Braccio Agnoletti (dettagli)
Titolo: Braccio Agnoletti
Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)
Data: 1933-03-08
Identificatore: 1933_154
Testo:
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Braccio Agnoletti
Il caso di Braccio Agnoletti, scrittore toscano di nome e di fatto, è dei più curiosi. Ci si mette a leggere i suoi racconti (Ring, ed. Vallecchi) nello stato d'animo più disposto ad accogliere schemi d’evasione dal bozzettismo strapaesano costruiti su piani d'umorismo e di ironia, e ci si ritrova invece in una atmosfera di tutt'altro carattere, in un clima poetico d'origine romantica che avvolge le creature e le vicende agnolettiane d’un fluttuante velo di tristezza umana, riflette la impotenza delle nostre reazioni, contro la crudeltà del destino e riassume in limpide allegorie la nostra sconsolazione, il cui fondo è tanto più tragico quanto più sembra accettata la parte che la vita ci riserba e cosciente la rassegnazione di fronte all’ostilità e ingratitudine delle cose. L'equivoco, si badi, è soltanto iniziale. Forse il titolo stesso della prima novella e del volume, Ring, e un certo tono di essa concorrono a formarlo per quel tanto che dura il taglio delle pagine, o poco più; si pensa cioè ad un toscano in rissa contro l'artificiosa magia e le convenzionali menzogne dell’esotismo letterario, dell’americanismo e della cosiddetta dinamicità. Invece dopo cinque minuti di lettura t’accorgi che i propositi dell’Agnoletti sono diversi e lontani, che il suo non è sentimento del colore, del pittorésco e dell’aneddoto, ma sentimento del dolore, o meglio di una malinconia pudica e raccolta che pare la dotazione d'ogni creatura, in qualsiasi momento della sua giornata terrena. Donde, se mai, una patina grigia diffusa, un senso di uniformità che si risolve a danno dell'equilibrio d’una arte nata da un’autentica sofferenza, un tardivo crepuscolarismo più vicino a Cecov che ai. poeti delle piccole cose, cioè meno limitato e vago e più aderente alla umanità dei personaggi. Quando l'Agnoletii riuscisse a liberarsi da questa visione insistentemente monocorde e a portare la propria accresciuta sensibilità in campi sentimentalmente più ricchi di succhi, più autorizzati a rappresentare la varietà delle esperienze umane nel ciclo medesimo del dolore e della crudeltà che presiede alla nostra nascita e controlla il nostro cammino, la sua arte renderebbe onde di suoni sempre più diffuse in direzioni sempre più vaste, acquisterebbe in universalità, e quindi in sincerità in senso assoluto, in proporzione di quel tanto che mostra già d’aver conquistato in direzioni intime e spoglie e in profondità. A ciò s'aggiunga una felicissima virtù evocatrice d'ambienti e di momenti, una graduazione sapiente dei rapporti tra l'interno e l'esterno, si che la rappresentazione della tragedia di tutti non si riflette su sfondi di opaca desolazione intonati alla sua grandezza e ineluttabilità, ma si staglia in contrasti assai efficaci su sfondi luminosi e chiari, ottimistici, per cosi dire; su quadri dove il sole accende le sue luci e la natura spalma i suoi colori, dove il mondo si presenta con ciò che di giovane e fresco gli donano ogni giro di ventiquattr'ore le albe rinnovandolo in una atmosfera da idillio. E se da qualche ingenuità senti che Braccio Agnoletii dev’essere più giovane di quanto non lasci pensare la pienezza del suo sentimento, senti anche che codesta giovinezza è matura per un’arte tutta sostanza di cose vissute.
Collezione: Diorama 08.03.33
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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Braccio Agnoletti,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 16 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/964.