Beta!
Passa al contenuto principale

Titolo: L’avaro

Autore: Sandro Volta

Data: 1933-11-22

Identificatore: 1933_500

Testo: L'avaro
Il vero avaro non è mai miseramente vestito: polsini sfilacciati, fondi di pantaloni e gomiti lustri, baveri affrittellati, bottoni che pendono da un ultimo problematico filo, stringhe rannodate, colletti bisunti, stoffe che mostrano la corda e che appaiono sempre sul punto di lasciarsi andare, non sono gli attributi dell’autentica avarizia. Segnano, semmai, una sciatteria e un disordine innato, più ancora che una forzata ristrettezza la quale, in ogni caso, è sempre assai più dignitosa o, almeno, con molta più sapienza dissimulata.
Ma l’avarizia non c’entra; essa che è anzi raffinatezza, consumatissima e razionale organizzazione dei propri mezzi.
Il vero avaro voi lo vedete lindissimo, levigato come un vecchio avorio nella vetrina d’un antiquario: le tempie un po’ ingiallite, qualche riflesso d’argento fra i capelli, è il prodotto essenziale e squisito d’antichi contrasti familiari, di dissidi che durano magari da cinquant'anni, in cui il buonsenso domestico d’una nonna campagnuola che ha messo i primi cento scudi alla cassa di risparmio, attraverso avventure incredibili nelle quali la parentela si è dispersa per il mondo, arricchendo nei commerci o dilapidando fortune, è pervenuto allo stato attuale che può dirsi ormai perfetto e, in un certo senso, pressoché definitivo.
Gli antichi squilibri agiscono ancora sull’esistenza del nostro avaro con una intensità che ne rende, talvolta, la vita drammatica. Ed è veramente esemplare la sua contenuta fierezza che non lascia trapelare il benché minimo sospetto.
Influenze illegittime, eredità di chi sa quali contrabbandi remoti, minacciano assai ispesso di sovvertire la superiore saggezza d’una avarizia integrale, per le quali l’avaro deve sostenere asprissime lotte che mettono a dura prova la buona riuscita del ruolo naturalmente affidatogli e che dovrà sostenere durante la vita intera. Sono i momenti più difficili da superare, pericolosissimi, per far fronte ai quali è necessaria una ben agguerrita forza di carattere e abitudini ormai immutabili. Comunque, dopo queste intime lotte, l’avaro è colpito da un senso fisico di nausea, una fascia gelida gli avvolge il capo fattoglisi vuoto, ha la bocca amara, le occhiaie ardenti, e un’infinita rilassatezza l’opprime, come se fosse reduce da chi sa quali favolose orgie.
Allora egli rimpiange i tempi in cui, figlio di famiglia, era la mamma a regolar la sua vita come quella d'un orologio al quale una mano previdente non lascia mai mancare la carica; non lo entusiasma il ricordo dei successi ottenuti pòi, e nemmeno la certezza della fortuna che non lo ha mai abbandonato e che lo accompagnerà ancora e sempre in ogni sua impresa, viene a galla l’egoismo dispettoso che è al fondo della sua avarizia, e appare chiaro come l'avidità della ricchezza non sia il fine ultimo delle sue azioni perché sarebbe anche capace di sperperare in un colpo tutto quanto possiede pur di essere ben sicuro che non ne avrà a guadagnare nessuno.
L’opinione inveterata che noi abbiamo di un’avarizia molieriana e alquanto sordida ci fa restare stupefatti di fronte a questo tipo di avaro pretenzioso, pieno di aspirazioni e incapace di ogni minima privazione; stupisce vederlo vestito di belle stoffe grigio-chiare di taglio correttissimo, scoprire nel suo sguardo la luminosa innocenza degli astri dello schermo, e soprattutto ci lascia esterrefatti la notizia che ha scelto la professione dissipatrice e sprecata dello scrittore.
Ma noi siamo troppo schiavi di idee preconcette e troppo poco disposti ad accettare la realtà quando non si presenta conforme allo stampo che ce ne eravamo preparato, troppo pigri per poter subito accogliere una verità che sconvolga le nostre radicate opinioni. Così ci facciamo mille meraviglie a vedere l’avaro, alto e impeccabile, trascorrere la propria vita in compagnie spreoccupate dove fa sempre la migliore figura: ha la casa più bella, la meglio cuoca, ed è il più propenso a fare un favore. La sua condotta è irreprensibile e strabiliante, nessuno sa capacitarsi che si tratti proprio d’un vero avaro.
Magari è facile coglierlo in qualche sfumatura, quando, al momento di pagare il conto, gli spiccioli non gli bastano mai a formare la sua parte e uno o l’altro degli amici presenti deve metterglici qualche cosa, ma si tratta di episodi minimi, piccole spilorcerie che non passano mai i pochi centesimi, quasi un vezzo, perché anzi, anche in queste cose, è correttissimo, e debiti non risulta a nessuno che ne abbia; soffrirebbe troppo, poi, per la restituzione.
In una certa circostanza cento lire ebbi a prestargliele io una volta, ma dopo pochi giorni me le rese e, nel frattempo, si capiva benissimo quanto gli urgesse sdebitarsi; ogni momento non faceva che ripetere: «Devo sempre rendere quella somma al nostro Volta », come se potesse in tal modo alleggerire il debito.
Ma, lo ripeto, sbaglierebbe chi volesse giudicarlo da queste piccolezze: le apparenze sono anzi tutte dalla sua. Ama la buona tavola e i meglio vini, che beve generosamente fino all’ultimo bicchiere anche se dovrà esser quello che farà traboccare il colmo, perde tempo per i caffè dove si concede tutto, con la foga disperata di un suicida, nelle discussioni più disinteressate.
La sua avarizia è di ordine metafisico e imponderabile ed abbastanza nobile per superare le contingenze della banalità quotidiana: avaro d’un capitale già speso, si aggrappa ostinatamente al mito di una giovinezza ormai sfumata, si oppone con tutte le sue forze al trascorrere inesorabile degli anni, e, in fondo, tutto il problema della sua avarizia è quello di risparmiare a goccia a goccia il più piccolo spreco di responsabilità.
La guardinga cautela della sua opera letteraria lo mette, quella si, a nudo. Ha vissuto anni e anni su una trovata allegra, tirato avanti per un tempo immemorabile su una vignetta pescata in non so quale rivista tedesca, e costruito un’etica da un’innocente battuta di spirito; tutti i suoi libri si potrebbero dipanare a rovescio fino a ritrovare quell’unico aggettivo bene azzeccato, lavorando incessantemente sul quale ha intessuto l’intera trama.
Nel complesso si tratta di un uomo che ha saputo organizzare in modo ammirevole le proprie risorse e ne ritrae ora il rendimento massimo, mentre l’inusitata rarità del caso lo salva da ogni pericolo di trivialità e gli conferisce, anzi, prestigio e decoro. Nonostante quelle spalle alte e un po’ curve, quei suoi capelli incanutiti, una giovinezza inguaribile lo accompagnerà ancora per molti anni, preservata da un egoismo esemplare.
In pubblico farà sempre la prima parte; si succederanno le generazioni, ma rimarrà ancora lui il più brillante di tutti.
Io non so però se questa forza d’animo sarà bastevole a sorreggerlo durante tutti i momenti della sua giornata, o se, invece, a tu per tu con se stesso non lo abbandonerà ad un tratto. Sospetto difatti che una noia insopportabile lo prenda quando è solo e penso con infinita compassione all’enorme spreco di tutta la sua avarizia quotidiana, ora che si sente spendere e consumare tutto in una volta fra le quattro pareti di una stanza dove non è rimasto che lui.
Sandro Volta.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 22.11.33

Etichette:

Citazione: Sandro Volta, “L’avaro,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1310.