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Titolo: Un ricordo torinese del Carducci

Autore: Donato Costanzo Eula

Data: 1935-04-10

Identificatore: 1935_176

Testo: Omaggio a Giosuè Carducci nell’anno del Centenario
Un ricordo torinese del Carducci
Intendo oggi rievocare un episodio significativo, e credo ignorato, per dimostrare talune particolarità del temperamento del Poeta, Nel 1893 l’Associazione universitaria torinese aveva disposto un turno di conferenze, che dovevano essere tenute su argomenti vari da uomini illustri del mondo letterario, scientifico e politico. Ricordo, tra gli altri, i nomi di Max Nordau, Lombroso, Zola, Imbriani, Ferri, Desiderato Chiaves, Edmondo De Amicis.
In un’adunanza tenuta dai delegati delle varie Facoltà per fissare le date il presidente ebbe l’incarico di rivolgere un caloroso invito anche al Carducci.
La risposta del Poeta, scritta di sua mano su cartolina postale a me diretta, fu del tenore seguente: « La ringrazio, ma non posso. A me mancano tutte le qualità del conferenziere (come dicono), e quando devo leggere, chè parlare fra gente da conferenze non so, cominciò dall'annoiare me stesso. La saluto. — Giosuè Carducci ».
Un anno dopo, la stessa Associazione studentesca si propose di rappresentare la commedia di Plauto Miles gloriosus.
Parve agli studenti che, trattandosi di una rappresentazione classica, Giosuè Carducci non avrebbe questa volta, rifiutato di rivolgere al pubblico brevi parole a guisa di prologo. Deliberarono perciò di insistere presso il « Poeta nazionale » con un fervoroso invito, che fu inviato d’urgenza, con l’indicazione del giorno della rappresentazione.
Questa volta il Carducci rispose telegraficamente così: «Grazie cordiali. Non è il tempo. Ora sono triste — Carducci. ».
Strana coincidenza di cose! Qualche anno dopo capitò a me di trattenermi personalmente in Torino col Carducci, al quale mi presentò l’amico e collega Giuseppe Deabate che l'accompagnava.
L’incontro avvenne in via Roma, e si fece insieme un buon tratto di via, sino a piazza Castello, mentre il Carducci camminava a passo lento, appoggiandosi un po’ all’uno, un po’ all’altro di noi, commentando l'edilizia della città nostra e specialmente la comodità dei portici spaziosi: discorso di poco rilievo, che mi azzardai di interrompere ricordando al Maestro il disappunto che era toccato agli studenti nel non veder accolto per ben due volte il loro invito.
A quel mio richiamo il Carducci si fermò, drizzò la bella testa e fissandomi mi chiese: — E che cosa vi ho risposto? — Semplicemente di no — dissi io.
Ed egli, quasi di ripicco, serrandomi a sè con affettuosità rude, mi dichiarò che amava i giovani e gli era caro ogni loro entusiasmo, ma che dovevamo comprendere come non gradisse far discorsi o tener conferenze quando già aveva il grave compito della scuola.
Giosuè Carducci, il quale fu veramente grande nel discorso pronunziato in morte di Garibaldi, non aveva disposizione nè di volontà nè di temperamento per essere un conferenziere d’abitudine.
D.C. Eula.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 10.04.35

Citazione: Donato Costanzo Eula, “Un ricordo torinese del Carducci,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2085.