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Titolo: Nino Savarese

Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)

Data: 1931-11-11

Identificatore: 212

Testo: GALLERIA

Nino Savarese

Questo siciliano che i lettori incontrano ogni tanto al convito della terza pagina, con qualcuna delle sue novelle cariche di sentimento umano quanto più sono vestite di semplicità, dimesse e quasi prive d'aggettivi, ha una sua fama solida, anche se non fragorosa, presso la gente di buon gusto, la quale sa che la sua firma è una garanzia. Savarese è presso ai cinquantanni; e forse c’è ancor oggi, tra il pubblico che legge e che cataloga all’ingrosso, chi lo scambia per un giovane che dà buone speranze di sè. Ma Savarese ha cominciato a farsi notare già un paio d'anni prima della guerra; e poi, nel 1920, ha dato fuori quei « Pensieri e allegorie » che sono come l'etichetta riflessiva e ironica del suo tardo e meditato naturalismo. Codesti legami spirituali e artistici col più grande degli scrittori siciliani, col Verga, sono una patente di nobiltà che Savarese non ostenta e delta quale, d'altronde, non soffre il peso, pur sentendone la responsabilità. Ma sulla ispirazione e materia provinciale, sul tronco del verismo paesano, egli opera con l'apporto della sua cultura e della sua sensibilità, col gioco moderno del paradosso e dell’ironia, i cui risultati il lettore può controllare soprattutto nei racconti di Pioto e nei Ricordi di strada che hanno fornito alla letteratura narrativa contemporanea più d’un modello da rispettare; e in quel Malagigi, edito due anni fa tra i quaderni del « Lunario siciliano », che trasferisce la storia d’un don Andaloro di sapore verghiano nel mondo allucinato degli spiriti e delle loro avventure terrestri.

Andaloro, nuovo don Chisciotte dalla fantasia malata, si batte con l'irrealtà e il soprasensibile, escogita nuove visioni dell'universo, ma finisce per abbandonare l’occultismo per il vino, e morire ubbriaco. Lui morto, ricomincia il mistero del mondo. Si può anche richiamare, a proposito di codesto racconto satirico e allegorico di vita regionale, il nome di Pirandello; ma la simpatia umana con la quale il Savarese accompagna i suoi personaggi non può essere confusa con nessun’altra. Appunto per questo ci pare che il suo libro più caratteristico e probante sia da riconoscere nella Storia d’un brigante (ed. Ceschina, Milano, 1931) che consideriamo tra i doni migliori di quest’annata letteraria ormai al tramonto. Il Savarese racconta la vita di Michele Galardo, bandito suo malgrado, brigante disgraziato e solitario, la cui ferocia consisteva non nelle azioni, ma ne' suoi pensieri e nelle sue antipatie ed era « misteriosamente mescolata a quella umana carità che è vanto degli uomini civili e virtuosi ». L’amor della solitudine, una certa scontrosità di carattere, fatali coincidenze lo avviano alla vita brigantesca contro sua voglia; una volta dentro, non ne può uscire che scontando vent’anni di galera. Quando ritorna in paese e si sente prossimo a morire. Michele vorrebbe evadere dalla casa che ormai gli è, più che nemica, estranea, e ritrovarsi un'altra volta solo; ma anche questa suprema consolazione il destino gli nega. La fine di Galardo è tra le più sobriamente patetiche che scrittore abbia tessuto intorno ad un misero eroe. Qui sarebbe accaduto a più d'uno di strafare. Savarese, per tutte le 250 pagine del racconto, non strafà mai. E quali siano le sue virtù di sentimento e di stile può scoprire senza fatica chi legga a pag. 188 e seguenti la visione del « paese che si mette a letto » come appare alla mente del lontano recluso.

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File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 11.11.31

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Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Nino Savarese,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/212.