici; e molti ne ho persi: ma nessuna pubblicazione, nessuna lode e nessuna critica mi daran mai una soddisfazione e un dispiacere uguali a quelli procuratimi da un giornaletto chissà quanto disprezzato dai letterati seri d'allora. Adriano Grande.
Il momento più importante (ma anche il più maledetto) di tutta la mia vita letteraria fu quando, potendo disporre liberamente di una piccola eredità lasciatami dalla mia adorabile nonna paterna, l'impegnai interamente nell’edizione di lusso della mia prima raccolta di liriche « Le fiale »; e, a pubblicazione avvenuta, una sera, col cuore che mi martellava nella gola, passai furtivamente, fingendo la fretta e la disinvoltura dell'innamorato sotto la finestra della bella, davanti alla vetrina illuminata della libreria della mia città nativa, dove sapevo che erano esposte alcune copie del mio poema, senza avere il coraggio di guardare nemmeno con la coda dell’occhio se qualcuna di esse fosse già siala acquistata. Ero così agitato che l'accoglienza, o l’indifferenza, dall'emozione, mi avrebbe fatto scoppiare il cuore. Ma allora avevo diciott'anni; e io riguardavo quel mio primo libro come la lettera della mia ardente dichiarazione d'amore alla poesia che doveva poi rendermi quel bel servizio che tutti sanno.
Ma purtroppo poeti si nasce.
E la poesia si sconta sempre. Se l’ho scontata io! E non ho ancora finito, disgraziatamente.
Ma se avessi diciott'anni, invece dei quarantotto che ho, credo che incomincerei ancora con quella lontana disperata dichiarazione d'amore, con quella fanatica pazza serenata alla poesia.
Perchè ci sono dei mali che si guariscono solo con la morte. Uno di questi, ed uno dei più terribili, è proprio la poesia.
Corrado Govoni.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 30.11.32

Citazione: Adriano Grande e Corrado Govoni, “Le nostre inchieste,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/775.