Le avventure della ragazza negra (dettagli)
Titolo: Le avventure della ragazza negra
Autore: Paolo Monelli
Data: 1932-12-28
Identificatore: 1932_548
Testo:
Le avventure della ragazza negra
Bernard Shaw ha passato i primi mesi del 1932 a Knysna nell’Africa meridionale; ed ha scritto per ispirazione la storia della ragazza negra alla ricerca di Dio; che ci è presentata ora da Constable & C. di Londra in una bellissima edizione illustrata da deliziosi legni di John Farleigh: The adventures of the black girl in her search for God (2s 6d).
La negra fanciulla va, armata di Bibbia e di manganello, alla ricerca di Dio come le ha messo in mente una missionaria bianca che si è ridotta ad insegnare a leggere la Bibbia ai grandi e ai piccaninnies in una foresta dell’Africa. La fanciulla negra non è più tanto piccaninna, anzi è bella e ben fatta; ed ha naturalmente l’ingenua nudità, la logica infrangibile pur se primitiva, la morale diritta pur se elementare, dei negri della letteratura (uno dei personaggi del libro è Voltaire, ma dietro questa concezione tradizionale c’è Rousseau; in realtà noi sappiamo che i negri sono bestie viziose come noi bianchi coltivati siamo bestie viziose; ma essi non lo sanno e noi lo sappiamo; e questo è il nostro peccato).
Ed ecco che va per la foresta; ed incontrato un serpentello velenoso gli chiede di condurla da chi lo ha creato così velenoso e desideroso di uccidere. Il serpentello la guida al cospetto d’un gentiluomo dai capelli e dalla barba candida, vestito d’una camicia da notte; il quale prima di tutto ammazza il serpentello, poi si rivolge alla fanciulla e le chiede che cosa cerchi. « Io cerco Dio » risponde la fanciulla. « Lo hai trovato — risponde il vecchio. — Inginocchiati e adorami, presuntuosa creatura, o temi la mia collera. E quando ti ripresenterai a me, portami il tuo figlio preferito e sacrificamelo; poichè io amo l'odore del sangue fresco ». « Ma io non ho figli — risponde la fanciulla —, io sono vergine ». « Allora scova fuori tuo padre e fatti sacrificare da lui » ripete il vecchio signore; al che la ragazza impugna il manganello; ma il vecchione scompare per arte d’incanto, e quando essa cerca la sua Bibbia per riprendere la strada trova che le prime pagine si sono polverizzate e volano via sotto il fiato.
Giunto a questo punto, il lettore furbo ha già capito la parabola. Non si maraviglia quindi che dopo la ragazza negra incontri un altro signore dalla barba d’argento che si mostra tutto contento di poter discutere con la fanciulla: « Io sono a nozze quando posso argomentare. A me piace dedurre e sillogizzare. Avevo una volta, per discutere insieme, un servo di nome Giobbe; ma era così modesto e così stupido che dovetti contristarlo con le peggiori piaghe del mondo prima di indurlo a lamentarsene e ad insolentirmi; ma ci volle sua moglie a insegnarglielo »; ed anche questo vecchio scompare misteriosamente di fronte al manganello della fanciulla; ed anche stavolta un’altra trentina di pagine della Bibbia si sono polverizzate.
Dopo ciò la giovinetta incontra il bel giovane Ecclesiaste che le modula il suo « vanitas vanitatum; le vie della terra finiscono alla tomba, che è la porta del nulla; e nell'ombra del nulla tutto è vanità », e le insegna che conoscere Dio è essere Dio; ma che Dio non è con lui, scettico e saggio negatore. Poi il profeta Michea che le rivela un Dio misericordioso che chiede solo che l’uomo sia giusto e pio e cammini con umiltà sotto la sua guida. Poi il « miope » — il materialismo scientifico — che studia tristamente fenomeni di cui ignora la ragione, e solo gli preme scoprire ciò che prima non fu noto; e uccise innumerevoli cani, per venticinque anni, per aver la conferma scientifica d’un fatto elementare che tutti conoscono.
Il viaggio continua; e la fanciulla incontra al pozzo il fondatore della Cristianità trasformato suo malgrado in taumaturgo dai discepoli; e il fondatore dell’Islam con cui discute di religione e di donne, e lo riduce al silenzio con ferrei argomenti («Fra le tante ingiustizie di Allah — dice l’arabo — è la legge che la donna debba avere sempre l'ultima parola ». « E che succederebbe — chiede il facitore d’immagini, cioè, dice Shaw, il violatore del secondo comandamento mosaico, che i cristiani ignorano, ma i maomettani seguono fedelmente — se cinquanta donne si raccolgono intorno a un uomo solo, e ciascuna vuole avere l'ultima parola? ». « Si avrebbe l'inferno — risponde l’arabo — in cui l'uomo espia i suoi peccati »); e altri simboli e gente, finchè trova un vecchio raggrinzito e incartapecorito, Voltaire, che la invita a coltivare con lui un suo giardino, che è il modo migliore per trovare Dio, se questo mai convenga; poichè non bisogna dimenticare quello che successe a Semele quando volle vedere il suo amante divino in tutto il suo splendore, che ne rimase incenerita.
Voltaire ha un garzone — che è rosso, irlandese e socialista — quindi è Shaw, per quanto anche Voltaire parli come Shaw, e Maometto, e il facitore d’immagini; e la stessa ragazza negra è — in fondo — Shaw; poichè — dice un mio amico che scrive da Londra sui giornali italiani — in realtà Shaw non ha mai parlato d’altri che di se stesso. Con questo Shaw giardiniere la fanciulla negra si accasa, stanca di cercare; e gli partorisce bimbi caffelatte.
Questa favola è nello stile tradizionale di Shaw, tutta urti e pugni nello stomaco e sgambetti alla morale e alla tradizione dell'uomo comune; è vivacemente condotta, tuttavia riesce un po’ noiosa. (Gli è che — giudica il mio amico su ricordato — come cosa seria è uno scherzo, e come scherzo diverte poco). Ma c'è in fondo una conclusione che è bene leggere come prefazione; in cui Shaw avverte che la favola è stata scritta per ridare alla Bibbia il valore di documento umano, poetico, e storico.
Un bisogno di questo genere poteva sorgere solo fra protestanti, per i quali la lettura della Bibbia è esercizio quotidiano, lo studio della Bibbia a memoria è d’istruzione dei bambini nelle scuole, e se fanno bene sono ricompensati con foglietti volanti su cui sono scritti versetti della Bibbia; ed è principale arma ed argomento di libero pensiero, di settarismo; ed è oggetto di discussioni ancor vive, per cui c’è oggi un partito che afferma doversi tenere la Bibbia avvolta in nebbia mistica in nome della religione, ed altri la combattono con ragioni addotte sul serio in nome della scienza. Ed essendo intervenuto nella disputa il vescovo di Birmingham ammonendo i primi che il loro feticismo è più lontano da Cristo che il partito dei zelatori della scienza, ecco che Shaw vuole intervenire anch’egli, « io che sono una specie di vescovo non ufficiale del Tutto » per rampognare gli scienziati che i quàccheri sono in fondo più scientifici dei biologi.
Il vecchio rètore irlandese dà torto insomma agli uni ed agli altri, per affermare che la Bibbia deve essere considerata da un punto di vista evoluzionista; per cui la Bibbia « rimane un interessante documento come l’idea di Dio, che è il primo tentativo della civiltà per rendersi conto dell’esistenza e dell’origine e dello scopo dell’universo, si svolga da una idolatria infantile d’un Dio tonante, scotente la terra e il mare, affliggente gli umani con pestilenze e carestie e piaghe d’ogni genere, all’idealizzazione d’un saggio benigno, d’un giudice equo, d’un padre affezionato, evolvendosi infine nel Verbo, nella parola che non diverrà mai carne; punto al quale si riannodano la scienza e la filosofia moderna con la sua Vis Naturae, Elan vital, forza della vita, impulso d’evoluzione, e così via ».
Il rosso (ex rosso) di pelo socialista irlandese vuole quindi che la sua operetta sia un messaggio all’umanità che impari dunque a leggere bene nel Libro, che cessi di insegnare ai suoi figli che il sanguinario Dio di Noè è lo stesso che il sillogizzatore di Giobbe, il buon padre di Michea, il Salvatore di Galilea; poichè Shaw opina che a questa confusione si deve fra altri mali la mentalità, l’ardore, la ragione anzi dell’ultima guerra.
Queste son tutte cose che ci fanno un po’ sorridere, poichè il nostro buon senso cattolico vede da un pezzo ben chiaro dove altri vede fantasmi di mulini a vento, o spettri malefici; e per quanto Shaw affermi che « una comunità in cui la lettura d'una simile epitome è imposta nelle famiglie e nelle scuole può essere più pericolosa per i vicini, e in rischio di precipitare per intolleranza e megalomania, più che non sia una comunità che legga solo stupidì romanzi, cronache di calcio, e articoli di fondo, ma è fuor d'ogni dubbio assai più altamente educata, », eccolo poi invocare che il Comitato di cooperazione intellettuale della Lega delle Nazioni segua l'esempio della Chiesa romana cattolica opponendosi alla libera circolazione della Bibbia, finchè non sia spogliata dell’autorità soprannaturale che pericolosamente viene attribuita ad ogni suo versetto.
Naturalmente questo vescovo non ufficiale vuol dire la sua anche su Dio. (Non sarebbe ora che anche questo vegliardo inchinasse la mente ai casti pensieri della tomba? Certo, finchè si crede capace di generare a una negretta dalla pelle di seta piccaninnies color caffelatte, questa presunzione non la smetterà più). Ecco che cosa dice il giardiniere irlandese, rosso e socialista (cioè lui), e lo dice in dialetto: «Dio non è ancora propriamente fatto e finito. C'è qualcosa in noi che urge verso di lui, e qualcosa fuori di noi che fa lo stesso; questo è certo; e la sola altra cosa certa è che questo qualcosa fa una massa di errori cercando di arrivarci ».
Bagolone d'un Shaw, va.
Paolo Monelli.
Una delle xilografìe di John Farleigh che illustrano « The Adventures of the Black Girl » di G. B. Shaw: rappresenta Shaw che fugge davanti a Voltaire perchè gli ha proposto di sposare la negra
Collezione: Diorama 28.12.32
Etichette: Paolo Monelli
Citazione: Paolo Monelli, “Le avventure della ragazza negra,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 24 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/804.