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Titolo: Maria Luisa Ritratto fiammingo

Autore: Mario Viscardini

Data: 1934-01-10

Identificatore: 1934_64

Testo: Maria Luisa
Ritratto fiammingo
Marie Louise è una vecchia pazza; non tanto vecchia, però, né pazza del tutto; per vederla ringiovanire basta lavarle il viso dagl’impiastri di toeletta; e per farla rinsavire basta parlarle di quattrini.
Quanto al resto, non c’è dubbio, è una mosca senza capo. Pare venuto meno in lei non solo il governo intimo delle proprie azioni, ma persino il desiderio d’indirizzar la vita a una mira qualsiasi.
Che fare di un corpo come il suo? Florido, muscoloso, pesante, roseo; non domanda che di mangiare, dormire e far carne, « bonne chair ».
Ma dove guidarlo, in che cosa occuparlo? Ecco la tragedia dello spirito, che sorge a conclusione della commedia di una vita leggera, senza impegni, inspirata al buon senso epicureo e condotta sul binario unico della propria soddisfazione.
Marie Louise è signorina; vale a dire, non ha mai avuto marito, né figlioli. Credo però che abbia fatto la mondana; con tutta semplicità, come un impiego qualsiasi, lontano dal quartiere dei suoi, e per mettere a frutto nel miglior modo la giovinezza florida e desiderata. Ha sempre avuto senso pratico.
E poi sapeva rendersi utile. È un po' visionaria, indovina il futuro e i suoi consigli, se ascoltati, fanno miracoli. Di questo è convinta; ma vede bene le cose altrui e non le proprie; e in verità ciò succede a molta gente.
Pare tuttavia che in certe transazioni abbia realmente dimostrato il senso degli affari; diversamente non sarebbe, come è, padrona di casa, anzi di due case. Purtroppo. Era un buon acquisto anche il secondo, quando ha comprato il terreno; ma tirar su la costruzione, che fatica per lei, povera donna.
Senza dire che la seconda casa è fuori mano, a un chilometro dal tram, e che la crisi degli alloggi rende arduo il problema di trovare inquilini. Ecco l’infelicità. Possedere una casa scomoda; non volerla vendere in perdita; doverla affittare a furfanti che la sciupano e non pagano la pigione e creano mille malanni.
Oppure viverci sola (proprio sola, ora che l’ultimo amante è morto) e doversene sentire innamorati. Se no, come si può chiederne un prezzo cosi alto? Viene lo scoramento e si finisce col buttarla via. Trovar dunque
delizioso quel metro di giardino tutto erbacce, quella vite che non dà uva, e quel pero, alto che nessuno arriva alle pere, e bisogna aspettare che caschino marce per terra (mandare un uomo a coglierle costerebbe più che comprarle).
E frattanto divertirsi con le passeggiate nei dintorni. Ha di buono, quella casa, che è vicino al cimitero, non troppo lontana dall’ospedale e nemmeno dal manicomio. Tutti in vista; e il cimitero è il luogo che Marie Louise frequenta più volentieri. Lì, tra le tombe, dove c’è quella dell’uomo che aveva dato per qualche anno alla sua vita uno scopo, e pare se lo sia portato con sé, Marie Louise cammina, adagino, sognando il monumento che ci vorrebbe avere.
È un sogno anche questo. Dedicare la propria sostanza (non è grande, ma a chi lasciarla? ) a farsi costruire una bella statua in marmo di Carrara, come ne ha viste a Staglieno, lavorata da un buon artista, e che resti per sempre in quel luogo, ammirata da quanti, come lei, avranno il cimitero come passeggiata preferita.
Oh luogo di riposo, dove non ci sarà più terrori di saltar dalla finestra, né guerre con gl’inquilini, né dispiaceri coi parenti, né malinconia per gli anni che passano; dove con gli spiriti si potrà discorrere senza chiamarli al tavolino medianico; e la gente silenziosa ci rivolgerà passando uno sguardo disinteressato; sì, senza invidia (nessuno proprio invidia i morti, nemmeno Marie Louise) anche se ci vedono il con un bel monumento in puro marmo di Carrara, che non tutti si possono comprare!
Ecco perché Marie Louise è una vecchia pazza. Con queste idee non si può non essere un po’ balzane e, senza volerlo, ci si circonda di strambi. Tutte le sue amiche sono un po’ stralunate, infatti; tutte sono delle infelici che ridono e fanno una vita di sollazzo, come lei, o vorrebbero farla.
Del resto Marie Louise ha un’audacia a tutta prova. Quando calavano i prezzi delle case, ella ha cresciuto le sue pretese di sessantamila franchi e ha trovato il compratore. È un bel tiro; ma, ora?
Marie Louise è al riparo; ha tutto il necessario. Una casa completamente sua, mobiliata bene, con radio, pianoforte, violino, chitarra havaiana, mandolino e persino un sassofono, un carillon e un tamburello.
Da piccola voleva tanto studiar musica, e suo padre niente. Si era fatto da sola, per gioco, un concertino di bottigliette e suo padre l’aveva ridotto in pezzi. Ora si vendica riempiendosi la casa di strumenti.
Non ne suona nemmeno uno; ma ci pensano le amiche; sono tutte un po’ pazze, musicali e possono mettere insieme un jazz-band. Che cosa dunque le manca?
D’estate può andare alla spiaggia, o per dir meglio, sulla diga che orla il mare; giacché la spiaggia sporca le scarpe e alla pensione non le puliscono che una volta al giorno. Se ne sta dunque seduta, sola, fra diecine di sedie vuote (cinquanta centesimi al guardiano) e contempla il mare; bionda, monumentale, col suo profilo di bambina, piuttosto gonfiato dagli anni che maturato, si volta spesso a chi passa ed è pronta ad attaccar discorso.
Io e Gaspàri l’abbiamo conosciuta cosi. Le chiedemmo perché non facesse il bagno; ci spiegò che l’acqua era troppo fredda e la spiaggia pericolosa, per le tante buche che ci scavano i ragazzi durante la bassa marea, si che a un tratto ti manca il piede, e sotto.
Quando seppe che Gaspari era scultore non lo volle più mollare. Forse la colpi quel suo tipo di bruno pallido, che, nella foggia del ciuffo, nella fiancatura del soprabito, nel calore dello sguardo, un po’ orgoglioso e solitario, porta scritto: Sicilia; e che nei paesi nordici fa subito pensare a passioni veementi, a scintille d’odio e d’ardore, a chitarre, stornelli, chiari di luna e fumate vulcaniche. Certo è che si rivolse a lui per il suo monumento funebre; però...
Marie Louise, come dissi, è un po’ pazza; ma rinsavisce appena si parla di quattrini. Il senso degli affari si sta mutando in lei in avarizia. Non è ancora del tutto sordida, ma è un po’ squilibrata. E intanto vive, o come dice lei, si lascia vivere. « Je me laisse vivre ». È la sua filosofia. Un po’ alla maschia, facendo i propri comodi (oh tanto scomodi! );
sempre sola o quasi (l’orgoglio c’è per qualche cosa), per ora, senza scopo nessuno, fuorché quello di dar fondo alla sua sostanza prima di morire.
A chi lasciarla? Nessuno le vuol bene, o merita di ereditare. Che stima hanno di lei i parenti? Preferiscono pagare l’affitto agli estranei che abitare in casa sua (nel sobborgo). È dunque lì, atomo solitario, disgregato, che ha perduto la carica e non riesce più a formare una molecola né a collocarsi nel cristallo di una situazione stabile.
*
Ma c’è il monumento funebre. A questo ci tiene (però non tanta fretta; è meglio pensarci). S’immaginava d’aver trovato in Gaspari l’artista occorrente e gli aveva offerto alloggio nella sua casa (del sobborgo). Gaspari ci andò; vorrei farvelo raccontare da lui. Erano soli, in quei quattro appartamenti; a lume di candela, perché l’amministrazione, per certe liti, aveva fatto piombare i contatori. Credete che Marie Louise si sia mostrata tenera? Nemmen per sogno. Respinse i suoi tentativi dicendogli che non amava il « potage » e la « fricassèe de museaux », e gli fece un lettuccio improvvisato in una stanza tutta vuota, talmente che gli pareva di dormire in guardina.
A un certo punto Gaspari cominciò a fantasticare. Quel macigno di donna, insensibile alle carezze, che dormiva nella stanza di sopra, gli si colori delle tinte più nere. E se fosse un’Orca, ammazzatrice di uomini? La casa vuota, senza un rumorino, perduta nel sobborgo, dove nessuno l’aveva veduto entrare, o poteva supporlo, gli mise paura; quei muscoli poderosi gli parvero capaci di strozzarlo e farlo a pezzettini. Non accadde nulla; ma passò, come dico, una nottataccia; e a parlargli di Marie Louise ora scappa come vedesse il lupo.
*
Marie Louise è una vecchia pazza, questa è la verità. Non sa nemmeno lei cosa vuole e capisce gli altri meglio che se stessa. Alle volte ragiona come un ministro; altre, parla troppo, si perde in mille dettagli inutili, confondendo il significativo e il vacuo in uno stesso chiacchiericcio alla rinfusa.
Cosa cerchi non si sa. Ma la sua speranza di trovare un uomo non è affatto morta. Sì; un uomo che svegli la sua anima addormentata, che la guidi alla luce di una mira qualsiasi, nel sentiero di un’amicizia vera, di... È proprio pazza; che si può svegliare in un corpo di cento chili, che ha quasi cinquant'anni, dove governa l’avarizia, regna l’insofferenza, cova il buon senso?
Canta dunque, povera Marie Louise, le canzoncine di moda, imparate alla radio, nelle lunghe ore di solitudine; chiacchiera con la voce gradevole al primo che incontri; passeggia nel cimitero e sogna il monuménto. E alla notte incipria il viso, dipingilo di un brutto color vinoso, tanto peggio del tuo naturale, tingi le labbra, infagotta il grosso addome e gira i caffè, solitaria, godendoti lo spettacolo della gente che passa.
Che vuoi tu ancora? Oh la vita è una sola, purtroppo. Anche tu hai vissuto la tua; l’ultimo tuo amico è al cimitero che ti aspetta. Gli hai voluto bene (ora te ne accorgi) e ricominciare non si può. L’avarizia già principia a farti parer bella la miseria, « gai comme tout » lo stare al buio, il non mangiare, il cibarsi di sole patate e altre simili pazzie.
Non hai nessuno, poverina. Nemmeno un cane (sporca troppo per terra), nemmeno una domestica (costano e sono bisbetiche), nemmeno un amico (si rischia di esser vittime della propria devozione). Che fai dunque al mondo, vecchia pazza? Oh, se ci fosse una risposta! Ma nessuno te la può dare.
Mario Viscardini.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 10.01.34

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Citazione: Mario Viscardini, “Maria Luisa Ritratto fiammingo,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1429.