Scrittori russi in esilio (dettagli)
Titolo: Scrittori russi in esilio
Autore: non firmato (Lorenzo Gigli)
Data: 1935-01-16
Identificatore: 1935_66
Testo:
Scrittori russi in esilio
Nella letteratura russa dell'emigrazione il nome e l’opera di Marco Aldanov spiccano con rilevanti caratteri. Nato nel 1886, appartiene alla generazione a cavallo della guerra, testimone del grande sconvolgimento spirituale e politico della sua patria con una mentalità, in linea letteraria e stilistica, tradizionale. Appartiene anche lui, con altri pochi, alla schiera che continua la grande scuola ottocentesca e nella quale si può classificare a più d’un titolo anche qualche scrittore che non è uscito dalla Russia e che vive, come Pantellimon Romanov, nel clima rivoluzionario senza aver del tutto tagliato i ponti ideali col passato. Tra gli esuli, i superstiti della tradizione dell'ottocento sono Ivan Bunin, premio Nobel dell’anno scorso, Alessandro Kuprin e, ma fa parte per se stesso, Demetrio Merejkowskij che dal balcone della sua vita al tramonto distende lo sguardo su visioni apocalittiche.
L’Aldanov è forse, tra gli esuli di qualche riguardo, uno dei più giovani. Esordì nel 1913 con un saggio comparato su Tolstoi e Rolland; e dopo la guerra scrisse una tetralogia sul periodo di storia europea che va dal 1793 al 1821 e l’intitolò Il Pensatore (così composta: Il 9 Termidoro; Il Ponte del Diavolo; La Congiura; Sant’Elena piccola isola) offrendo per così dire i prolegomeni e l’epilogo di Guerra e pace. La guerra e la rivoluzione fecero dell’Aldanov un esule: lo strapparono al laboratorio di chimica dove aveva condotto a termine lavori assai pregiati dagli specialisti, e lo scaraventarono tra le schiere degli uomini senza patria. La sua tetralogia gli conquistava frattanto la fama. Da uno scettico arguto, da uno scienziato severo, era uscito un romanziere di ricca umanità, che alle nuove doli morali univa la qualità acquisita d’uno stile luminoso e fresco, d’un’eleganza europea.
Poi l'Aldanov volse la sua attenzione alla storia recente e si propose di darci l’analisi dei tempi che attraversiamo. Fedele alla forma ciclica, l'Aldanov ha condotto a termine una trilogia la cui prima parte s’intitola La chiave e vede ora la luce, in una buona versione di C. Marazio, presso l’editore Vincenzo Jorio (Milano, 1935. L. 12). Il titolo è realistico e simbolico. Si tratta da principio d’una vera chiave, che figura in un’inchiesta giudiziaria, e poi d’un trattato filosofico in cui l'autore cerca il senso della vita e della propria ragione d’essere. Siamo in Russia alla vigilia della rivoluzione, e già s’annunzia la bufera anche se pochi l’avvertono. La chiave evoca gli avvenimenti del marzo 1917 solo per ripercussione: il romanzo rende la fisionomia familiare della vita durante le giornate decisive, il clima morale della capitale, il colore del tempo e i brontolii sotterranei che annunciano ottobre. Il quale muta tutto nella vita della città imperiale e prepara il sovvertimento della vecchia Russia. Questo è il tema degli altri due romanzi della trilogia, L'evasione e Il caos, che l’editore Jorio presenterà presto in veste italiana.
Egli intanto accoglie nelle sue edizioni l'opera di un altro esule, Giorgio Grebenscikov detto Sibiriak ( il Siberiano) perchè nato in Siberia: con tale designazione è indicato nella storia letteraria russa dell’ottocento anche lo scrittore Mamin al quale si devono alcune mirabili interpretazioni del paesaggio uralico e della vita dei barcaioli e taglialegna lungo i grandi fiumi. Il nuovo Sibiriak ha una cinquantina d’anni ed è d’origine mongola; la sua fama europea è del dopoguerra, fondata sulla decalogia epica I Ciuraiev iniziata nel 1922 e ancora in corso di pubblicazione (esiste una versione francese della prima parte di questo romanzo ciclico che si svolge sullo sfondo solenne dell’Altai). Dopo la rivoluzione Grebenscikov passò a Costantinopoli e in Francia e attualmente vive nell’America del Nord in un eremo che s’è costruito alla confluenza dell'Ausatonic e del Pomperag, nella terra in cui la Beecher Stowe scrisse La capanna dello zio Tom. L’eremo si chiama « la Ciuraievka » in memoria della Siberia nativa, e raccoglie una vera e propria colonia di intellettuali russi con una casa editrice destinata a diffondere le idee del capo, il Grebenscikov. Queste idee hanno avuto una enunciazione teorica in una seria di lettere, riunite sotto il titolo Il Messo: lettere dal Pomperag, che l'editore Jorio pubblica nella traduzione italiana di N. e I. Kessler fedeli dell'insegnamento grebenscicoviano. Il segreto del fascino del libro, avverte giustamente Ettore Lo Gatto nella prefazione, è nella esposizione dei fatti (il Grebenscikov dice nella prima lettera che dà più importanza ai fatti che all’arte di descriverli), nella ricostruzione di una esperienza individuale ricchissima, ricostruzione fatta a pezzo a pezzo, a seconda delle richieste e delle confidenze dei veri o immaginari corrispondenti in occasioni diverse.
Marco Aldanov autore del romanzo « La chiave ».
Sergio Grebenscikov detto il « Siberiano » che ora vive in America.
Collezione: Diorama 16.01.35
Etichette: Fotografia
Citazione: non firmato (Lorenzo Gigli), “Scrittori russi in esilio,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 16 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/1975.