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Titolo: D ‘ANNUNZIO

Autore: Pietro Solari

Data: 1935-05-22

Identificatore: 1935_220

Testo: Gli scrittori italiani e la guerra
D'Annunzio
Nell’opera dannunziana la guerra è un rogo improvviso e violento. È la passione nazionale a dettargli la sforzante e metallica orazione di Quarto, forse l’esempio più luminoso, in tutte le letterature, di ciò che possa un Poeta fra un Popolo. Bardo, apostolo, pioniere: più tardi interprete e aedo, storico e attore principale del dramma italiano della guerra, D’Annunzio ha toccato i vertici di quella particolare eloquenza che va dritta al cuore d’una Nazione nelle ore del Destino. Con ciò nessuna concessione alla massa, nel discorso o nel canto: nulla di popolare, nel senso umile della parola. Anzi è proprio negli scritti, nelle orazioni e nelle canzoni di guerra che D’Annunzio trova un uso legittimo e splendente di quel suo eletto eloquio, tra prezioso e arcaico, che per tanto tempo era sembrato frapporsi fra l’anima del Poeta e quella del popolo; e basti ricordare gli effetti travolgenti di quei discorsi nel tempo in cui furono pronunziati.
È con la guerra e con gli scritti di guerra che D’Annunzio; esule sino allora, ritorna materialmente ed idealmente alla Patria, per non lasciarla mai più: è la guèrra a ristabilire e saldare col ferro e col fuoco la sua profonda comunione col popolo italiano; è la guerra o l’incitamento alla guerra a dettargli accenti tribunizii di sdegno e d’aizzamento, invettive dantesche, e, nel periodo fiumano, rampogne, recriminazioni, accuse, propositi di catilinario vigore.
Tutta la sua produzione di guerra si rilegge a distanza di quasi un ventennio come se fosse passione e scrittura d’oggi, qualunque pagina cada sotto l’occhio, dagli apocalittici richiami dell’intervento ai messaggi di Fiume, alle mirabili rievocazioni guerresche del Notturno, alla Beffa di Buccari. Quest’ultima è in modo particolare lettura da raccomandare ai giovani delle nuove generazioni. Quanta schiettezza e proprietà scarna di linguaggio, quale baldanza di andamenti nella progressione, che ansia, che urgenza, che senso quasi corporeo d’incombenza del rischio, ma anche qual maschia e strafottente bravura! I trenta dell’impresa dipinti a uno a uno hanno un rilievo di persone vive: più che tutti Rizzo, disegnato alla brava, con uno scorcio audace, e Costanzo Ciano scolpito nel bronzo, con quella sua mascella dura, che quando afferra non lascia!
Da questa prosa secca ed elettrica la Canzone del Carnaro nasce, come certi incendii nelle foreste, per combustione spontanea:
« Siamo trenta d’una sorte e trentuno con la morte.
Eja, l'ultima! Alalà! Siamo trenta su tre gusci, su tre tavole di ponte: secco fegato, cuor duro, cuoia dure, dura fronte, mani macchine armi pronte, e la morte a paro a paro.
Eja, carne del Carnaro!
Alalà!
Alala, canto dell'Italia nova.
Pietro Solari.
Il poeta a bordo del velivolo che sta per spiccare il volo verso Vienna.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 22.05.35

Citazione: Pietro Solari, “D ‘ANNUNZIO,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2129.