Medicine (dettagli)
Titolo: Medicine
Autore: Cesare Zavattini
Data: 1933-02-01
Identificatore: 1933_98
Testo:
Medicine
In casa mia sono tutti malati. Ieri, appena aperto l’uscio, ho detto: « Vi saluta Bram, è padrone di una farmacia. Andremo da lui e ci farà grossi sconti ». « Evviva » grida la famiglia.
Si spende tanto in medicine e sotto il letto abbiamo due cassette piene di barattoli, flaconi, scatole. Bab ha imparato a leggere cosi: ca-lo-me-la-no.
Prima dei pasti, chi prende una polvere gialla nell’ostia, chi gocce nere con un sorso d’acqua, o una pastiglia verde. Hanno dei nomi lunghi e Bab fa ridere quando li ripete. Se viene qualcuno, nascondiamo tutto in fretta.
Mia zia fa le smorfie nel mandar giù la sua pastiglia, vorrebbe che le battessimo le mani.
O
I conoscenti dicono « Gente robusta ». Le donne si mettono un po’ di rosso sulle labbra e sulle guance, una bella pettinata, e sono a posto; i figli con le vestine bianche sembrano angioletti. Anche il signor Man l’altra sera guardava mia moglie, il suo collo bianco, le gambe. Qualche volta gli griderò: « Vede? Sotto quella pelle morbida, il sangue corre male, si guasta... ». Il signor Man, del resto, ha tutti i denti cariati e vorrei spalancargli la bocca, come il domatore con l’orso: « Ecco, signori... ».
O
Certe volte sono allegro. Canto io, cantano gli altri, si fa il jazz con le posate, con i piatti; uno balla, o ride sino alle lacrime, o pesta i piedi. Vorrei rompere i vetri, scuotere i muri: io sono forte, e di questa gente farei un pacco per spedirla lontano. Il volto di Maria, prima acceso, ha già cominciato a impallidire, sotto gli occhi di Bab si vedono due semicerchi scuri, la zia ansima. Basta, andiamo a letto. Un po’ di bambagia, il gorgoglio dell’acqua in un bicchiere, si spegne la luce. Bisognerà comprare la bambagia, ne abbiamo consumata tanta per l’albero di Natale come neve finta.
O
Vedo una città bianca, l’aria sa di acido fenico, mi pare, anche nei caffè. Un cocktail? Due pizzichi di zolfo, un dito di iodio, intingere appena il cucchiaino nel bromuro, e scuotere scuotere scuotere. Ho tra le mani il collo magro del dottore.
Riverisco, riverisco, dicono quando viene e quando va. Con il re sarebbero meno gentili. Qualche volta lo seguirò in punta di piedi lungo le scale, gli picchierò all’improvviso una mano sulla spalla: « Lei non vivrà molto, guardi che colore... ». Ha detto a mia zia che sta meglio, Bab invece è sempre debolino. Adesso scuoto mia moglie, sento che russa e le dico: « Bab sta benone, e tu stai male ». Fingeva di lagnarsi: « Povero Bab ».
O
Dormono. Io posso stare sveglio sino a domattina e sarò fresco come una rosa. Stamane all’alba ho fatto di corsa il viale davanti alla casa e non mi sono stancato, niente, proprio niente. Da settimane desideravo provare e avevo paura che mi vedessero.
Quelle gocce nere dove saranno? Guardo la mano di Maria, la tocco con la bocca. Passano i minuti e un minuto rompe una fibra, rode un millesimo di millimetro di tessuto. La zia ha bisogno di calcio, le sue ossa sono steli. Quando non ci sarà più, in un cassetto troveremo tre o quattro pastiglie. Devono esserci ancora certi tubetti rossi, erano di mio padre, ne avevamo comperati molti per risparmiare. Io gli stavo vicino quando morì, eravamo noi due soli. A un tratto i suoi occhi si spalancarono, divennero luminosi, poi li richiuse. Cinque secondi prima vedevo le coltri sollevarsi adagio. Dissi con voce tranquilla: « E’ impossibile ». Continuai a leggere forte il giornale: « In una miniera presso... ». Ma entrarono due o tre persone e si cominciò a piangere.
O
Me ne accorsi di nuovo oggi nel fare un gesto. Il cuore batte, spinge per una miriade di vene il mio sangue, mio, mio, tanto che con un taglio lo perdo tutto, se mi pare. Sono padrone di me, non è vero? Per esempio, due impronte digitali precise non si trovano a girare la terra.
Una volta, avevo sei anni, mi svegliai e lo vidi seduto sul letto, come me, ora, con gli occhi incantati.
O
Ho visto scaricare tre casse davanti alla farmacia. Forse vi era dentro una scatola piccola, piccolissima, quasi la dimenticavano. Una notte Bab correrà giù senza mettersi la giacca. « Il papà... ». « Ecco, gli dia questi tubetti rossi ».
Cesare Zavattini.
Collezione: Diorama 01.02.33
Etichette: Cesare Zavattini
Citazione: Cesare Zavattini, “Medicine,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/908.