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Titolo: Le città nuove

Autore: Ernesto Caballo

Data: 1935-08-27

Identificatore: 1935_284

Testo: LE CITTÁ NUOVE
Per questa terra ninfale Iddio ha seminato un mattino le serene città della pace: statue dissepolte emergon dal flutto dei grani; ed i sepolcri nuovi sono odorati di sangue forte di giovani.
Terribili uomini in alto brandiscon le vanghe perché le radici antiche hanno ritrovato; nasce una nuova poesia, e gli adolescenti hanno pensato le storie le albe i ritorni; e si rivedon gli Ausonii coi selvaggi cavalli;
l'anima della terra nei pleniluni affiora casta alle fonti.
I vecchi han serenato — spento ogni rancore — tra i figli che sanno i fati ed i sepolcri.
All'alba, intatte donne incontreranno gli uomini del mito: s’inturgidiscono e sfolgorano i fieri corpi verginali.
Anche gli infanti sapranno il nuovo stile di una vita che rinnova miti ed eroi; e l’antico ritorna nei modi sereni di una stirpe sacra ai risorgimenti; ora che gli uomini pallidi sono fuggiti si scateni la gioia panica degli ultimi nati:
l’epica nuova incomincia tra i motori che hanno soffi umani; la terra ci solleva in trionfo, e noi, forti di tutti i sacramenti, si canta nei metri eterni, canto di un popolo in amore attorno ai suoi numi ed ai fati.
Nelle vergini città sono entrati primi i fanciulli — le madri eran chine su loro, pensose di ogni mistero —; tutti irrompemmo nelle piazze negli orti: un Uomo ri guidava che ha il passo come il tempo, ed ama i vangeli.
Dio, per questo nostro gaudio effondevi tanta chiara dolcezza nei cieli; nelle chiese nuove ministravi, ti piacevano i nostri aratri e le mitragliatrici.
Tutta la patria ebbe parvenze gentili; nei nostri eserciti militavano arcangeli intorno alle amate città nuove.
La terra fu carica di acciai, di nembi di semente; si scopersero nuovi filoni d’amore in una plebe segreta, tanto umile ma eterna: fu un risveglio di millenni, violento, un ritorno di patrie forme devote; dalla tempesta di sangue ora usciva ingentilita la nostra stirpe.
Tornavan le fiere i popoli le stagioni; sorsero i nuovi asceti della patria, implacabili.
Così a Littoria, provincia verginale gremita di anime e di frumenti, si celebravano i classici misteri di una gente che ha l’aroma nel respiro e tanta poesia umana.
Qui giunse dal paese dei martiri nuovi un Uomo, e mattinava, fieramente.
Passò in mezzo ai bovi e le cavalle, Egli seguiva i segni del suo Dio, e fendeva la terra come gli aratri.
Dai solchi ritornando ai primitivi nella gleba cercava i suoi morti.
Sorse fragranza di pani, ma bisognava combattere ancora; un clima si formò, colmo di spiriti forti, atto al rigoglio delle nuove generazioni e degli alberi grandi; nella vastità del piano folto di corpi si brandivano trofei di papaveri in fiamme per le vittorie sulla febbre.
E nella città nuova che ha le basi entro il sepolcro di un eroe, Guidonia, gli avieri i modi imparano dei serafini; tra i banchi di prova gli uomini han ritrovato i sensi più forti e più gentili.
Tutti i fanciulli portano nei corpi le geografie d’Italia: quando straripi il sangue balzano sui velivoli sicuri fino al Dio; nella carlinga le più caste vittorie splendono, e con gli atterraggi ai noviluni s’inaugurano i moderni misteri.
Nascono le città dal sangue degli eroi, e sul fresco sepolcro fan la guardia adolescenti nel soffio dei venti aquilonari: o Italia, riconsacrata da un Uomo che non sa le tristezze.
Ernesto Caballo.
Lirica prescelta, insieme con quattro altre composizioni di giovani scrittori, a Bagni di Lucca, per il Premio « Poeti del tempo di Mussolini ».

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 27.08.35

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Citazione: Ernesto Caballo, “Le città nuove,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 14 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2193.