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Titolo: Il "barbaro dominio"

Autore: Paolo Monelli

Data: 1933-04-26

Identificatore: 1933_219

Testo: Il “barbaro dominio„
I capitoletti della rubrica « Una parola al giorno», che ebbe cosi vivo successo presso i nostri lettori, usciranno a giorni raccolti in bello e chiaro volume della Casa editrice Hoepli di Milano, sotto il titolo « Barbaro dominio », inspirato ad una nota frase del Machiavelli: « a ognuno puzza questo barbaro dominio ». Il compilatore, Paolo Monelli, fa precedere il volume da una « lettera prefazione » di cui diamo la primizia al nostri lettori. Il libro esce con una spiritosa copertina del nostro Novello.
Ecco la lettera:
Caro Amicucci, per un anno intiero tu hai avallato con la tua firma di direttore in calce alla Gazzetta del Popolo questi capitoletti che uscivano quotidianamente nella rubrìca « Una parola al giorno ». Non credere ora di cavartela, che sono raccolti qui in bello e grosso volume, bisogna che il tuo nome compaia anche qui, per malleveria, per raccomandazione, e anche — se te la senti —, per dividere la responsabilità del compilatore.
È forse la prima volta nella storia del giornalismo italiano che un quotidiano assume con tanto impegno e continuità il compito di ripulire il linguaggio dagli esotismi. Finora i quotidiani erano famigerati per il contrario; della più gran parte dei barbarismi e delle espressioni errate e barocche la colpa è sempre stata attribuita alla stampa ed ai giornalisti. Il Fanfani, il Petrocchi, il Rigutini, i buoni puristi della fine dell'800 non trovano parole abbastanza gravi contro i gazzettieri inquinatori della patria favella. Se questo è vero, ammenda più onorevole non poteva farsi da parte del nostro antico e giovanissimo giornale, in nome di tutta la classe.
La Gazzetta del Popolo ha mostrato che si può fare questa opera di pulizia senza pedanterie, senza vecchiumi, senza purismi, senza il terrore dei neologismi, senza le amene goffaggini denunciate quasi cento anni fa da Prospero Viani. Questa campagna è stata lodata per la chiarezza fascista che l'ha animata; più bella lode non le si poteva fare.
Ho avuto una volta occasione di dire, in una delle conversazioni mensili con gli assidui della rubrica, che se questa rubrìca non ti fosse parsa moderna e spregiudicata non l'avresti accolla nel tuo giornale così giovane e vivo. Ma, come ho già detto, mi illudo di avere portato una parola nuova e fresca in questo argomento; che si può essere moderni, sportivi, giovani di fede e d'idee, e volere splendente e pura la lingua. Perciò ho fatto di questa campagna soprattutto una questione di orgoglio, di dignità. I popoli forti impongono il loro linguaggio, i loro modi di dire, le loro sigle, non corrono dietro a ogni foresteria con balordo zelo. L'inquinazione del linguaggio è opera generalmente di ignoranti, di presuntuosi, di schiavi; per questo solo dovrebbe suscitare reazioni. Non c'è più posto in un'Italia ardita e cosciente di sè per i cianciugliatori alla balcanica di parolette forestiere; il gusto dell'esotico cosi nei gusti come nel linguaggio non è indice di spirito moderno, è al contrario tabaccosa manìa; simile alla vieta eleganza di certi giovani antichi, con l'altissimo colletto duro e il plastron (non tradurremo questa parola che morrà con loro) e i baffi impomatati alla Guglielmo e la caramella assicurata a un largo nastro di seta nera.
Per questa mia fatica, l'ho già detto sul giornale, ho perduto la grazia di vecchi amici, mi sono sentito dire del codino e del professore, ho ispirato le cronache dei giornali umoristici. Amen. Gente che non mi conosce m'immagina vecchio, barbuto, miope, podagroso; mi mette in un mazzo con i grammatici pedanti, con i pignoli arrugginiti; non crede che io sia marinaio e sciatore, e appassionato d'ogni modernità, e pronto a scendere in guerra per ogni novissima impresa o passione. Pazienza.
Ma il pubblico dei lettori ha sentito invece la novità della nostra campagna; e ci è venuto dietro con un entusiasmo che non avremmo mai immaginato, in tempi di infatuazioni collettive per le dive del cinema e gli eroi del palco e della pista. Ed ora che la rubrìca è chiusa, ci ha incoraggiato a raccogliere in un volume i capitoletti. Il volume è qui; c’è il mio nome fuori, di modesto compilatore, anzi di redattore del giornale che ha fatto quotidianamente il suo compito; qui ci vuole il tuo, di direttore del giornale. E ci metteremo anche quello del nostro segretario di redazione, il bravo Giovanni Cima, per. gli innumerevoli telegrammi di sollecito che mi ha fatto arrivare quando restava a secco di materiale per la rubrìca, in città, al mare, ai monti, a Parigi, a Roma, a Codogno, telegrammi sibillini che facevano trasecolare gli impiegati del telegrafo: « Siamo senza parole ».
Tuo affezionatissimo
Paolo Monelli.
PAOLO MONELLI
BARBARO DOMINIO

18 - 3 - 1933
« Paolo Monelli che scrive «gli» invece di «a loro» e di «a lei» (femminile), che adopera il verbo «venire» in luogo di «essere» con locuzione «ha da essere» anzichè «dev'essere», non chè molte altre improprietà linguistiche, non può autorevolmente interloquire in materia di purezze filosofiche.
Un lettore della "Gazzetta del Popolo" »
Il solito cittadino che protesta

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 26.04.33

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Citazione: Paolo Monelli, “Il "barbaro dominio",” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1029.