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Titolo: Inchiesta mondiale sulla poesia

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1931-11-04

Identificatore: 202

Testo: Inchiesta mondiale sulla poesia

Le risposte al nostro questionario

Abbiamo aperto sugli aspetti spirituale ed estetico del problema della poesia nel mondo un’ inchiesta alla quale sono chiamati a rispondere i rappresentanti più insigni dell’arte e del pensiero del nostro e degli altri Paesi. Le domande sulle quali chiediamo ai poeti e ai pensatori di tutto il mondo di pronunciarsi sono le seguenti:

1. Qual è oggi la situazione della poesia nel mondo?

2. Quali sono le sensibilità nuove che vi si manifestano, volte alla ricerca di nuova materia di ispirazione e di forme originali?

3. Esiste una nuova poesia che si ispira alla civiltà meccanica del nostro tempo?

4. Quali sono le nuove possibilità tecniche della poesia, e quale valore attribuite alla sua evoluzione che dai metri chiusi ha condotto al verso libero e al di là di questo alle parole in libertà?

Jean Cocteau

Jean Cocteau, nome mondiale, è passato attraverso le più diverse esperienze per approdare, giovane d'anni ma maturo come spirito di pensatore e di artista, alle rive della fede. Cocteau è un teorizzatore, ma non un esteta: scende dall’Olimpo e si mescola alle folle, vive la vita del suo tempo, conosce gli uomini e le mode. Le opere di Cocteau, poesia, romanzo, teatro, hanno il segno dell’epoca e la rappresenteranno nel futuro.

Non bisogna confondere la poesia (l'oggetto spoglio delle sue immagini, delle sue metafore, de’ suoi simboli sino a diventare invisibile e puro) e l’animula poetica di certi individui, di certi periodi, di certi vocaboli, di certi luoghi.

La poesia, l'estrema punta della ragione, non cessa mai d'operare i suoi miracoli.

Ma del poeta si può dire come di quel celebre poliziotto: vede tutto, sente tutto, indovina tutto e nessuno se ne accorge.

Jean Cocteau

André Salmon

Figlio dell'acquafortista Emile Salmon, André Salmon nacque a Parigi quarant'anni fa; da giovane viaggiò molto con la famiglia, poi tornò solo In Russia dove fu per qualche tempo addetto alla Cancelleria del l'Ambasciata francese. Ritornò a Parigi nel 1903 e fece le sue prime armi come poeta in qualche rivista, e poi come giornalista e narratore. La poesia di André Salmon ha esercitato una notevole influenza sugli scrittori di questo primo quarto di secolo. Opere principali: Poèmes, Féeries, Prikaz, Le calumet. Le manuscrit trouvé dans un chapeau, L’âge de l’humanité, Tendres canailles. André Salmon è anche un critico d'arte che ama la pittura e la comprende.

1) La critica più favorevole, sentimentalmente, alla Poesia, tradisce tutti i giorni la Poesia, almeno in Francia, pubblicando ch’essa non trova più ascoltatori. Altri, animati d'un certo spirito poetico, lavorano a uccidere la Poesia tentando di provare ch’essa si trova qua e là nella vita moderna, all’infuori che nei libri dei poeti. Ora siamo noi che abbiamo inventato e imosto questa Poesia presa dalla vita.

Le mie Féeries sono realiste. Prikaz è un reportage lirico. La poesia sparsa di cui parla questa gente è la materia. Non è l’opera. E i critici hanno torto. I poeti non hanno mai avuto tanti ascoltatori come oggi. Vedete le cifre delle tirature di Leconte de Lisle, Verlaine, Baudelaire, prima della guerra. Sono almeno quintuplicate nel 1931. Ma il trionfo d’un Valéry è unico. La vita dai poeti ha perduto in pittoresco, al quale il pubblico era molto sensibile. Ma poi! Al momento del nostro debutto, noi viviamo sulla nozione d'un mondo letterario romantico. La letteratura militante dall’esterno, se posso dire cosi, è una creazione del secolo XIX. I grandi poeti entrati nell’immortalità... dov’era il loro pubblico, dov’era la loro corte?

2-3) La Poesia deve assorbire tutto. Ma è un errore poiché deve assorbire tutto, condizionarla con un'etichetta di novità. Errore dell’Unanimismo, devozione al progresso Errore del Surrealismo, devozione al freudismo Ma noi dobbiamo difendere Unanimismo e Surrealismo contro coloro che rifiutano. La Poesia non rifiuta nulla! Dobbiamo difendere particolarmente i surrealisti, sì spesso irritanti, perchè essi prolungano la nostra intenzione (1905-1910) d’una Poesia illimitata, per la fiducia nella immagine totale, perpetua e senza misura.

Ed ho cosi risposto insieme anche alla terza domanda.

4) E’ bene, è necessario inventare molto. Ma io credo che 1’ inventore scaltro non deve perdere di vista la nozione nazionale di perfezione e per tal modo tendere ad equilibrare le sue scoperte nel senso dell' ordine classico nazionale. E' l’Arte vivente, la sola che può pretendersi ancella del classicismo alterato dall’accademismo statico; l'Arto vivente che, in pittura, avendo attirato tanti giovani stranieri a Parigi, ha liberato le forme nazionali per mezzo della cultura dell’individuo (Modigliani, grande pittore italiano). E’ l’accademismo che riduceva tutto ad un internazionalismo, ad un cosmopolitismo « puerile ed onesto ».

André Salmon

Nicolas Beauduin

Nicolas Beauduin è uno del poeti giovani di maggiore audacia. Temperamento futurista, ha creato dei poemi di parole in libertà denominandoli Poemi sinottici a più piani. Le sue due opere poetiche più importanti sono L'homme cosmogonique e Sabbat. Ha diretto per molto tempo una grande rivista di avanguardia, la Revue des Lettres et des Arts, che rispecchiava le forme più ribelli di poesia e le temerità d'ipotesi scientifiche più sorprendenti.

Evidentemente, in questi tempi di smarrimento, di crisi economica, monetaria e sociale, il mondo s'occupa poco di poesia. I poeti medesimi non pubblicano più nulla, o quasi. Da questo a parlare di morte della poesia non c’è che un passo. Ma la poesia è eterna, come la sventura. Come la fenice, essa risusciterà dalle sue ceneri. Un giorno sorgerà un’ispirato il quale saprà toccare l’anima dolorante degli uomini, esprimere la propria epoca, collegarla a ciò che fu e a ciò che sarà ed essere così di tutti i tempi, d’oggi, di ieri e di domani (dono d’ubiquità nel tempo e nello spazio). La vita moderna, caratterizzata da un desiderio sfrenato di veder tutto, di comprendere tutto, d’esprimere tutto, di toccare il parossismo della sua potenza, ha avuto i suoi poeti. E questo lirismo attivo (obiettivazione degli stati radianti dell’anima) ebbe il suo pieno rigoglio negli anni che precedettero la grande guerra. Esasperazione del desiderio di vivere, opposto al desiderio di morire dei romantici. Espressione della nuova coscienza cosmogonica, senso dell’onnipotenza mondiale, visione sinottica del mondo, ecc. Ricerca d’un lirismo non più unilaterale e successivo, ma multiplo e sincrono (sinotti smo polifono). Il futurismo di Marinetti fu alla base di questo grande movimento di creazione, di questo rinnovamento mondiale della poesia. Da esso discendono le innovazioni più recenti: è il glorioso « padre Nilo » di tutte le scuole moderne.

Nicolas Beauduin

Mario Viscardini

Mario Viscardini, ingegnere lombardo, che vive e lavora in solitudine, s'è fatto largo tardi nel campo delle lettere, ma s’è piazzato subito ai primi posti. Il suo romanzo Giovannino o la vita romantica è una lettura che non si dimentica. Nella risposta che pubbli chiamo, Viscardini pone originalmente in vista un metodo e lo lascia giudicare ne’ suoi risultati.

L'arte d’oggi non è tanto nuova in se, quanto maggiormente consapevole: tutto lo sforzo critico e creativo degli ultimi cinquant'anni si può riassumere, per quel che riguarda la poesia, nella conquista delle forme pure.

Il punto di partenza fu la scoperta del valore estetico di una mera sequenza di parole; immagini e suoni creano una forma sensibile, che si può complicare a volontà, arricchire di accordi interiori, di armonie, di ritmi, cioè di intime corrispondenze, e far servire all’espressione dì uno stato d'animo, anche se il nesso logico dilegui e l'insieme non significhi nulla di preciso.

Il punto d’arrivo è la concezione della poesia pura come una sorta di tappeto d’immagini, o di arabesco verbale; una musica d'idee, insomma, che si svolge sotto il doppio controllo dell'orecchio e dell'immaginazione; una musica a quattro dimensioni.

E’ facile accorgersi che tutta la poesia ha sempre avuto, come sottostrato formale, un arabesco. Che altro sono il ritmo e la rima, se non riquadrature della forma parlata, mezzi per suddividere il discorso in caselle, più o meno regolari, in intervalli simmetrici, allo stesso modo che il musico fa con le battute?

Ma negli ultimi anni soltanto la poesia ha tentato di farsi forma pura; da un lato, spogliandosi di ogni contenuto intellettivo e cedendo alla prosa l'ufficio di significare il dramma; dall’altro, accentuando l'artificio che le è proprio e spingendo i suoi modi espressivi sempre più lontano dal linguaggio comune.

Sganciare decisamente la macchina della fantasia verbale dal treno dei simboli abituali, spingerla fuori del binario del senso comune, in una parola, farla volare, è stato il movente sottinteso o esplicito, inconscio o volontario, di tutti i poeti puri degli ultimi tempi Ma un passo rimane a fare: togliere a questa sorta di creazioni l'aria stregata di supposto delirio, che ne fa, per gl’ignari, una mostruosità ed una aberrazione.

Il poeta puro è nelle condizioni di uno che, matita alla mano, butta giù un ghirigoro, o una forma geometrica vuota, e via via la riempie, la svolge in un arabesco, in un ricamo, in un motivo ornamentale. E’ forse più delirante costui di un altro che, nelle stesse circostanze, riempie il foglio con facce d’uomo, o profili d'alberi e di montagne?

Sgomberiamo dunque il terreno da molte parole equivoche e conturbanti: incoscienza, surrealtà, magia ed altre slmili. Poichè nulla è casuale al mondo, fuorchè nella nostra interpretazione, è ben positivo che ogni arabesco verbale esprime uno stato d’animo e rivela la personalità dell’artista; ma ciò accade, nella poesia pura, in maniera affatto implicita, in sintesi.

Basta l’armonia di certi richiami, la collocazione delle immagini, l’intreccio dei nessi verbali, il tono incalzante, la natura del ritmo, l’apparire frequente di rappresentazioni, incongrue ma persistenti, per dire assai cose sullo stato d'animo di chi compone. Ogni arabesco ha una sua origine pratica, sentimentale, un suo momento storico, del quale porta il segno; ma quel che conta è la forma raggiunta. Come nella musica.

Meglio che un lungo discorso varrà forse, a coloro che vivono spiritualmente lontani da questi problemi, l’esame concreto di qualche componimento lirico, ispirato alla maniera suddetta, come è il caso di questi che seguono:

I.

Nel morso della ovale candida stella
bionda bocca di sole che meraviglia
simile al canto stende l’ala felice
nel mono dolce la bocca bionda
ribacia con meraviglia e pare
d'oro di scie candido ovale
la stella simile al canto felice
che stende l'ala e ribacia nel morso
d'oro l’alta meraviglia del sole.

II.

Sale pel monte arco di neve lento
rischiara l’erta roccia morente
seme d’aprile nato d'affanno sul monte
dove la morbida luce d’una corolla
bianca svetta nel sommo e rischiara
l'erta del monte morbido affanno
per la solenne vita del lento
aprile morente sopra la fulgida vetta
del monte erto nell’arco di neve.

III.

Sangue reca la folla sopra l'incontro
livido delle barbarie dentro la cieca
ira barrica il riso le facce livide
che reca i1 giorno bigio lungo le strade
freddo terrore della miseria folle
senza speranza bigia lungo il cammino
di morte come d’atroce riso barrica
il giorno di cenci laceri e morte
speranze nel muto incontro della miseria.

Questi tre arabeschi corrispondono a tre intuizioni assai diverse; e basteranno a chiarire ciò che più sopra abbiamo voluto intendere. In verità la tecnica dell'arabesco verbale è la più semplice e ovvia di quante se ne possan dare. Ma non vorremmo tradire la verità, affermando che tutti i momenti siano egualmente buoni per buttar giù un arabesco. Al contrario. Come spesso accade, la cosa più facile in apparenza, riesce poi difficile alla prova.

Mario Viscardini

Bruno Corra

Il notissimo romanziere di « Io t’amo »; « Santa Messalina »; « Il Passatore », « Irene », ecc., fu uno dei più attivi creatori ed animatori del movimento futurista.

Diresse con Settimelli la Difesa dell'Arte e con Marinetti l'Italia futurista. Creò con Marinetti, Settimelli e Remo Chiti il teatro sintetico futurista, ed ha al suo attivo uno dei più originali romanzi futuristi: San Dun è morto ».

Tutta la sua prosa è ebbra di esaltazione lirica ed insieme di cerebralità raffinatissima. Le sue parole in libertà sono particolarmente preoccupate di musicalità complesse e di architetture spirituali extra-logiche.

1) Direi che la poesia è attualmente in vivacissimo rigoglio, se alla parola poesia non si voglia dare il significato esteriore di composizione in versi. La letteratura narrativa più moderna accoglie in sè quella trasfiguratrice sublimazione degli aspetti del mondo, che una volta trovava posto solo nelle strofe e nei versi. Questo innesto di valori lirici nel racconto è uno degli elementi che concorrono a fare del romanzo, modernamente concepito, la forma letteraria più adatta ad esprimere lo spirito complesso del nostro tempo.

2) Fra le sensibilità nuove che vi si manifestano indicherei in prima linea la tendenza (di derivazione mallar méiana) a sfruttare il linguaggio, in maniera personale e fino ad un certo punto arbitraria, cioè a far sì che alle parole si sprigioni, per forza di sonorità e di ritmo, per virtù suggestiva ed associativa, un senso diverso da quelle convenzionale, o insomma a chiedere allo frase poetica una multipla ricchezza di significati richiami e suggerimenti.

3) Esiste già da decenni. Basti ricordare il Verhaeren delle « Villes tentaculaires ».

4) Attribuisco grande valore alla evoluzione formale della poesia, iniziatasi dopo Baudelaire. Le spezzature interne di Verlaine, le sibilline compenetrazioni di significati care a Mallarmé, gli allucinati scoppi sillabici di Rimbaud, le enigmatiche fumisterie di Laforgue erano sintomi d' una medesima crisi: la stanchezza degli effetti ottenibili col verso tradizionale. Rimbaud precorse poi i tempi sciogliendo il verso nella prosa incandescente della sua « Saison en enfer ». Marinetti andò più in là, con quel colpo di stato stilistico che si chiama: parole in libertà. Ma nelle più recenti opere di Marinetti (cito le: « Novelle con le labbra tinte »), le parole in libertà sono riassorbite, rientrate in circolo, nella prosa, influenzandone la struttura, i toni, la tensione. A questo punto, io credo che la poesia debba risorgere come genere letterario a sè, rifatta vergine e primitiva. Sarà — se io sono un poco profeta — una poesia in versi brevi e potentemente martellati, in strofe compatte e contratte, ricca di sonorità e di rime. Modernissima di sostanza: e per la forma, ritmata rudemente sulla cadenza di un passo di marcia.

Bruno Corra

Eugenio Montale

Eugenio Montale, rappresentante della giovane poesia italiana, ha affidato il suo nome alle liriche del volume Ossi di seppia, che in pochi anni, caso forse senza precedenti per un canzoniere, ha toccata la terza edizione, uscita appunto in queste ultime settimane presso G. Carabba. Eugenio Montale è uno dei collaboratori più assidui ed autorevoli della rivista di poesia Circoli, che si pubblica in Genova e che raccoglie intorno a sè notevolissime forze liriche nuove.

1. Se intendiamo per poesia — come molti fanno — un determinato genere letterario, fissato in formule e schemi inderogabili, mi pare certo che la « situazione odierna » della poesia sia una gran brutta situazione. Ma se facciamo lo sforzo di delimitare, di ritagliare nell’automatico prodursi del « genere » qualche principio, qualche accento di vita e di novità, allora il problema cambia aspetto, e di molto. Non credo al verso fatale e prestabilito (a * il verso è tutto » di D’Annunzio), ma credo in alcuni alti potenziali del sentimento e della fantasia, in alcuni aggregati della parola e del ritmo che sembrano avere una esistenza anche autonoma, e hanno senza dubbio una incredibile fecondità, perchè quando i poeti veri ci dànno qualcosa di simile le turbe degli imitatori si destano e nemmeno il critico più avvertito sa a volte distinguere l'originale dalla copia.

In ogni modo non c’è una crisi particolare della poesia. Quanto al poeti, essi hanno da tempo rinunziato al loro « ruolo » di annunziatori e di profeti, almeno nel vecchio senso della frase, e credo sia un bene. Pensate al Pascoli « poeta civile » e ne sarete persuasi. Certo, la solitudine riesce dura ai poeti, condannati a non intendersi neppure tra loro. Ma solo da coteste angustie può riscattarsi la loro poesia.

2. Si è parlato di un « adamismo » del genio spagnolo. Credo possa parlarsene anche a proposito della maggior parte dei poeti d’oggi, i quali tendono a far tabula rasa della propria cultura e della propria storia, valendosi a questo fine dei mezzi più raffinati della loro secolare esperienza. Da questo paradosso — quando è sentito come esigenza e non è trucco — nasce la poesia più notevole del nostro tempo. Ci sono, naturalmente, molte eccezioni.

3. La nuova poesia è fisiologicamente toccata dalla « civiltà meccanica del nostro tempo », ma supera, quando lo supera, il suo ambiente. Se un giorno sparissero le macchine, a testimoniare dell'età delle macchine rimarrebbe appunto la poesia d’oggi. (Naturalmente non quella dei « poeti dei motori », che rientrano nella categoria degli arcadi più delicati).

4. Forme chiuse e forme aperte, è problema di scarso interesse. Tutte le buone liriche sono chiuse e aperte insieme: obbediscono a una legge, anche se invisibile. Leopardi è evidentemente più « chiuso » di Carducci. Tuttavia l’architettura prestabilita, la rima, ecc., a parte l’uso che ne hanno fatto i grandi poeti, hanno avuto un significato più profondo di quanto non credano i poeti liberisti. Esse sono sostanzialmente ostacoli e artifizi. Ma non si dà poesia senza artifizio. Il poeta non deve soltanto effondere il proprio sentimento, ma deve altresì lavorare una sua materia, verbale, « fino a un certo segno », dare della propria intuizione quello che Eliot chiama un correlativo obbiettivo. Solo quando è giunta a questo stadio la poesia esiste, e lascia un'eco, un’ossessione di sè. Talora vive per proprio conto e l'autore stesso non la riconosce più: poco importa.

Perciò i liberisti che rinunziano agli schemi tradizionali, alle rime, ecc., non sfuggono alla necessità di trovare qualche cosa che sostituisca quanto essi hanno perduto. Qualcuno trova, e sono i veri poeti; gli altri continuano a effondersi e non approdano a nulla: letterati almeno quanto i vecchi parnassiani.

Eugenio Montale

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 04.11.31

Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Inchiesta mondiale sulla poesia,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 15 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/202.