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Titolo: Elegia della sera africana

Autore: Adriano Grande

Data: 1936-04-16

Identificatore: 1936_47

Testo: Elegia della sera africana
Al Console Piero Parini, Comandante la 221ª Legione CC. NN. in A. O.
I.
O prestigioso incanto della sera, che s’esce dalla tenda, come pani bruni dal forno, e sùbito t’accoglie aria di fresca madreperla! Attorno per magia s’è mutata la boscaglia in un vigneto immenso, più soave, a momenti, dei vigneti italiani che, nel nostro cuore, gli autunni ancòra veston d'oro, d'orïentale porpora.
Anche gli spini velenosi, pàmpini fingono. Cerca l’occhio il mite gelso che li sorregge. Con lacci di seta violazzurra, a questa sabbia rossa ci legano, le sere
d’Africa: a questa sabbia che volando sul vento punge come neve, al sole pocanzi ardeva, ferro acceso, adesso è il morbido e pacato tappeto della favola.
Più véra
la favola diventa nella voce
legnosa dei campàni che i cammelli
recano al collo. Vanno
dondolando, i cammelli, l’uno all’altro
legati per la coda, chissà dove.
Carbonizzàti esseri li seguono che camminano a scatti di burattino: gli uomini, a queste ore, chiudon l'ombrello nero ed allo sciamma bianco l’accostan; curve sotto pesi d’acqua o di legna, le donne son bestie dai grand'occhi curiosi e diffidenti.
II.
Laggiù la tromba stona l’adunata: e pare che l’esercito di grandi nuvole rosa, sull'attendamento vaganti, si disponga ad ascoltare quei che, tra poco, gridi di saluto alla bandiera, echi di cadenzate preghiere in coro, il vento recherà come gli piace: e par che i giovanili e religiosi suoni abbiano un senso anche per esse.
O giovinetta Italia, in questa terra bruciante e favolosa, d'ogni punto del mondo siam venuti, giovinetti tornati tutti quanti, cantando come a un giuoco o ad una festa: e il fucile si porta che par ramo d’ulivo o palma e, sorridendo, ognora si vince. Vecchia gente, intanto, a cui d'invidia e di paura è sempre motivo il comportarsi audace di gioventù, lunghi e tardi rimbrotti distilla, invano tenta *
del fervoroso sangue tuo nuovo
la corsa impetuosa fermare.
Il nostro sangue ha fame d'avventura e di pane, Italia: e questa favola gigantesca sino in fondo tu la vivrai. Cancellerai dai negri visi di questi popoli selvaggi la supina ferocia e la mestizia antica della schiavitù; di nuovo madre sarai, pe ’l mondo trangosciato ed incerto, di bellezza e di giustizia: di favole saggie ed eroiche, le sole certezze che rallegrano la vita.
III.
Batton le donne indigene, nel cavo tronco, la dura, con moto fatale.
Rumina il bove gobbo
la canna e il rado fieno
pungente che la sabbia alleva e brucia.
Sera d’Etiopia, mentre nella serena e ben difesa pace i fatti della semplice esistenza continuano, di pensieri grandi or si disseta l’uomo bianco armato che, inavvezzo, del sole pativa la pesante arsura.
Tra pochi istanti, o Etiopia, si poserà sul mare *
dell'India che di strani pesci
è popolato, sulle bianche e rosse
dune dei tuoi deserti, sulle Ambe
verdi e rocciose, sugli azzurri laghi
di vetro sciolto, sui fiumi
limacciosi e febbrili, l’infinita
e sussurrante notte
dell’oriente: e adunerà nel cielo
tuo fondo le più belle stelle
dell'universo, le più luminose.
Adriano Grande.
Legione Parini, Somalia Italiana, marzo XIV.

File: PDF, TESTO

Collezione: Diorama 16.04.36

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Citazione: Adriano Grande, “Elegia della sera africana,” Diorama Letterario, ultimo accesso il 21 novembre 2024, https://dioramagdp.unito.it/items/show/2263.