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Titolo: DIORAMA LETTERARIO: Canzoni sotto il cielo d'Africa; Il coro dei Legionari; Il carattere proletario e rivoluzionario della nostra impresa; coloro che non capiscono

Autore: Lorenzo Gigli

Data: 1936-01-14

Identificatore: 1936_22

Testo: DIORAMA LETTERARIO
Canzoni sotto il cielo d'Africa - Il coro dei Legionari - Il carattere proletario e rivoluzionario della nostra impresa - Coloro che non capiscono
Uno dei fatti che più colpiscono l’osservatore straniero dell’attuale momento italiano è la serenità dei partenti come riflesso della coscienza della buona causa per la quale vanno a combattere. Il giornalista parigino Pierre Bonardi (egli parlerà domani sera a Torino di ciò che ha visto in Africa: ricordiamo che la « Gazzetta del Popolo » è stata il primo giornale — e l’unico finora — che ha dato il dovuto rilievo al libro di cronache africane del Bonardi, specchio obiettivo e fedele della nostra impresa e omaggio disinteressato alle qualità umane della nostra gente) navigando sul piroscafo Gange con le Camicie Nere della Divisione Sila raccolse e commentò le testimonianze di tale serenità e le prove d’una fierezza piena di senso del futuro che accomuna i capi ai gregari più umili.
Una nave di Legionari
A bordo, nelle notti stellate, le canzoni popolari e militari propiziano la rotta della nave. Ritmi nostalgici appassionati ed eroici che misurano lo scorrere del tempo; e la musa burlesca e ironica vi ha pur la sua parte. A codesti canti già collaudati dal favor della folla, si aggiungono quelli che nascono per generazione spontanea durante il viaggio o nelle linee e si conquistano un’immediata popolarità; e quelli che, fioriti dal cuore d’un poeta solitario, diventano dopo un’ora l’inno di tutti.
Un amico che è passato da qualche settimana dagli studi severi e dall’arte all’azione ed ha lasciato la penna per il moschetto, ce ne manda dal fronte somalo qualche saggio. Bello e caratteristico ci sembra fra tutti un « coro dei volontari italiani all’estero » scritto da Adriano Grande a bordo del piroscafo Principe di Piemonte che trasportava in Africa la Legione dei nostri fratelli accorsi da tutti i paesi del mondo sotto la sacra bandiera. Sono strofe sul motivo dello « Sciabecco algerino », antico canto marinaro della Liguria: «Italiani di tutto il mondo, a noi! ». dice l’esordio.
Siamo gente d'avventura.
d’avventura, che per terre forestiere, forestiere, consumava le proprie forze a far ricche le genti straniere.
Or la Patria ci vuole per sè, a noi!
d’oltre monte e d’oltre mare, d’oltre mare, padri e figli siam venuti, siam venuti, a raccoglier dai nostri morti le memorie più antiche e care.
0 caduti di tutte le guerre, a noi!
Il « coro » ora è cantato in terra d’Africa dai legionari dell’Italia di Mussolini che domani non emigreranno più.
Un povero deluso...
Questo carattere rivoluzionario e proletario della nostra impresa coloniale sfugge generalmente agli osservatori stranieri. Sfugge soprattutto a coloro che, credendo di obbedire agl’imperativi dell’intelligenza e della cultura, negano in nome delle superiori ragioni dello spirito la nostra posizione storica e ratificano la definizione di Stato aggressore riconosciuta all’Italia dal sinedrio ginevrino.
Un esempio tipico di tale deviazione c’è offerto da uno scritto recente di Andrea Suarès sulle dittature. Critico, saggista, filosofo di solida dottrina e di vedute originali, il Suarès ha dedicato parecchie buone pagine all’Italia, al suo paesaggio e alla sua storia. Da qualche tempo ci eravamo accorti che l’immagine dell’Italia che gli piaceva era quella d’un paese che custodisce le memorie delle sue glorie morte e ci vive sopra. Gli piacevano teoricamente il nostro passato ed esteticamente le linee delle nostre montagne, delle nostre colline, dei nostri mari. Un amore oleografico, il suo, sebbene ragionato. Un bel giorno questa Italia statica, questa immobile depositaria dt grandi ricordi, questo enorme museo, si è scossa, ha dato segni dt vita, ha ripreso a camminare e in meno di tre lustri ha allineato le sue nuove legioni in pieno assetto di marcia. Sorpresa, delusione, sdegno e proteste di Suarès. Egli non ci perdonerà più d’averlo ingannato in siffatta maniera. Consoliamocene. Continua, dice, ad amare l’Italia e « le petit peuple italien », soprattutto le buone genti campagnole della Toscana e dell’Umbria: ma ha orrore dell’altra Italia, quella che potenzia il proprio destino (Suarès, come se ci fossero due Italie: il vostro errore è in questa distinzione sofistica che v’impedisce di comprendere. E poi le buone genti campagnole oggi dànno i figli alle Divisioni dell’Africa Orientale e han dato le fedi d’oro, i rami delle cucine, i ferri degli utensili alla Patria armata).
Codeste reazioni brutali dell’intellettuale deluso non ci offendono neppure più. Ci fanno sorridere. Sorridiamo anche quando Suarès aderisce contro di noi alla tesi dell’Ammiragliato britannico e assicura che la Francia gli darà una mano per farci mettere la testa a partito. Sorridiamo anche quando egli, falsificando la storia secondo il sistema brevettato della democrazia e offendendo la più elementare morale, afferma che l’Italia nel 1911 s’installò in Libia « con la più cinica e vergognosa delle invasioni ». E dopo, Suarès? Quattro anni dopo, sui campi d’Europa, a fianco della Francia e del Belgio? Neppure una parola, per questo. Il conflitto mondiale e l’intervento italiano, Suarès li ignora. Un puro accidente, una parentesi trascurabile. I nostri giovani delle Argonne e di Bligny sono andati a farsi ammazzare per capriccio. A queste ipocrisie, deformazioni e menzogne è ridotto oggi il Suarès che abbiamo letto ed amato. Povera intelligenza!
L.G.
Il « coro » ora è cantato in terra d’Africa dai legionari dell’Italia di Mussolini.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 14.01.36

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Citazione: Lorenzo Gigli, “DIORAMA LETTERARIO: Canzoni sotto il cielo d'Africa; Il coro dei Legionari; Il carattere proletario e rivoluzionario della nostra impresa; coloro che non capiscono,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 17 maggio 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2238.