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Titolo: Riccardo Bacchelli

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1931-09-30

Identificatore: 170

Testo: GALLERIA

Riccardo Bacchelli

Bacchelli ha il culto delle cose solide e sane, della tradizione e del buon gusto. Gliel'ha insegnato Bologna. Dica ben su, bolognese Bacchelli, lei non ha aspettato i tempi del neoclassicismo rondista per liberarsi dalle sovrastrutture accademiche e dannunziane. Rileggendo quest’anno nella bella edizione Preda (ma bello anche il titolo, Amore di poesia, che sarebbe piaciuto al Carducci) le liriche bacchelliane di tant’anni fa, del ’14 se vi piace, abbiamo ritrovato in Adolescenza versi (come questi: « Non mi potei più acquietare alle cose del giorno — che le distinsi da me... Stamani è come mi svegliassi al mondo — la prima volta... Ed erano le incredibili primavere d’adolescenza ») che rappresentano assai più d’un esordio, stabiliscono un punto di partenza autonomo in direzioni ben chiare. C’era già nello zaino di Bacchelli un bastone di maresciallo. Devozione alla poesia, confessava l’autore; sempre lo sguardo fisso atta stella dell’ordine classico, croce e delizia detta sua forma mentis. Codesta fedeltà si rivela anche nel tentativo, per molti rispetti notevole, di creare un Amleto moderno senza discostarsi dallo schema scespiriano, fatta la debita parte negativa al criticismo e a tutte le forme di derivazione livresque alle quali il Bacchelli non sempre sa restare sordo. La favola mondana e filosofica Lo sa il tonno (1923) apriva la strada alla sostanziosa moralità del primo romanzo bacchelliano, conquista sicura, Il diavolo al Pontelungo (1927), del quale tutti si va d’accordo nel dire il maggior bene del mondo, sia come studio di caratteri sia come rappresentazione di un’epoca e d'un costume. Ci si ritrovan dentro l’Italia del tempo umbertino, che Dio l’abbia in gloria, e gli italiani buoni e cattivi d'allora, le loro modeste passioni e le loro ambizioni anche più modeste; e ci si ritrova, tra sproporzioni, discussioni, programmi, un'aria di casa resuscitata da una vecchia stampa, con un sapore cioè cordiale e confidenziale di cosa che c'è rimasta cara a distanza e che ogni volta che la guardiamo ci mette sulle labbra il sorriso dell'indulgente amore. Trionfa netta cronistoria bacchelliana lo spirito del nostro popolo, vi cantano gl'ideali e vi piangono le delusioni, non su corde eroiche o amplificatrici, ma su toni schiettamente umani per arrivare alla morale ultima di manzoniano sapore. Il diavolo resta il libro migliore di Bacchetti, anche dopo La città degli amanti (1929) e Una passione coniugale, due romanzi da non buttar via, con la penuria che tira. L’ultimo soprattutto ha finezze psicologiche degne d'un grande scrittore e, pur co' suoi difetti, resterà nei nostri scaffali accanto ai pochi altri volumi d'elezione a rappresentare la letteratura italiana di questi ultimi anni. Quanto alle qualità di Bacchelli prosatore, si vedano le sue novelle e i suoi vagabondaggi, cosi ricchi di succhi storici e moralistici e di limpidi scorci naturali: quanto al suo fondo di cultura e al suo gusto ordinato e chiaro, si veda la più recente fatica, lo studio sulla Congiura di don Giulio d’Este (ed. Treves, 1931) che fra tanta abbondanza di vite romanzate, ricostruzioni pseudo-storiche, esercitazioni semierudite, ecc., è una cosa seria e degna del massimo rispetto, ed è insieme una lettura da gente che non si accontenta di quel che vien viene.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 30.09.31

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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Riccardo Bacchelli,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/170.