Diorama Letterario

Titolo: Una parola al giorno - Outré

Autore: Paolo Monelli

Data: 1933-02-15

Identificatore: 1933_128

Testo: Una parola al giorno
Outré
« Un altro punto outré (mi scusi Monelli) è nel capitolo ecc. ». Cosi scrive un amico critico, recensendo un libro del compilatore di questa rubrica. Ma che c'entra il compilatore di questa rubrica, che debba scusare o non scusare un’espressione straniera? Egli, e lo ha scritto su queste colonne, riconosce a ciascuno, e prima di tutto a se stesso, il diritto d’usare le parole che crede e si limita a ricordare l’esistenza della parola italiana a chi per avventura l’avesse perduta di vista nell'abbagliante rivelazione della parola esotica. (Così l’autore d’un piacevole diario di campeggio in Bretagna comparso su Pègaso [febbraio 1933] potrà trovar conveniente, parlando di francesi, dire politesse e incanto vieillot e rentier e simili; ma vorremmo ricordargli che « all’ombra di un orme » è proprio lo stesso che « all'ombra di un olmo »; e « giocare aux boules » è proprio « giocare alle boccie »; e se gli par giusto di dire orme e boules e grimaces solo perché scrive di cose francesi, allora perché non dice anche « dopo alcuni jours trascorsi in Turenna », e « incontrammo una femme che ci disse... »? Di questo passo si arriva a quella frase che abbiamo letto in un articolo sul golf uscito sulla rivista San Remo: « le buche sono eighteen, come si dice contando in inglese »).
Per tornare a outre, non è a noi che deve chieder scusa l’illustre critico, sì bene alle parole ed espressioni italiane esagerato, eccessivo, spinto, che eccede la misura, che passa i limiti, e simili, alle quali ha preferito la paroluccia straniera. La quale significa in francese anche sdegnato, indignato (« je suis outré de tant d’impertinence); traverso il verbo ontrer da outre, oltre, quasi fosse oltrato (e oltrare, per dire andare oltre, si trova nei classici).