Inchiesta mondiale sulla poesia (dettagli)
Titolo: Inchiesta mondiale sulla poesia
Autore: Non firmato (Lorenzo Gigli)
Data: 1931-11-25
Identificatore: 224
Testo:
Inchiesta mondiale sulla poesia
Le risposte al nostro questionario
Abbiamo aperto sugli aspetti spirituale ed estetico del problema della poesia nel mondo un'inchiesta alla quale sono chiamati a rispondere i rappresentanti più insigni dell’arte e del pensiero del nostro e degli altri Paesi. Le domande sulle quali chiediamo ai poeti e ai pensatori di tutto il mondo di pronunciarsi sono le seguenti:
1. Qual è oggi la situazione della poesia nel monda?
2. Quali sono le sensibilità nuove che vi si manifestano, volte alla ricerca di nuova materia di ispirazione e di forme originali?
3. Esiste una nuova poesia che si ispira alla civiltà meccanica del nostro tempo?
4. Quali sono le nuove possibilità tecniche della poesia, e quale valore attribuite alla sua evoluzione che dai metri chiusi ha condotto al verso libero e al di là di questo alle parole in libertà?
Giuseppe Villaroel
Poeta e critico, il siciliano Villaroel ha tenuto a battesimo qualche fama genuina: la più recente sua rivelazione è quella del poeta contadino Nicolosi-Scandurra. La poesia di Villaroel è di quelle che battono senza strepito alle porte del cuore, e toccano le radici più profonde del sentimento e dello spirito. Il più recente canzoniere di Giuseppe Villaroel, La bellezza intravista, e stato onorato con uno dei premi Viareggio,
Bisognerebbe anzitutto, chiarire che cosa s'intende per problema del proprio tempo. Significa adesione alla sensibilità e alla psicologia di un dato periodo storico o letterario? Oppure coerenza alla moda e al gusto di una data epoca? E non ci sono, in arte, elementi che varcano le contingenze di un secolo? E non è proprio a questi elementi, diremo così, fondamentali e umani di tutti i tempi, affidata la durevole vita della Poesia? E non dovrete il Poeta mirare a questi elementi, anziché agli altri più vicini esteriormente al suo tempo; ma transeunti e sporadici?
Tutto ciò che è colore del tempo si cancella e si svuota di significato nel corso degli anni. Se noi, oggi, ammiriamo ancora Omero, Virgilio, Dante, Shelley, Leopardi, ecc., è perchè nelle loro opere è rimasto vivo l'elemento: idèa, cuore, umanità, fantasia, sentimento, passione. Del resto, se si pensa al fenomeno vitale dell'arte che fa accettare l'opera degli stranieri in paesi ove i costumi, il concetto della vita, la sensibilità lirica e il carattere dei popoli sono completamente diversi e diverso è il linguaggio, si vede chiaro che vi sono, nella creazione, elementi universali fissi oltre il tempo e lo spazio ed elementi mutevoli e vanescenti. Gli elementi universali hanno vita nelle profonde, immutabili radici delle passioni, dei sentimenti e della natura degli uomini, a qualsiasi regione appartengano e a qualsiasi tempo si riferiscano; gli elementi mutevoli e vanescenti sono quelli che si adeguano ai caratteri provvisori e, diremo cosi, esteriori di una data epoca, di una data civiltà, di un dato pòpolo.
La nostra discussione non segue l’ordine segnato dall’Inchiesta, sorgendo i vari problemi estetici l’uno dall’altro per associazione d’idee. Al problema della tecnica si ricongiunge, infatti, il problema della poesia che si ispira alla civiltà meccanica. Noi crediamo che qualsiasi soggetto e qualsiasi clima sociale siano adatti alla vita dèlia poesia, quando c’è il vero poeta. La civiltà meccanica non ha dato ancora grandissima arte perchè i poeti l’hanno guardata nel suo macchinismo esterno. Solo dalle ripercussioni spirituali che nascono dall'urto del meccanicismo con la fantasia e la psicologia umana è possibile aspettarsi la poesia della civiltà meccanica del nostro tempo.
Insomma, l’avulsione di tutto ciò che può essere prodotto del sentimento (nostalgia, Ricordo, moto affettivo, ritorno della coscienza su se stessa, ricostruzione ideale di vita, reazione psicologica, interiorità emotiva, passionalità umana) riduce l'arte ad una esperienza intellettualistica.
Proprio questo guardare il mondo con occhi geometrici è, a nostro avviso, il tallone di Achille di molte scuole che si ispirano prevalentemente alla civiltà meccanica di oggi.
Dando uno sguardo fugace, poi, ad altre scuole più recenti e alle loro produzioni, notiamo, specialmente all’estero, una tendenza alla cristallizzazione o alla rarefazione lirica: l’una e l’altra spinte ad una quintessenzialità tale che lo sviluppo emotivo e la vibrazione fantastica della poesia si agghiacciano o si volatilizzano. In Francia, per esempio, troviamo del poeti ermetici e simbolici che hanno portata alle ultime esasperazioni Rimbaud e Mallarmé. La tensione o la contrazione della sensibilità lirica ha creato una poesia tutta capillare, che richiede una vera e propria « praeparatio mentis atque cordis » per possederla. Poesia di eccezione, poesia d’élite intellettuale scaturita da un secolo che vive di illuminazioni cerebrali ed ha le antenne sensibili della percettibilità protese nell'infinito a cogliere ogni più sottile rispondenza cosmica ed ogni più riposta pulsazione ideale e psichica. Ma tutto ciò che è sovrapposizione o dispersione d’immagini, di sensazioni, di stati d’animo, tutto ciò che è dinamismo e simultaneità dello spirito pi sembra reso con mezzi apparentemente efficaci e sostanzialmente inadeguati; reso, cioè, con trapassi e fusioni verbali e sintattici che dànno l'impressione del raggiunto effetto rappresentativo; ma restano, poi, sospesi allo stato grezzo o si scompongono e si rifrangono oltre il fuoco giusto della visuale.
Tutto questo può essere ottenuto senza spezzare lo sviluppo logico della frase lirica, con mezzi più semplici, attraverso gli echi che ogni moto spirituale lascia dietro di sè, attraverso quel cerchio inespresso che si allarga, attorno all’urto dell’espresso, nel silenzio della fantasia di chi ascolta od osserva. Non è possibile fissare, nel breve spazio di un referendum, quali siano le nuove sensibilità vòlte alla ricerca di una nuova materia d’ispirazione e di forme originali, tanto è vario il fermento in tutte le direzioni.
In questo travaglio vediamo affiorare, qua e là, voci significative e personalità, liriche ricche di singolari espressioni. Ma avvertiamo un pericolo: la standardizzazione della poesia a furia di formulare ricette estetiche e di attenersi ai dettami delle scuole letterarie che assorbono oggi i migliori ingegni e scoraggiano gli isolati: quelli, cioè, che hanno una personalità così forte da reagire contro queste forme di associazione e di collettività artistica.
Ecco perchè noi diffidiamo di tutto ciò che sa di laboratorio, di programmatico e di casta chiusa. C’è nelle nuove correnti liriche più intelligenza che cuore; e la grande arte è nel giusto equilibrio tra questi due elementi. Il predominio della sottigliezza e della squisitezza sentimento, della sensività raffinata......................... sulla naturale..................... mozione lirica, la reazione violenta dell’essiccamento espressivo contro la sonorità oratoria relegano la Poesia entro un cerchio aristocratico a cui possono accedere, soltanto, coloro che possiedono la chiave del misterioso rito. Ciò estrania il pubblico dai poeti. E noi non crediamo alla favola di una poesia riservata ai pochi iniziati. I grandi poeti entrano nelle masse colte e intelligenti, scendono, persino, nel popolo. Sono noti gli episodi del fabbro che accompagnava col ritmo del maglio i versi della « Comedia » e del vecchierello che si parti dal suo lontano paese natale per inginocchiarsi dinanzi al Petrarca. La comprensione assoluta, il giudizio critico, la disamina esatta dei valori della poesia sono, sì, veramente affidati agii esperti e agli eletti; ma l’amore e l'ammirazione per l’arte è nel dominio dei più. I poeti non possono segregarsi dal mondo, i poeti debbono uscire dal mito, camminare vivi tra i vivi, recare la gioia o il conforto del loro canto a chi li ascolta, portare la luce della loro fantasia e dei loro ideali nel cuore degli uomini.
Allora, solo, la Poesia di domani potrà dare alla vita il suo nuovo valore e il suo nuovo senso.
Giuoeppe Villaroel
Adriano Grande
Adriano Grande è il direttore della rivista di poesia « Circoli » che si stampa a Genova e che raccoglie intorno a sè molti degli scrittori più rappresentativi della giovane generazione. Adriano Grande ha pubblicato: Avventure, poesie e prose (1927) e La tomba verde, poesie (1920).
I — La situazione dellla poesia nel mondo mi par che sia quella che è sempre stata, da quando, almeno, esistono delle letterature. Accanto a qualche poeta vero, c’è lo sciame di chi fa dei versi; o qualcosa di simile.. Per quel che riguarda l'Italia non abbiamo proprio nessuno ragione di pessimismo. A rigore, non potremmo dire noi se quei pochi buoni poeti che abbiamo faranno definire la nostra come un’epoca di decadenza o di rinascita: bisognerebbe lasciarlo dire agli storici letterari del futuro. Ma, poichè siamo impegnati nel nostro tempo, da alcuni segni e confronti che è facile raccogliere. ci è lecito propendere in buona fede per la seconda ipotesi. A tratti, dubitare può essere cosa onesta e fruttuosa, così in filosofia che in letteratura; ma negare aprioristicamente è ostinazione li spiriti ristretti.
Qualcosa di simile, noi si disse nel programma con cui si dava vita alla rivista di poesia « Circoli ». Oggi che ne è uscita un’intera annata ci sentiamo giustificati nella nostra fiducia. Pensavamo che l’andasse peggio. Se poesia ne nasce sempre poca (quando mai ne è nata molta? ) l’interesse che c’è per essa è molto maggiore di quanto si poteva pensare. L’attenzione con cui viene seguita la nostra rivista, le discussioni che suscita, questa stessa inchiesta della « Gazzetta del Popolo » e il suo successo ne sono una riprova.
II — Quando si parla della materia di una poesia, cioè del suo contenuto, senza indicare di « quale » poesia, si fa sempre un discorso generico. E in questi casi chi tenta di specificare non fa che limitare. La poesia può avere il contenuto che le garba, esprimere una materia vecchia o nuova, purchè sia poesia, abbia la forma che quella materia prescrive. E, in realtà, non esiste nessuna nuova « materia » d'ispirazione. Non esistono che delle « forme » nuove d'ispirazione che sono, insieme, dello forme nuove d'espressione. Si potrebbe dire che oggi i poeti, tra 1’altro, esprimono quasi tutti il male della solitudine: ma l'han sempre cantato. Forse ne hanno maggiore coscienza. Come la filosofia idealistica cerca, per qualche pensatore, di superare l’immanenza, e in altri se ne accontenta, così ci son dei poeti che se ne stanno al« quia » ed altri che cercano di trascenderlo in un senso cosmico. Ed eccoci cascati in pieno in un discorso generico.
IlI — Anche la macchina può ispirare la poesia. Soprattutto la ispira, in quanto agisce sul sistema nervoso degli uomini. La macchina ha instaurato il regno della fretta: anche la poesia, da qualche tempo, mostra, in taluni, forme più veloci. Ma son paragoni puramente esterni. In genere, i poeti che cantano la macchina per se stessa si limitano a farne un morto elogio, ma non arrivano alia poesia. Vi arrivano, piuttosto, quelli che della macchina dicon male, anche se inattuali: è perche essi esprimono dei risentimenti, che son cose vive. La macchina non è che uno strumento: ed è sempre esistita, da quando l’uomo s’è industriato a vivere alla meno peggio. Nessuno ha mai cantato la poesia dell'arcolaio in se stesso: ma di arcolai son state piene molte liriche, per i sentimenti ohe essi suggerivano. Chiedere se c'è una poesia della macchina è come chiedere se i metalli, o i minerali in genere, hanno un’anima. Basta prestargliela ed ecco che l'hanno.
IV — Le nuove possibilia tecniche della poesia le stanno dimostrando quasi tutti i poeti nuovi, in Italia e fuori, cercando di sostituire alle vecchie forme chiuse nuove forme, non meno chiuse delle precedenti. In linea di principio non può dirsi impossibile che qualcuno riesca a fare della poesia nuova in metri tradizionali: in pratica, però, i poeti più interessanti e più veramente nuovi sono, quelli che hanno superato o corretto a modo proprio le forme chiuse. Accade spesso che quanto più un metro ha l’apparenza di essere libero — se chi l’adopera è poeta vero — lo si ritrova, ad esaminarlo bene, pieno di costrizioni;di obblighi, di « fissativi », assai più difficili a creare e a ubbidire, ormai, che non gli obblighi frusti delle cadenze tradizionali. Il metro libero, infine, fornisce al poeta modi più diretti e spontànei: ohe è quanto dire maggiore originalità. Son pochi, però, quelli che alle zeppe del verso chiuso non sostituiscano altre zeppe. Per noi, il verso fine a se stesso ha esaurito la sua funzione (anzi non l’ha mal avuta). Unità di misura diventa la strofa: e la sua musica conchiusa.
Quanto alle parole in libertà non c'è nulla di buono da aspettarsene. Anarchia: e anche l'arte ha bisogno di leggi. Figli o nipoti degeneri delle « Illuminazioni » di Rimbaud, le parole in libertà a forza di abolire tutti i messi riconducono il linguaggio alla selva, all’informe. Hanno avuto, tuttavia, un’importante funzione reattiva: e bisogna riconoscere che, dello scossone dato al linguaggio aulico di moda anni or sono, hanno buona parte di merito. La loro nascita documentava un bisogno di tornare alle origini, alla verginità. C'è chi ha saputo approfittare anche di esse.
Adriano Grande.
Jules Supervielle
Nato a Montevideo, ha studiato a Parigi donde è ripartito per lunghi viaggi nel mondo. I suoi primi Poèmes de l’humour triste lo rivelarono ai cenacoli parigini ai quali portò dalle successive scorribande nell’America del Sud liriche ampie e misteriose, profumate di solitudine e di primitiva nostalgia, pervase d’un’angoscia che s’è precisata e sviluppata nelle raccolte successive (Poèmes, Débarcadères) sino a toccare le note più umane della meditazione filosofica nel tempo e nello spazio che, su fondali di pampa, sembrano e sono sconfinati.
In Francia e nell’Uruguay, i paesi che conosco meglio da questo punto di vista, alcuni libri di vera poesia hanno trovato larga accoglienza durante questi ultimi anni e raggiunto tirature di parecchie migliaia d’esemplari. E penso con una certa soddisfazione a una grande Casa editrice di poesia, a Parigi, prima della guerra, che si reputava fortunata quando uno dei suoi poeti toccava i cento amatori...
Non vedo perchè la vita moderna non dovrebbe permettere la fioritura di poeti come l'antica. Malgrado le differenze apparenti del secolo, l’uomo resta col suo stesso viso, la sua grandezza e la sua miseria interiori, la sua passione di vivere e gli ostacoli ch'essa incontra. Quanto all’ispirazione che dovrebbe venirgli dall esterno, essa m’interessa personalmente assai meno di quella che il poeta trova in fondo a se stesso, nelle lontane latebre della sua anima. Il che tuttavia non m'impedisce di riconoscere che dobbiamo della liriche assai belle anche alla vita esteriore moderna, ne' suoi multipli aspetti.
Per ciò che si riferisce alle possibilità tecniche, io credo all’utilità di tutti i metri, cosi regolari come liberi. Tutto dipende da ciò che si ha da dire. Un vero poeta non sa forse rendere poetico tutto ciò che tocca col proprio sguardo, la propria musica, propria penna”?
Jules Supervielle
Collezione: Diorama 25.11.31
Etichette: Inchiesta mondiale sulla poesia
Citazione: Non firmato (Lorenzo Gigli), “Inchiesta mondiale sulla poesia,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/224.