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Titolo: I libri della settimana

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1933-12-06

Identificatore: 1933_528

Testo: Libri della settimana
Patria d’acque
«... il poeta si avvicinerà di più all'infinito, brama inappagabile di ogni uomo, se i suoi palpiti, mescendosi all'eco corate dei morti, moduleranno il tremito dei presagi... La poesia chiede molta agilità, ma spirituale, e neanche essa s’ ottiene senza ginnastica... »: eran queste, ed altre, le prime riflessioni suggerite qualche anno fa a Giuseppe Ungaretti, dalla lettura delle liriche di Odor di terra che Corrado Pavolini stampò con la firma editoriale di Ribet. Parte di quelle liriche ricompaiono nel volume Patria d’ acque, uscito quest'anno nella collana dei « Poeti d’oggi » di Vallecchi (Firenze, 1933 - Lire 8). Formano appunto la prima parte di codesto volume, « vorrei dire documentario » avverte il Pavolini; la seconda risulta di diciassette componimenti più adulti « nei quali spero sia visibile la coerenza da un lato, che li lega ai vecchi, e l’ansia, dall’altro, di attingere in più libere forme un più libero canto ». Troppi insistenti gii echi leopardiani, dissero quasi tutti i critici quando uscì Odor di terra. E l'Ungaretti rivendicava in linea spirituali: ed estetica la funzione della tradizione: «... credo chi cerchi di mettersi in grado di ascoltare i ritmi a mezzo dei quali all’orecchio dei padri era persuasiva l’armonia dell'anima, allarghi il tempo, ciò che è compito della poesia ». Atto di fede quanto mai sintomatico nel tenere a battesimo il canzoniere d'un giovane. Intanto piace di ritrovare nel volume d'oggi un gruppo di quelle liriche che giustificarono il consenso dell'Ungaretti, per esempio Alla mia donna («... quella sua arte di portare un suo caso intimo al grado della leggenda e dell’ineffabile, e fattogli trovare una distanza non fargli perdere il suo carattere famigliare e cordiale ») e il mito di Alcione (« in questi miti ha visto con precisione il carattere della poesia mediterranea, che è quello d’incarnare le idee eterne e farne, esse incorruttibili, per la nostra fralezza che le ha animate, un nostro sogno »). Così, accanto ai miti del tempo e alle immagini delle stagioni, te liriche della vita casalinga integravano nella sua ricca umanità la figura del poeta fiorentino. Il titolo stesso, Odor di terra, diceva allora d’una fedeltà non soltanto alla natura e ai suoi miti elementari, ma ai ritmi rinnovati in un ciclo di sensibilità nuove (appunto nella lirica citata Alla mia donna l’ultimo bellissimo verso trasporta un’evocazione di movimento romantico sul piano della leggenda, la allontana nel tempo senza farle perdere il suo carattere intimo). Il titolo nuovo, Patria d’acque, è ancora, allusivo, si riattacca a quel carattere della poesia mediterranea definito dall'Ungaretti con le parole su ricordate. Di qui la coerenza che lega i componimenti, nuovi ai vecchi, e insieme quell’ansia di maggior libertà formale e sostanziale confessata dal Pavolini, e tuttavia realizzata con la maggior cautela. Come tipici di questa nuova impostazione del mito indicheremo Al gattino d’un caffè e idea del fiume che sono due cose perfette. Ma non si renderebbe compiutamente al Pavolini l’onore che gli è dovuto se non si ricordassero l’ordine e la misura del suo pensiero quali risultano da un libretto di prose del 1929. Elixir di vita: ch’è la confessione d’uno scrittore del tempo nostro, il quale, ben avanti le recenti polemiche, ha riconosciuto la necessità per gli artisti di non isolarsi nelle torri d’avorio uccidendo in se ogni, lievito di vita: «C'è qualche motivo di credere che ritornar sulla terra e accettare in pieno l'umano destino non sembri più loro una capitolazione ma una salvezza... ».
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File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 06.12.33

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “I libri della settimana,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1338.