Raffaele Viviani (dettagli)
Titolo: Raffaele Viviani
Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)
Data: 1931-10-14
Identificatore: 186
Testo:
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Raffaele Viviani
Trova posto, qui, tra i letterati, anche questo simpatico e cordiale attore. ma non è un letterato, pur se scrive in versi e in prosa: è un interprete dell'anima e della fantasia popolare, o, come ama dire egli stesso di sè, un sensibile, un istintivo. Sia che ordisca trame festose o sentimentali sul canovaccio della commedia dialettale, sia che le reciti, cioè le riplasmi e ricrei con l’aiuto della parola parlata e della mimica, sia che s’improvvisi scrittore autobiografico o che tocchi le corde della lira poetica, Raffaele Viviani attinge la materia grezza dalla vita e ne ricava sostanza di idee, di sentimenti, di passioni, ricchezza di contrasti, dovizia di colori e di suoni, che compongono il fondo umano e regionale della sua arte, fissano in formale sintetiche e sommamente espressive i caratteri della sua terra e della sua gente, pittoresche l’una e l’altra, rumorose, generose, esuberanti, tutte cuore e canzoni, tutte sole e nostalgia, tutte trionfo d’aurore e grandiosa malinconia di tramonti sul mare più bello del mondo. Ma Viviani non è semplicemente uno scrittore dialettale, un bozzettista: le sue ambizioni sono più vaste e giustificate; egli non di rado supera la rappresentazione delle passioni e dei sentimenti elementari per attingere caratteri generali e tagliare audaci scorci di viva umanità. Questo attore-scrittore, nato quarantatré anni fa a Castellammare di Stabia, ha conquistato ancor giovane la fama: il pubblico dei teatri sa quel che valga l'interprete e come l’autore di commedie sia degno di lui, e son di ieri i successi di Napoli tascabile e del Socrate secondo. Oggi presentiamo in questa sede un’altra faccia dell'attività del Viviani: il poeta di Tavolozza (ed. Mondadori) che continua la tradizione luminosa e musicale della lirica dialettale partenopea, la quale, se con Salvatore di Giacomo lancia i suoi rami gloriosi nei cieli più alti della modernità, affonda le radici nel ricchissimo humus che le han preparato poeti, e musici del Settecento. Vi sono attacchi ed influenze che agiscono, anche se non avvertiti, eredità che si sfruttano anche inconsapevolmente, echi e sussurri che vibrano nell’aria e si traducono in armonie concrete, anche se il fondo culturale non abbia modo di intervenire a di disciplinarli. Questo è il caso del Viviani, erede a suo modo d'un passato e d’una tradizione, epigono d’una schiera di poeti tanto più letterati di lui ma forse non altrettanto vicini al cuore del popolo. Viviani non è un poeta da tavolino, è un poeta della strada, che vive a contatto della folla e distende, sulle corde della sua lira di cantastorie, le impressioni dirette degli incontri quotidiani e degli aspetti della vita collettiva nel quadro inconfondibile fornito dagli sfondi partenopei: perchè Napoli è, nella poesia vivianesca, la protagonista dalle mille voci, dalle mille tonalità, dai mille dolori e dalle mille gioie. Si capisce come il titolo di Tavolozza, in uno scenario come questo, abbia il suo significato esatto: alcune di queste liriche son proprio pezzi di pittura alla brava, tutti precisione e rilievo e festa di colori, e leggerle ad alta voce è uno spasso. Pochi sono riusciti a darci una visione autentica del classico « vico » napoletano come il Viviani nella lirica intitolata « Mast’Errico », che chiude ogni coppia di quartine con un ritornello:
’O sole, ’e mosche e ’o canto ’e Mast’Errico: putite immaginà ched’è stu vico!
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Collezione: Diorama 14.10.31
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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Raffaele Viviani,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/186.