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Titolo: Utilità e funzione dei "premi letterari"

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1931-08-12

Identificatore: 108

Testo: UN’INCHIESTA FRA AUTORI ED EDITORI

Utilità e funzione dei “ premi letterari "

Col premio Viareggio, d'imminente assegnazione, si chiude la stagione dei premi letterari italiani 1931, la quale ha messo in luce (a parte il nome di Corrado Alvaro, scrittore della generazione bellica, per cui il premio è stato un riconoscimento di meriti, non una rivelazione; e a parte il premio Mussolini ad Ada Negri, consacrazione ufficiale d’un'attività poetica acquisita alla storia letteraria del primo quarto del secolo) i nomi e gli esordii d'alcuni giovani e giovanissimi che dimostrano di saper battere le buone strade. L’istituzione dei premi letterari non ha da noi una tradizione molto antica; è anzi d'origini recenti, ma appunto per ciò ci è sembrato utile aprire una discussione sui criteri che presiedono all’organizzazione d’alcuni di detti premi e sulla loro funzione di propaganda tra la massa del pubblico a vantaggio della letteratura nazionale. E’ questo anzi un punto della massima importanza, sul quale abbiamo particolarmente richiamato l'attenzione delle due categorie maggiormente interessate, gli autori da una parte, gli editori dall’altra. E poiché la nostra inchiesta vuole avere un carattere pratico, ci riserbiamo, a ragion veduta, la possibilità di trarne delle conclusioni generali che giovino a tutti, agli organizzatori dei premi, agli autori che vi partecipano, agli editori che stampano i libri e al pubblico che li legge, il quale resta apparentemente tra le quinte, ma in realtà è il vero protagonista della faccenda, poiché tutto si riduce a trovare la formola felice che avvicini ad esso il libro italiano, glielo faccia desiderare, amare, chiedere, vinca il suo presente stato di distrazione e d’indifferenza e lo persuada a spendere a vantaggio del libro un poco del suo tempo e del suo danaro.

L’inchiesta è rivolta dunque agli autori e agli editori, ai quali abbiamo sottoposto le seguenti quattro domande:

1° Credete all’utilità dei premi letterari e alla loro efficacia come mezzo di propaganda popolare a vantaggio del libro italiano?

2° Credete che i premi possano rivelare degli autentici valori che non avrebbero altrimenti modo di arrivare al pubblico?

3° L’attuale moltiplicarsi di premi letterari non è già un indice della favorevole ripercussione ch’essi, nel recente passato, hanno avuto nella massa dei letterati? 0 anche in fatto di premi preferite la formola: «pochi, ma buoni»?

4° Qual’è l’influenza immediata del premio sulla vendita del libro premiato?

Pubblichiamo le prime risposte pervenuteci:

Due Accademici d’Italia

Arturo Farinelli, l’illustre maestro dell’Università di Torino, non ha tenerezza per i premi letterari » che non siano offerti dalla coscienza del proprio dovere e del proprio valore ». Non è, tuttavia, il suo un giudizio completamente negativo, perchè in fondo anche S. E. Farinelli, rappresentante nell’Accademia d’Italia del pensiero critico italiano, è un poco parte in causa: giudice infatti egli stesso dell’assegnazione di premi passati e futuri...

La risposta di S. E. Angiolo Silvio Novaro, il poeta della gentilezza e della bontà, è una risposta pratica e circostanziata, notevole soprattutto per le conclusioni cui giunge intorno alla questione dell’abbondanza dei premi.

Io penso — scrive il poeta del Piccolo Orfeo — che un « autentico valore » la sua vìa per arrivare al pubblico non manca mai di trovarla, se anche fatica nella più sorda solitudine, sorretto unicamente dalla propria passione e senz'altri premi da quelli che gli largisce la propria coscienza. Con che non nego naturalmente che un bel premio, bello per l'entità della somma e bello per la nobiltà della giuria che lo decreta, non giovi allo scrittore ignoto. Levandolo di colpo dall'oscurità e portandolo a immediato contatto col vasto pubblico, gli fa compiere in pochi giorni un cammino che altrimenti gli porterebbe via anni. Oltre di che, il riconoscimento autorevole dei suoi meriti ne rinsalda la fede, ne eccita l'energie e lo piega con più amore al lavoro. E non parliamo poi degl’indiscutibili vantaggi materiali. Fino a che punto l'odierno moltiplicarsi dei premi letterari stia a denotare « una favorevole ripercussione presso la massa dei lettori » non saprei dire; ho anzi qualche dubbio in proposito, e penso a ogni modo che l’abbondanza finisca per essere piuttosto un male che un bene. Accade fatalmente dei premi ciò che di tutte le cose di questo mondo: la quantità ne avvilisce il valore. Quando il premio è privato del suo carattere di eccezionalità e diviene quasi, il fatto di ogni giorno, l’interesse del pùbblico si attenua e declina presto verso l'indifferenza. Messi davanti a troppi nomi nuovi e troppi libri laureati, i lettori si disorientano, entrano in sospetto e diffidenza, e trovano facilmente motivi di scontento e di condanna. E pertanto, volendo conservare ai premi la massima efficacia e cavarne i frutti migliori, mi pare che converrebbe proprio attenersi alla formula: « pochi ma buoni ».

Angiolo Silvio Novaro

« Segnalazione alla crìtica »

Gino Rocca, il romanziere dell’ Uragano e dei Primi saranno gli ultimi, il commediografo di Sior Tita paron, crede, sì, all’utilità dei premi letterari, ma non come mezzo di propaganda popolare: nessun libro a larga tiratura, egli afferma, è uscito da un concorso letterario. Gino Rocca comincia invece col considerare il premio sotto un angolo diverso, come segnalazione alla critica, « poichè offre, fra le altre ghiotte cose, la possibilità ad un recensore di stroncare, con un solo articolo, l’autore e i giudici ». Quindi il Rocca s’addentra acutamente nella disamina del « meccanismo » dei premi:

I criteri che informano tutti i regolamenti trascritti o sottintesi, per l'assegnazione d'un premio letterario, non sono mai quelli che inducono i giudici alla scelta di un libro facile, di un libro destinato a diventar subito popolare. Il premio deriva da una discussione, da una disamina critica, spesso da un conflitto di pareri che tendono naturalmente verso l'alto, verso quella zona della stratosfera letteraria dove vive, lontana dal più fitto pulviscolo dei lettori, l’opera di eccezione. Perciò (terza domanda) l’attuale moltiplicarsi di premi letterari non può essere già un indice della favorevole ripercussione ch'essi, nel recente passato, hanno avuto nella gran massa dei lettori. Questa gran massa è assente prima e dopo. Il premio letterario, che non è a base di suffragio universale, ma anzi si contrappone allo stimolo di tali indicazioni, ha — e deve assolutamente avere — una sua natura squisitamente aristocratica. Il moltiplicarsi di tali premi tradisce questa natura; crea una gioconda gazzarra di speranze in un numero sempre più vasto di aspiranti; uno spreco dannoso di munizioni reclamistiche; un gioco sempre più serrato e sempre più sterile di speculazioncelle editoriali.

Ammesso che l’assegnazione di un premio deve per forza sempre avvenire, per salvaguardare la serietà del bando e di chi l’ha firmato; ammesso che un autore premiato una volta è quasi sempre a priori eliminato dalla schiera dei concorrenti ai premi futuri, mi sapete voi dire quale sarà il numero dei laureati senza gloria fra pochissimi anni in Italia? Ogni premio che sorge danneggia per forza gli altri premi, specie se non tieni conto della natura di questi premi e delle epoche in cui scadono i bandi. Io credo dunque che convenga disciplinare questo entusiasmo, che è lodevolissimo, ma che potrebbe diventare ridicolo. Tre premi in un anno, in tre tempi diversi, non sono pochi. Per essere veramente utili devono anche essere di natura diversa: un alto e vistoso premio alle opere; un premio all’opera; un premio alla prima opera. Il primo premio corona un'attività lunga e geniale; il secondo premia l’opera, anche di un autore noto, che nell’anno s’è resa degna di speciale attenzione; il terzo sottolinea un nome nuovo.

La seconda domanda mi fa sorridere: un autentico valore s’è affermato sempre, anche quando il mondo non era avvolto nella carta stampata.

Quarta domanda: l’influenza immediata dì un premio sulla vendita del libro premiato ve la preciserà in cifre un editore. Io vi dico che i libri premiati, quest'anno non sono certo quelli che si sono venduti dì più.

Gino Rocca

Il pensiero degli editori

La risposta di Gino Rocca porta, dicevamo, un contributo pratico alla questione: e le sue proposte per la « disciplina » dei premi meritano di essere prese nella massima considerazione. A questo punto di vista si avvicina anche uno dei maggiori rappresentanti della classe editoriale, il grand’uff. Enrico Bemporad. Egli risponde alle quattro domande del nostro questionario: trascrivendo integralmente le sue risposte. dobbiamo osservare che non è esatto che i premi letterari di quest’anno siano andati tutti a scrittori già noti, perchè al caso del premio Bemporad, citato nella risposta dell’editore, conviene aggiungere quello del premio Negri, che ha messo in luce un giovane di merito, Ugo Dèttore, da noi presentato in una recente « Galleria »; e la segnalazione della giuria del premio Mondadori, che ha aperto la strada ad una giovane scrittrice, di singolari temperamento e disposizioni, come Giana Anguissola. Ciò precisato, ecco le autorevoli risposte di Enrico Bemporad:

I — Ritengo che i premi letterari siano utili ed efficaci per la diffusione del libro soltanto quando essi siano non troppo numerosi e distribuiti a lunghi intervalli, con tutte le garanzie necessarie per la serietà ed autorevolezza del giudizio. Inoltre, i premi stessi dovrebbero essere specializzati nel senso di segnalare il migliore romanzo, libro di poesie, di novelle, di storia, ecc., e non l’opera letteraria in genere di uno scrittore. Occorre soprattutto che il pubblico sia profondamente persuaso che il premio è stato dato con criteri di assoluta imparzialità e non in seguito a pressioni o ad intese amichevoli.

II — La rivelazione di autori nuovi e meritevoli d’interessare il gran pubblico a cui i premi si rivolgono, è molto rara e diffìcile. La speranza di tale rivelazione è però l'unico motivo che giustifica i premi letterari. Quando essi sono assegnati, come è accaduto recentemente (si può dire che la sola eccezione sia stata il premio Bemporad per i « Romanzi della Vita Moderna » dato a Enrico Torrioli per « Castel diano »), a scrittori già noti, il loro effetto pratico è scarsissimo, anche se la designazione venga da Enti autorevoli.

III - « Pochi, ma buoni ». E dati con i criteri sopra indicati.

IV — L'influenza è variabilissima. Ci sono dei grandi premi che non fanno vendere una copia, e dei piccoli premi commercialmente utili. Il valore del libro premiato è un elemento decisivo del successo, che dipende perciò soltanto in parte dalla curiosità suscitata dall’assegnazione del premio.

Enrico Bemporad

Un’altra risposta circostanziata è quella di Attilio Vallecchi, l’operoso editore fiorentino; egli non soltanto crede alla utilità dei premi, ma giudica utile, ai fini delia diffusione del libro, il loro moltiplicarsi:

I — Mi par che, in linea di massima, non sì possa non credere all’utilità dei premi letterari e alla loro efficacia come mezzo di propaganda del libro.

II — L’attenzione del pubblico, spronata dalla buona e serena critica, s’è fatta da un pezzo abbastanza acuta nei riguardi degli autentici valori letterari; i premi posson collaborare (delicatis simo compito!) all'opera della critica e del pubblico, a patto d’imparzialità assoluta e d'assoluta serietà.

III — Il moltiplicarsi dei premi letterari può significare un indice della ripercussione da essi avuta sulla massa dei lettori Sarà bene però disciplinarii ispirandoli a condizioni spirituali. Ciò premesso, non c'è che da augurarsi che i premi aumentino sempre di numero e cifra: « Molti e buoni », insomma.

IV — L'influenza del premio assegnato sul pubblico mi par che in genere sia proporzionata all'interesse che il libro offre alla lettura. L'imparzialità assoluta di criteri nell'assegnazione dei premi contribuirà sempre più a far seguire al premio assegnato un giusto successo di vendita. Occorre però fare eccezione: non sempre quello che piace ad un largo pubblico è quello che è buono. Anzi, purtroppo!

Attilio Vallecchi

Ci sono, sì, alcuni editori fondamentalmente contrari alia istituzione dei premi letterari, e scettici sulla loro funzione e sui loro risultati (citiamo il caso di G. Laterza di Bari, il quale si richiama addirittura a Pitagora, come colui che « raccomandava di evitare di far cose che potessero destare invidia »); ma in genere l’utilità dei premi ai fini della propaganda libraria è ammessa dalia maggioranza, la quale si pronuncia prevalentemente per la forinola « molti e buoni » piuttosto che per l’altra « pochi ma buoni » che ottiene invece le maggiori adesioni da parte degli autori. Ed ecco la risposta d’un altro editore, il milanese R. E. Ceschina:

I — L'utilità in genere dei « premi letterari » è indiscutibile. La loro pratica efficacia agli effetti della divulgazione del libro dipende dal modo col quale il premio viene assegnato. Se l'assegnazione dei premi vien fatta da una giuria che — fissati in modi inequivocabili i limiti e i termini del concorso — legga per davvero i libri che vengono presentati, additi i migliori e scelga serenamente l’opera o le opere da premiarsi, l’autore prescelto si avvantaggia indubbiamente dalla designazione, specialmente se si tratta, di un esordiente.

II — Ritengo che un premio letterario, se assegnato da una giuria imparziale sulla base di un concorso ben definito (stabilire esattamente se i concorrenti debbano essere degli uomini nuovi o se il concorso è aperto anche a scrittori già celebri, e determinare con assoluta precisione il genere letterario che deve concorrere: romanzo, racconti e novelle, Uriche, ecc. ) possa realmente giovare a rivelare nuovi, valori o a consacrare fame assodate.

III — Credo che una certa abbondanza di premi non guasti, anzi, a mio modesto parere, ogni concorso dovrebbe assegnare due o tre premi in graduatoria. Accade che la giuria si trovi davanti a due o tre lavori che presso a poco si equivalgono. Necessita assegnare il primo premio, ma sarebbe giusto di estendere anche al secondo e al terzo un poco di quattrini e di notorietà.

IV — Se il libro premiato, al momento della premiazione era già noto e diffuso, l’esito di vendita determinato dalla premiazione è spesso modesto essendo che il libro in virtù di buone recensioni ha già mietuto nel campo del suo pubblico; se invece si tratta di un libro poco noto o poco divulgato, il premio, colla conseguente réclame, determina quasi sempre una buona vendita con vantaggio materiale e morale dell'autore e dell’editore.

R. E. Ceschina

Saponaro e Carola Prosperi

Torniamo a spigolare tra le risposte degli scrittori. Ed eccoci a Michele Saponaro, figlio deila terra pugliese, il quale, per non essere accusato di prolissità, precisa col minor numero di parole possibili il suo pensiero sui premi letterari. Michele Saponaro batte, in questo referendum, il record della laconicità:

I — Si.

II — Qualche volta.

III — « Pochi, ma buoni ».

IV — Se l'autore è ignoto, poca; se l’autore è noto, molta; se l'autore è notissimo, nulla.

Michele Saponaro

Chiudiamo questa prima « puntata » della nostra inchiesta con la risposta d'una chiara rappresentante delle scrittrici italiane, Carola Prosperi, l’autrice torinese che ha dato alla letteratura narrativa tanti libri di vita vissuta e sofferta, ricchi di umano sentimento e di fraterna pietà. Il giudizio di Carola Prosperi è particolarmente interessante perchè la scrittrice fu appunto rivelata, prima delia guerra, da un premio letterario:

I — Ci credo, perchè io stessa devo ad un premio, il premio Rovetta, assegnato al mio romanzo « La paura di amare », nel 1912, la migliore presentazione al pubblico.

II — Sì, perchè molte volte anche un autentico valore non possiede nè il denaro per stampare il suo libro a proprie spese, nè il coraggio di presentarlo a un editore.

III — Anche molti, purché seriamente assegnali.

Carola Prosperi

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 12.08.31

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Utilità e funzione dei "premi letterari",” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/108.