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Titolo: Inchiesta mondiale sulla poesia

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1931-10-28

Identificatore: 196

Testo: Inchiesta mondiale sulla poesia

Le risposte al nostro questionario

Abbiamo aperto sugli aspetti spirituale ed estetico del problema della poesia nel mondo un' inchiesta alla quale sono chiamati a rispondere i rappresentanti più insigni dell’arte e del pensiero del nostro e degli altri Paesi. Le domande sulle quali chiediamo ai poeti e al pensatori di tutto il mondo di pronunciarsi sono le seguenti:

1. Qual è oggi la situazione della poesia nel mondo?

2. Quali sono le sensibilità nuove ohe vi si manifestano, volte alla ricerca di nuova materia di ispirazione e di forme originali?

3. Esiste una nuova poesia che si ispira alla civiltà meccanica del nostro tempo?

4. Quali sono le nuove possibilità tecniche della poesia, e quale valore attribuite alla sua evoluzione che dai metri chiusi ha condotto al verso libero e al di là di questo alle parole in libertà?

Aldo Palazzeschi

è il notissimo poeta rivelato dal movimento futurista insieme con Buzzi, Govoni, Folgore, Marinetti impose e difese sedici anni fa, contro i pubblici più rumorosi ed ostili, le sue tipiche liriche futuriste: Fontana malata e Lasciatemi divertire. Autore di un volume di versi, L'incendiario, e del Codice di Perella, dopo essersi manifestalo un audace poeta rivoluzionario e violentemente antitradizionalista, Palazzeschi va sempre più, moderando le sue audacie nello stile delle sue novelle nostalgiche e intimiste. E’ però, in fondo, un poeta genuino, ribelle, sensibilissimo e tipicamente novatore. Quest'anno l’editore Preda ha raccolto in volume tutte le poesie del Palazzeschi.

Prima di tutto debbo confessare che

io sono l’uomo meno adatto alle esigenze di questi casi; ma forse lo sono tanto poco da non temere le naturali conseguenze nè per me nè per gli altri.

Poesia.

Bisognerebbe intanto poter dire che cos’è poesia. Benedetto Croce ci ha messo trent’anni per farci sapere che di poesia non aveva capito niente, e in un paese dove le cose si capiscono al volo. Può darsi che io ottenga l'identico scopo in un tempo strepitosamente più breve; nel qual caso gli avrei tolto il campionato, diventerei io il Camera della comprensione poetica. O forse no, per vincere quel campionato bisogna impiegarcene trentuno (è il regolamento) e aver capito un pochino meno. Rinunzio, rinunzio per il trentuno, non per il meno s’intende.

Perchè possiate rendervi conto del panorama ch’io mi accingo a presentarvi vi dirò che pronunziando questa parola, poesia, con l’intenzione che sapete, il mio naso incomincerà a tirar su. Una cosa sconcia, osserverete senza dubbio, o almeno non a filo del più squisito galateo; ma d’altronde, i cani e i porci fanno così quando cercano i tartufi, è un sistema primordiale ma naturalissimo, il naso è un organo più spirituale di quanto sembra. E d’altra parte, non sono i tartufi la grazia ed il profumo della mensa? E perchè non potrebbe essere la poesia la grazia ed il profumo della vita? Detto ciò non vi stupite del metodo col quale procederò nel mio ragionamento.

In ogni opera d’arte è poesia; e non occorre davvero che sia in versi: romanzo, racconto, cosa vista; l’opera di critica, esercitata con fede ed amore, è opera di poesia altissima, specialmente allorquando giudice e giudicato diventano una cosa sola, come Pilade e Oreste. Sono cose da intenerire i sassi. Accadono così di rado però! Ragione per cui restiamo tanto duri. Portiamo degli esempi: Pirandello e Bontempelli sono dei poeti, il primo nasconde addirittura un libro di versi, il secondo ne fa poca mostra. Perchè? E’ semplice. Perchè entrambi sentono di avere messo più poesia nei loro drammi, romanzi e racconti che nei loro versi. Cicognani non ha mai scritto versi ch’io sappia, e per questo non è un poeta? La descrizione d'una campagna nella quale fa muovere i suoi borghesetti orbi in tanta grandezza, non è poesia? E di che forza. C’è più poesia nei Promessi sposi che in tutti gli inni sacri profani e poesie varie del sor Alessandro. Il quale probabilmente solo in qualche momento famoso dell’Adelchi salì più in alto. Badate che nominando i Promessi sposi col dovuto rispetto, debbo dichiarare che c’è in questo capolavoro un non so che (il mio naso si fa ritrosetto), una specie di nebbiolina, di patina, una vernice, una sordina, qualcosa che mi vieta il contatto, l’abbandono completo nell’ammirazione; le figure che mi piacciono senza restrizioni sono quelle dei peccatori, come Dante del resto, i veri santi sono nell’inferno, il vero paradiso è quello.

Ma poesia nel significato che si vuole in questa discussione è lirica, è canto. Quell’attitudine del tutto nativa che si ritrova in proporzioni rare, limitatissime, negli scrittori, in momenti che sono i culmini della loro esistenza e della loro attività, e che in forma rudimentale può possedere anche un incolto, un marinaio, un pastore, un bifolco. Beatrice del Pian degli Ontani avrà un momento che la porterà a pari coi grandi, sul medesimo livello, a Dante, per esempio. La povera pastora ignorante e l’uomo che aveva abbracciato ogni scienza si troveranno in un istante sul medesimo livello per quel dono. I più Begli scrittori non ci arrivano, taluno ci fa un salterellino ogni tanto, e qualcuno infine pare ci stia di casa tanto gli è naturale quel fatto. Leopardi, per esempio, che se pure non ci arrivò sempre nelle sue poesie ci arrivò tante e tante volte da lasciarci a bocca aperta. Dante di quei felici momenti si servi per ingemmare, come diamanti, la sua cattedrale; Petrarca per ricuoprire di geme il mantello di Laura (non aveva piacere che gliela vedessero) finché anche luì non li pose a servizio di quel porticato che si chiama « i trionfi ». Giacomino invece, senza bisogno di appoggi, piglia ad andar su e su fino in cima: « l’infinito ». Il mio naso sembra diventato una motocicletta. Può uno di questi uomini, per questo mezzo, sintetizzare in quindici versi so stesso, la propria epoca, il mondo.

E si potrebbe addirittura di questa attività creatrice formare una piramide: la fantasia in fondo, quindi la poesia, quindi la lirica, espressione suprema. di essa. Eseguita una simile comodità, vi prego di non andarvi a piazzare tutti in cima perchè c’è pochissimo posto.

Qual'è oggi la situazione della poesia nel mondo?

Quella che fu sempre, esattamente, e che, probabilmente, sempre sarà.

Quali sono le sensibilità nuove che vi si manifestano, volte alla ricerca di nuova materia di ispirazione e di forme originali?

In questi ultimi anni la poesia, superato ogni residuo romantico, spogliatasi di ogni elemento decorativo appariscente, divenne espressione sempre più intima e personale, si chiuse in formule rigide e strette, aristocratiche, un pochino ermetiche, che dovevano necessariamente, elevandola e raffinandola, farle perdere di contatto colle masse. Periodo interessante quanto altri mai, significativo del tempo nostro, e di cui sono esempi chiarissimi fra noi quello di Eugenio Montale e di Giuseppe Ungaretti. Umberto Saba è già di alcuni passi indietro, e osservando la fila in marcia, dopo i primi due si vede subito la sua testa.

Meglio però sarebbe raffigurarsela come una guglia, una guglia che tende ad innalzarsi divenendo sempre più sottile. Ragione per cui osservando questo fenomeno dal basso, vediamo scaturire per contrapposto elementi popolareschi, plebei per reazione, paesani, contadineschi. Questi bravi giovinoti amano una musa più grassoccia, e si adoprano con ogni mezzo a renderle fianchi, seni, il rosso sulle guance e fra le labbra un sorriso cordiale, bonario: «strapaese». Pittoresca villeggiatura che tende solo a riportarcela in città più robusta, è dove troverà già olezzante nell’aria una parola grave di responsabilità: « Universale ».

Tale il filo, mi pare, gli ultimi colpi di vanga che diverranno poco a poco la via.

Può la poesia ispirarsi alla nuova civiltà meccanica?

Per Dio! E a che cosa non può ispirarsi la poesia? E laddove essa non lo facesse direttamente, che sempre non riesce bene (leggere ad esempio quegli inni che Vincenzo Monti scriveva per le mongolfiere, vi fu uno che ne scrisse, probabilmente, per il lume a petrolio), la civiltà meccanica colle sue conquiste di dinamismo e di velocità verrà assorbita dal poeta, e passata a vaglio dalla sua anima la riavrete nei suoi ritmi. O la riavrete come evasione almeno, perchè a furia di sentire motori stantuffi e trombette può anche darsi che ad uno venga voglia di andare un po’ più in là, e a molti di seguirlo. E qui c’è un fatto più grave, amici; conta quello che si sente, non quello che si vede. Una ventina d’anni fa, in piena avanzata dell’automobile e agli albori dell’aeroplano, ha avuto grande successo un poeta che cantava le diligenze, e menò assai quelli che cantavano gli aeroplani. E c’è un fatto che vi farà ancor più sbalordire, e si è che cantando oggi il lume a petrolio può darsi che taluno faccia opera mille volte più grande che cantando l’aeroplano stesso. Sono cose da far rizzare i capelli... o forse no, anzi, no con certezza, e per una ragione pratica puramente. Bisogna pensare che i poeti hanno volato quando non volava nessuno, e ora che volano tutti loro stanno fermi; se domani smettessero quelli di volare, ricomincerebbero essi. Gente bislacca veramente.

Rispondendo alla vostra ultima domanda dirò che le possibilità tecniche della poesia sono infinite, nè più nè meno di quelle della musica, infinite nelle metriche più sfruttate, e arricchite definitivamente col verso libero che io considero come le scoperta dell’America nel mondo della poesia, e che si estende alle più estreme ricerche quali quelle delle parole in libertà. Nel verso libero le possibilità sono come le gocce nell’oceano, e al verso libero dovremo ritornare giacchè quello che si è fatto fin qui è irrisorio rispetto alle sue possibilità. E ciò non toglie che dalla forma chiusa più sfruttata noi non possiamo avere domani la nuova voce, l’ottava o la terzina ci possono riapparire come una forma nuova. Prendiamo uno dei limoni spremuti meglio: il sonetto; ora. quando io leggo un sonetto di Um berto Saba ho tutta l'impressione che tale forma sia stata creata apposta, ed è un regolarissimo sonetto. Allorquando non ci appare nuova una forma, e già la sentiamo in noi leggendo, è inutile cercarvi sostanze di poesia. Nessuna delle più vecchie forme è esaurita o consunta, coloro che ricalcano le andature del sonetto di Dante o del Petrarca o di altro trecentista, l’ottava dell'Ariosto o la quartina di qualche altro, non sono dei poeti, amici, sono i Dossena della poesia.

E a quelli che piangono perchè muore la poesia risponderemo: su, su figlioli cari, la poesia è viva e verde e morirà soltanto coll’umanità, coll'ultimo respiro dell'ultimo uomo.

Poco a poco li vediamo rasciugarsi le lacrime, tirare due o tre sospironi e incominciare a ridere, ridono tutti. Il momento fatale non è prossimo.

Aldo Palazzeschi

Royère e il musicismo

Il francese Jean Royère, nobilissimo poeta, autore di saggi sulla poesia di Baudelaire e di Mallarmé, è l’introduttore nella storia letteraria di quest’ultimo decennio del termine di « musicimo » da lui forgiato per meglio precisare l’estetica di poesia pura di cui egli è il banditore: il « musicismo » non è soltanto una filosofia del verso, ma tende a rinnovare da cima a fondo le più alte prospettive dello spirito. L'arte si fonda sulla vita, non sull'intelligenza, la vita è linguaggio e ritmo, anzi non è che linguaggio e ritmo: ecco alcuni dei principi banditi da Jean Royère, la cui risposta siamo lieti di ospitare come quella di un devoto sacerdote della poesia.

Credo fermamente che la poesia sia immortale, meglio, ch’essa sia eterna. La poesia è un pensiero della vita realizzato dall’espressione. Ora non esiste vita del passato: il passato è senza espressione vitale. La poesia è, non può essere altro che una mistica della vita presente, e la tradizione, nell’arte come nella storia, gioca soltanto in quanto ciò che fu resta oscuramente amalgamato a ciò che è. Codesto dogma è vero per ogni poeta, è un assoluto, si impone senza dimostrazioni. E’ per questo ch’io ho sempre avuto in odio il classicismo. Il vostro Marinetti ha formulato superbamente il Futurismo, per insistere sul nostro dogma, per illuminarlo d’un nimbo sacro. E’ stato un pensiero profondo, una scoperta folgorante. In effetto, non è sufficiente allegare che il presente è gravido d’avvenire: questa è un’affermazione banale e povera. E' l’avvenire che crea il presente. Il futuro è il dinamismo della vita che viviamo. Appena una macchina è fabbricata, subito essa è annichilita, annientata da un’altra più potente, più bella, sbocciata nel cervello che la concepisce, nel genio che essa esalta e fa quasi scoppiare. L’amore non consiste nell’avvincersi a un essere reale, consiste nel l’abbracciare il fantasma di ciò che dovrà essere, di ciò che è già. Perchè la vita è una continua partenza, un’ascesa che l’individuo vile e pigro interrompe. Il potere di sentir ciò ci dona questa esaltazione che ci mantiene in uno stato di perpetua giovinezza. Non esistono miracoli: esiste lo sforzo umano. Ma noi abbiamo bisogno del parlar fabuloso di Dante, che è una credenza nel miracolo. La creazione verbale è un rinnovamento. Occorre che la nostra espressione della vita sia, come la vita, nuova e tormentata. L'aeroplano ha sostituito l’automobile, l'ha uccisa: cosi, nel linguaggio, il nuovo uccide l’antico. Il rombo delle parole in libertà è più forte e più alto di quello degli enormi uccelli d’acciaio. Dal verso libero alle parole in libertà! D’accordo. Quanto a me, predico il linguaggio complesso. Mi richiamo al mio libro sul Musicismo, che è stato accolto dai poeti italiani, fratelli nostri, entusiasticamente. La realizzazione completa del musicismo, che è la categoria del ritmo, io non la vedo che nel « linguaggio complesso », il quale, utilizzando l’astratto, lo domina e arriva quasi a negarlo. E’ in realtà un’organizzazione così audace del pensiero che non può essere mai fissa. Perciò non definisco il « linguaggio complesso », poiché definirlo vorrebbe dire limitarlo. Io scrivo i miei versi come le mie prose in linguaggio complesso per mostrare, per quanto mi è possibile, ciò che non può essere spiegato.

Jean Royère.

Fernand Divoire

E’ redattore capo di uno dei più importanti giornali parigini, l' Intransigeant, e insieme uno dei migliori poeti novatori di Francia. Ingegno audacemente lirico, raffinato di cerebralità ironiche squisite, ha creato un’opera originalissima, Naissance du poème, che egli chiama Prose symphonique, tipico poema parolibero. Con versi liberi, invece, misti di parole in libertà, egli ha scritto Ivoire au soleil, poema originalissimo ispirato dall’isola di Capri.

Si tratti di gioia o di sofferenza, la poesia è esaltazione. Ora l’Europa, per due terzi almeno, non è più che un mondo depresso dove non esiste nè eroismo collettivo nè lirismo individuale. Somiglia a un toro sanguinante, inebetito, che aspetta il colpo di grazia. Questo nostro mondo la poesia potrebbe ancora modellarlo. Il poeta Wilson è stato lì lì per mutare l' anima del nostro tempo; l’Italia ha trovato un poeta (nel senso greco della parola) che l’ha ricreata; la Russia ha spiegato una bandiera nuova che ha per qualche tempo illuminato dei cervelli. Ma coloro che si chiamavano i poeti son stati scacciati dalla vita. Non avevano saputo nè adattarsi ad essa nè darle un volto a loro rassomiglianza. Erano rimasti impotenti e anacronistici. I loro ultimi libri non erano più che onanismo di mummie. Han finito per tacere. La poesia era loro completamente sfuggita: èssa è oggi nella vita, nell’azione, nel pensiero.

Dei poeti nuovi potrebbero riconquistare la poesia? Perchè no? Avrebbero a loro disposizione possibilità tecniche infinite. Le parole in libertà di Marinetti, la polifonia di Barzun, le scoperte scientifiche sul ritmo, tutto indica loro la strada; e nulla li arresta. Quando io mi son sentito costretto a inventare, per mio uso, le « poesie con parentesi » nessuno me l’ha impedito. Ma prima di tutto bisogna ridare un’anima alla poesia scritta. I poeti ritrovino la voce degli alberi, il ritmo del cuore dell’Uomo, la luce di Dio in se stessi, e il resto verrà, e verranno forse anche i lettori!

Finchè i poeti resteranno dei cadaveri, la gente si terrà lontana da loro, con orrore e disgusto.

Fernand Divoire

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 28.10.31

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Inchiesta mondiale sulla poesia,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/196.